Quando il mercato scende, non è sempre un disastro
Il tuo portafoglio ha perso il 12% in un mese? Ti senti come se il mondo stesse crollando? Rilassati. Potrebbe essere solo una correzione. E non è la stessa cosa di un crash. Molti investitori confondono i due, ma la differenza è enorme - e capirla può salvarti da decisioni costose. isrameds.com
Una correzione è un calo del 10% al 19,9% dai massimi recenti. Niente panico. Niente sirene. È come un respiro profondo del mercato. Succede perché i prezzi sono saliti troppo in fretta, e qualcuno decide di prendere i profitti. È normale. È previsto. Negli ultimi 70 anni, gli Stati Uniti hanno avuto 24 correzioni dal 1950. Una ogni 1,9 anni in media. Dal 2000, ne abbiamo avute 10. L’ultima è stata nel 2022, quando l’S&P 500 è sceso del 19,4% in meno di tre mesi. E poi? È rimbalzato. In meno di quattro mesi.
Un crash, invece, è un crollo. Più del 20% in pochi giorni o settimane. Non è un aggiustamento. È un trauma. È quando il mercato perde il 13% in un solo giorno - come il 19 ottobre 1987, noto come Black Monday, quando l’S&P 500 crollò del 23% in poche ore. O come nel marzo 2020, quando la pandemia ha fatto perdere al mercato il 30% in meno di un mese. In quei momenti, gli scambi vengono sospesi. I circuit breaker si attivano. Gli investitori vendono per paura, non per ragione. E spesso, dietro un crash, c’è una crisi economica reale: la bolla tecnologica del 2000, la crisi dei mutui subprime del 2008, o un’emergenza globale come il Covid-19.
Perché le correzioni non sono paurose - e perché i crash sì
Le correzioni sono come un raffreddore. Fastidiose, ma non mortali. Hanno una struttura prevedibile. La maggior parte (78%) si risolve entro quattro mesi senza diventare un mercato ribassista. Il mercato non si spezza. Si aggiusta. E spesso, chi resta in piedi ne esce più forte. Dal 1980, l’S&P 500 ha recuperato in media il 11% all’anno, nonostante le 10 correzioni degli ultimi 25 anni. Chi ha venduto durante la correzione del 2018, quando l’S&P 500 ha toccato il fondo in tre mesi, ha perso il 31% di guadagno che è arrivato l’anno dopo.
I crash, invece, sono come un infarto. Sono violenti, imprevedibili, e lasciano cicatrici. La media di un mercato ribassista (che segue un crash) è un calo del 35,8%, con un recupero che richiede 26 mesi. Nel 2008, dopo il crollo dei mutui, ci sono voluti quasi 4 anni per tornare ai massimi. E la differenza non è solo numerica. È psicologica. Durante una correzione, le persone vendono un po’ di azioni. Durante un crash, vendono tutto. Persino i fondi pensione. Persino le azioni che avevano comprato 10 anni fa. Perché la paura non è razionale. È istintiva. E quando migliaia di persone agiscono insieme per paura, il mercato diventa un’onda di panico.
La velocità cambia tutto - e la tecnologia ha fatto la differenza
Prima del 2000, una correzione durava in media 122 giorni. Oggi? 98 giorni. Perché? Gli algoritmi. I robot che comprano e vendono in millisecondi. La tecnologia ha reso i mercati più reattivi, ma anche più fragili. Il 2022 è stato il primo caso dal 1931 in cui sia le azioni che i titoli di stato sono scesi insieme. Questo ha sconvolto il classico modello 60/40 (60% azioni, 40% obbligazioni) che molti usavano per proteggersi. Le obbligazioni non hanno più funzionato come paracadute.
E poi c’è il fattore umano. I social media. I gruppi Reddit. I meme stock. Nel marzo 2021, alcune azioni come GameStop sono crollate del 60% in pochi giorni. Ma l’S&P 500? Solo -5%. Quindi non è stato un crash. Ma la volatilità ha spaventato molti piccoli investitori. E quando i nuovi arrivati vedono un titolo crollare, pensano: "Questo è il mercato che va in pezzi." Non è vero. È solo un singolo titolo che ha fatto il suo dovere di speculazione. Ma la confusione è reale.
