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- Tesine : : : Dal Secondo Dopoguerra all'Unione Europea

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::: Finanze

Le dismissioni

LE IMPRESE PUBBLICHE

L’attività imprenditoriale pubblica
L’esercizio di attività imprenditoriale, da parte di soggetti del settore pubblico, può costruire un mezzo diretto e immediato per raggiungere determinati obiettivi di politica economica.
Lo Stato si inserisce direttamente nel mercato senza usare i poteri coercitivi che in genere caratterizzano la finanza pubblica, ma producendo e offrendo beni e servizi secondo il meccanismo privatistico dello scambio.
La gestione imprenditoriale è possibile quando riguarda beni e servizi dei quali i singoli possono fruire individualmente pagando un prezzo per ottenerli.
La motivazione più antica è puramente fiscale è quando lo Stato, invece di colpire con un’imposta i produttori privati di beni e servizi, se ne riserva in esclusiva la produzione e ne stabilisce il prezzo in misura tale da assicurare un’utile all’erario (monopolio fiscale). Si tratta questo di un sistema ormai superato perché impedisce il libero esercizio dell’attività economica, anche se in Italia sopravvivono il monopolio dei tabacchi lavorati e quello delle attività di gioco (lotto, lotterie nazionali e concorsi pronostici).
Diversa è l’ipotesi in cui la gestione di una pubblica impresa corrisponde a esigenze di utilità sociale. Le ragioni possono essere diverse. Alcune erano state già individuate dagli economisti classici: emedoutlet.com

  • l’esigenza di evitare la formazione di monopoli privati, sempre dannosi per il consumatore;
  • l’esigenza di assicurare la massima diffusione di certi servizi di primaria utilità, anche laddove i privati non riterrebbero conveniente produrli;
  • l’esigenza di assicurare in modo assoluto le intrinseche caratteristiche di un bene che, se fossero prodotti da privati, potrebbero dar luogo a frodi (coniazione di monete);
  • l’esigenza di sicurezza nazionale (fabbricazione di armi da guerra);
  • l’esigenza di controllare la produzione e distribuzione di beni indispensabili per la vita civile e per le attività economiche (erogazione dell’acqua, del gas, dell’elettricità).

In tutte queste ipotesi si può creare un’incompatibilità fra l’interesse pubblico e gli scopi di profitto che sono propri dell’impresa privata. Il rimedio può consistere nel predisporre un efficiente sistema di regole e controlli, tali da assicurare che l’attività dei privati imprenditori non leda l’utilità sociale; è questa la soluzione adottata negli Stati Uniti e, in genere, in tutti gli Stati a economia liberista. In Italia sono stati gestiti in regime di monopolio pubblico i più importanti servizi di utilità sociale (poste, ferrovie, ricerca e coltivazione dei giacimenti di idrocarburi, produzione e distribuzione dell’energia elettrica) e solo di recente si è cominciato ad attuare, in questi settori, una liberazione del mercato.

Intervento dello Stato
Le imprese pubbliche hanno assunto notevole importanza nel nostro secolo, perché si è esteso l’intervento dello Stato nell’economia. Gli obiettivi sono stati i più diversi: creare attività economiche in zone meno sviluppate, dove l’iniziativa privata stenta ad affermarsi; assorbire l’eccesso di manodopera disoccupata soprattutto nei periodi di recessione economica; assicurare un indirizzo uniforme di gestione dei settori che sono alla base dello sviluppo economico (chimica, siderurgia, alta tecnologia, ecc.).
Queste e altre esigenze hanno fatto assumere ai sistemi economici di molti Stati il carattere di sistemi misti, in cui lo svolgimento di attività economiche da parte di enti pubblici non ha carattere eccezionale, e le imprese pubbliche operano, sullo stesso piano di quelle private e in condizioni di concorrenza, nei più svariati settori della produzione.