Le regole sono cambiate. Dopo il flash crash del 2010, la SEC ha introdotto nuove regole per fermare le vendite rapide. Dopo il 2020, i circuit breaker sono stati affinati. Ora, se l’S&P 500 scende del 7% in una giornata, gli scambi si fermano per 15 minuti. Al 13%, altri 15 minuti. Al 20%, la borsa chiude per il resto della giornata. Queste regole non esistevano nel 1987. E non esistevano nel 1929. La protezione esiste. Ma non è perfetta.
Cosa fare quando il mercato scende - e cosa NON fare
Se stai vivendo una correzione: non vendere. Non cambiare strategia. Non chiudi il tuo portafoglio. Fai quello che ti aveva detto il tuo consulente cinque anni fa: dollar-cost averaging. Investi una cifra fissa ogni mese, indipendentemente da dove è il mercato. Così, quando i prezzi sono bassi, compri più azioni. Quando salgono, ne compri meno. È il modo più semplice per vincere nel lungo termine.
Se stai vivendo un crash? Allora è tempo di valutare. Non vendere tutto. Ma non stare con le mani in mano. Ecco cosa fare:
- Controlla la tua asset allocation. Se eri al 70% azioni e ora sei al 55%, riequilibra. Vendi un po’ di contanti o obbligazioni e compri azioni scontate.
- Se hai riserve in contanti, considera di investirle in fasi. Non buttare tutto in un giorno. Distribuisci su 3-6 mesi.
- Se hai obbligazioni a lungo termine o oro, potrebbero essere il tuo scudo. Nel 2008, chi aveva il 10% in oro ha ridotto le perdite del 32%.
- Non ascoltare i media. Non guardare i titoli a tutta schermo. Non leggere "IL MERCATO È IN CROLLO!". È un clickbait. Il mercato è sempre in crisi. Ma nel lungo termine, cresce.
Vanguard ha studiato 50 anni di dati e ha concluso: chi ha mantenuto il 100% in azioni durante le correzioni ha guadagnato di più di chi ha cercato di "evitare" il calo. Ma chi ha venduto durante il crash del 2008 o del 2020 ha perso la maggior parte del rimbalzo. Nel marzo 2020, l’S&P 500 ha perso il 34%. Nel dicembre dello stesso anno, era già salito del 60% da quel minimo. Chi ha venduto a marzo ha perso 60 punti percentuali di guadagno. Solo perché ha avuto paura.
Le correzioni sono una normale parte del mercato - i crash no
Il mercato non è un ascensore. È un’onda. Sale. Scende. Si ferma. Riparte. Le correzioni sono le onde più piccole. I crash sono i tsunami. E la differenza è che le onde si aspettano. I tsunami no.
Le correzioni sono come un’auto che si ferma per un rifornimento. Il serbatoio è vuoto. Ti fermi. Riempi. Riparti. Il mercato fa lo stesso. I prezzi salgono troppo? Si ferma. Si aggiusta. Poi riparte.
I crash, invece, sono come un guasto al motore. Non è un problema di carburante. È un problema strutturale. Un problema di fiducia. Di debiti. Di sistemi che crollano. E quando succede, non puoi semplicemente "aspettare". Devi agire. Ma non con panico. Con pianificazione.
La buona notizia? Le correzioni sono più comuni. I crash sono rari. Negli ultimi 100 anni, ci sono state 24 correzioni e solo 8 crash che hanno portato a mercati ribassisti lunghi. Quindi, se il mercato scende del 12%? Probabilmente è solo una correzione. Non una fine. È un segnale di aggiustamento. Non di disastro.
Cosa ti aspetta nel prossimo decennio
Le banche centrali hanno stampato migliaia di miliardi di dollari negli ultimi 15 anni. Il mercato è sostenuto da liquidità. Ma questa liquidità non è eterna. Quando le banche centrali inizieranno a ridurla - come stanno facendo ora - i mercati potrebbero diventare più volatili. Alcuni esperti, come BlackRock, avvertono che una rapida riduzione della liquidità potrebbe trasformare una semplice correzione in un vero crash.
Allo stesso tempo, la frammentazione geopolitica (guerre, tensioni commerciali, decoupling tra Cina e USA) potrebbe portare a più correzioni. J.P. Morgan prevede che ne avremo una ogni 1,4 anni nei prossimi 10 anni. Ma non necessariamente dei crash. Perché le banche centrali hanno imparato. Sanno che se il mercato cade troppo in fretta, possono intervenire. Hanno fatto nel 2020. Lo faranno di nuovo.
La vera sfida non è il mercato. È te. La tua reazione. La tua pazienza. La tua capacità di non lasciarti guidare dalla paura. Perché il mercato non ti punisce per aver sbagliato. Ti punisce per aver agito per paura.
Il punto chiave: non è il calo che conta - è la tua reazione
Non importa se il mercato scende del 5%, del 15% o del 30%. Quello che conta è cosa fai dopo. Se vendi, perdi. Se rimani, guadagni. Se ti agiti, commetti errori. Se rimani calmo, ti fai furbo.
Le correzioni sono un test. Non un segnale di allarme. I crash sono un evento. Ma anche quelli passano. L’S&P 500 è cresciuto del 11% all’anno per 100 anni, nonostante guerre, depressioni, crisi e pandemie. Perché il mercato non è fatto di numeri. È fatto di persone. E le persone, nel lungo termine, costruiscono. Non distruggono.
Quindi, se il mercato scende - e scenderà - ricordati: non è il momento di fuggire. È il momento di pensare. Di riequilibrare. Di comprare. Di aspettare. Di essere paziente.
Una correzione è la stessa cosa di un mercato ribassista?
No. Una correzione è un calo del 10% al 19,9% dai massimi. Un mercato ribassista inizia quando il calo supera il 20%. Le correzioni sono brevi, durano in media 4-5 mesi, e si riprendono in pochi mesi. I mercati ribassisti durano anni, con perdite medie del 35% e tempi di recupero di 26 mesi.
È mai stato un errore vendere durante una correzione?
Sì, ed è uno degli errori più costosi. Dal 1980, il 78% delle correzioni si sono riprese entro 4 mesi. Chi ha venduto durante la correzione del 2018 ha perso il 31% del guadagno che è arrivato l’anno successivo. Chi ha venduto nel 2020 ha perso il 60% del rimbalzo. Il mercato non aspetta chi è fuori.
Come so se sto vivendo una correzione o un crash?
Guarda la velocità e la profondità. Una correzione scende lentamente, in settimane o mesi, e non supera il 20%. Un crash scende in pochi giorni, supera il 20%, e spesso coinvolge sospensioni degli scambi. Se l’S&P 500 perde il 13% in un giorno, è un crash. Se perde il 14% in 3 mesi, è una correzione.
Dovrei comprare durante una correzione?
Sì, se hai denaro da investire e una strategia a lungo termine. Le correzioni sono l’occasione migliore per comprare azioni a prezzi scontati. Il metodo più semplice è il dollar-cost averaging: investi una cifra fissa ogni mese, anche se il mercato scende. Così, compri di più quando i prezzi sono bassi.
I titoli di stato proteggono davvero durante un crash?
Di solito sì. Ma non sempre. Dal 2000, i titoli di stato statunitensi hanno funzionato come paracadute in 7 dei 9 crash. Ma nel 2022, sia azioni che obbligazioni sono scese insieme - la prima volta dal 1931. Quindi non sono una garanzia assoluta. Meglio avere anche oro o contanti come copertura aggiuntiva.
Cosa succede se il mercato scende del 25%? È un crash?
Sì. Un calo del 25% è un crash, e di solito segna l’inizio di un mercato ribassista. Ma non significa che il mercato non si riprenderà. Il 2008 ha visto un calo del 50%. Eppure, nel 2013, l’S&P 500 era tornato ai massimi. La storia insegna: i crash sono gravi, ma non definitivi.
I robot e gli algoritmi rendono i mercati più pericolosi?
Sì e no. Gli algoritmi rendono le correzioni più veloci, ma anche i crash più improvvisi. Hanno reso il mercato più efficiente, ma meno umano. Una vendita algoritmica può far crollare un titolo in minuti. Ma i circuit breaker e le regole della SEC hanno reso i crash meno comuni di quanto potrebbero essere. L’uomo è ancora il fattore chiave: la paura, la fiducia, la pazienza.