Le forme organizzative dell’impresa pubblica
Negli Stati a economia mista l’attività dell’impresa pubblica può essere organizzata in forme diverse. Una struttura imprenditoriale, introdotta in molti Stati fin dai primi anni del Novecento, è quella delle aziende autonome.
L’ente politico (Stato o ente territoriale minore) esercita direttamente attività di impresa mediante propri uffici e organi strutturati come vere e proprie aziende che operano con criteri economici. Pur continuando a essere inquadrate nell’amministrazione dell’ente, sono fornite di una propria autonomia contabile e amministrativa.
L’attività imprenditoriale pubblica si distacca nettamente dall’organizzazione amministrativa dello Stato quando è esercitata da un ente appositamente istituito (ente pubblico economico) dotato di personalità giuridica.
L’ente ha una maggior libertà di gestione, perché, essendo organizzato in base a norme specifiche e separato dall’apparato burocratico della pubblica amministrazione, può adottare procedure più snelle e adattarsi con maggiore elasticità ai mutamenti della situazione del mercato.

La crisi del sistema delle imprese pubbliche
Il sistema delle imprese pubbliche si è esteso in Europa e soprattutto in Italia, fino a raggiungere, intorno agli anni Settanta, dimensioni notevoli. Con l’espansione del fenomeno si sono evidenziati i suoi aspetti negativi.
Problemi di efficienza – Il principale problema è quello di conciliare gli obiettivi di interesse pubblico con una gestione produttiva ed efficiente. L’efficienza dell’impresa pubblica non può essere valutata con lo stesso metro con il quale si valuta quella privata.
Rapporti con il potere politico – Vi è poi la difficoltà di definire in modo netto i rapporti con il governo, a cui sono riservate l’indicazione delle strategie generali e l’approvazione dei programmi di gestione. Quindi le pressioni del potere politico incidono pesantemente sulla gestione operativa dell’impresa e questa è indirizzata in modo da ottenere più ampi consensi elettorali o da favorire altri interessi dell’operatore pubblico.
Distorsioni della concorrenza – La presenza di imprese pubbliche in concorrenza con quelle private può provocare nel mercato distorsioni assai gravi, dovute al fatto che le prime, grazie all’intervento del capitale pubblico, possono continuare a operare anche se producono in perdita.
Privatizzazione – L’intento di migliorare l’efficienza delle attività produttive, ridurre interferenze politiche e dare maggiore spazio alla libera iniziativa e alla concorrenza sono fra le principali ragioni dei programmi di privatizzazione che, a partire degli anni Ottanta, sono stati attuati in molti paesi e ora, anche nel nostro.
Trasformazione in società – Per dare l’avvio alla privatizzazione occorre anzitutto modificare gli assetti giuridico-organizzativi delle imprese pubbliche. Le strutture regolate dal diritto amministrativo, soggette all’appesantimento burocratico, ai vincoli e ai controlli che caratterizzano l’attività del settore pubblico, sono trasformate nelle forme della società per azioni, più snelle e più adeguate all’esercizio di attività economiche.
Dismissione – La trasformazione in società per azioni, oltre a rispondere ai fini di una gestione più efficiente, è la premessa per l’alienazione totale o parziale delle partecipazioni possedute dallo Stato nell’azienda che passa dalla sfera del capitale pubblico a quella del capitale privato.
Entrate straordinarie – Il primo effetto, molto proficuo, della dismissione delle quote di proprietà pubblica è quello di realizzare entrate di natura straordinaria che vengono impiegate per ridurre l’indebitamento pubblico mediante l’acquisto e l’annullamento dei titoli in circolazione. La riduzione del debito produce una diminuzione della spesa per interessi e, di conseguenza, l’entità del fabbisogno.
Esigenza di correttezza e trasparenza – L’alienazione delle imprese pubbliche comporta vari problemi di non facile soluzione. Vi è l’esigenza di garantire la correttezza e la trasparenza delle operazioni, sia nella scelta delle modalità di vendita, sia nel sistema di determinazione dei prezzi.
Esigenze di regolamentazione – Quando la privatizzazione riguarda servizi di pubblica utilità è necessario evitare che si passi da un monopolio pubblico a un oligopolio privato senza regole. Laddove sia possibile, si deve favorire l’ingresso di nuove imprese per accrescere il grado di concorrenza; in ogni caso, è indispensabile fissare regole precise per evitare abusi e per garantire la corretta gestione delle aziende e la qualità del servizio.
Autorità di controllo – Le funzioni di regolazione e controllo vengono affidate ad autorità indipendenti, istituzioni pubbliche che non dipendono dal governo e operano in piena autonomia.

Le imprese pubbliche e le privatizzazioni in Italia
In Italia lo sviluppo delle imprese pubbliche ha assunto nel tempo dimensioni imponenti, fino al punto che, in alcuni campi, la maggior parte della produzione interna è stata gestita dal settore pubblico o da imprese che comunque rientrano nell’area di intervento del capitale pubblico. Solo di recente si è manifestata un’invenzione di tendenza a questo “eccesso di pubblico” e, sull’esempio di quanto è avvenuto negli altri paesi, si è cominciata ad affermare l’idea che il ruolo dello Stato debba essere quello di regolare e non quello di gestire le attività economiche.
Conserva ancora la forma giuridica dell’azienda autonoma l’Amministrazione dei monopoli di Stato, che dipende dal ministero delle Finanze e gestisce le attività inerenti al lotto e alle lotterie. L’attività di produzione e vendita dei tabacchi lavorati sono attribuite all’Ente Tabacchi italiani, istituito nel 1998 e destinato ad essere successivamente trasformato in società per azioni. È costituita in forma di azienda autonoma la Cassa depositi e prestiti che dipende dal ministero del Tesoro ed esercita funzioni bancarie e creditizie nei confronti delle pubbliche amministrazioni centrali e locali.
Ora il settore degli enti economici è in fase di riorganizzazione, mediante la soppressione di quelli che risultano ormai inutili o inefficienti e la trasformazione di altri in società. Sono stati già trasformati in società per azioni gli enti economici più importanti, come l’Enel, l’Ente ferrovie, l’Ina, l’Imi e gli altri istituti di credito.
L’alienazione delle partecipazioni azionarie è stata già effettuata per l’Imi e per l’Ina, ed è programmata per l’Enel.

Le partecipazioni statali azionarie in società di rilevanza pubblica sono gestite mediante un sistema di holding cioè di gruppi di società stabilmente collegate fra loro. Il sistema faceva capo a tre enti di gestione: l’Iri (Istituto per la ricostruzione industriale), l’Eni (Ente nazionale idrocarburi) e l’Efim (Ente per il finanziamento dell’industria manifatturiera), i quali avevano la natura di enti pubblici economici. In seguito l’Iri e l’Eni sono stati trasformati in società per azioni, mentre l’Efim, a causa del suo eccessivo indebitamento, è stato soppresso.
L’Iri e l’Eni, che appartengono al Tesoro, agiscono per il tramite di apposite società finanziarie di cui detengono il pacchetto azionario. A loro volta, le singole società capogruppo controllano il pacchetto azionario delle società che operano nei diversi settori produttivi.

Il gruppo Iri è stato caratterizzato da un’estrema eterogeneità. Questa struttura polisettoriale ha esteso il numero delle società controllate rendendo complessa l’organizzazione della holding.
Nel 1992 è stata attuata la trasformazione dell’Iri in società per azioni e si è dato avvio a un ampio programma di ristrutturazione e dismissioni. Le più consistenti operazioni di privatizzazione sono state realizzate nel settore siderurgico, in quello alimentare (Sme), in quello creditizio (Banca commerciale italiana, Credito italiano, Banca di Roma) e in quello delle telecomunicazioni (Telecom Italia).
Sono ancora consistenti le partecipazioni dell’Iri, tramite società capogruppo, nei settori della navigazione marittima (Finmare), delle costruzioni navali (Fincantieri), dell’industria meccanica e delle opere pubbliche (Finmeccanica). Vi sono poi alcuni settori che l’Iri controlla direttamente, senza il tramite di società finanziarie: la navigazione aerea (Alitalia), il servizio pubblico radiotelevisivo (Rai).

L’Eni è stato istituito nel 1953 e ha, a differenza dell’Iri, un campo d’azione più delimitato. Gestisce le partecipazioni statali nel settore dell’industria petrolifera e nei settori che a essa si ricollegano, e inoltre esercita il monopolio della ricerca, sfruttamento e trasporto degli idrocarburi.
L’Eni è stato trasformato in società per azioni nel 1992. Negli anni successivi il gruppo ha svolto una notevole attività di riorganizzazione, mediante la dismissione di complessi aziendali e di partecipazioni maggioritarie nel settore chimico, metallurgico e minerario non petrolifero. A partire dal 1994 sono state collocate sul mercato varie quote del pacchetto azionario detenuto dal ministero del Tesoro nell’Eni S.p.A.



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