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- Materie : : : Economia

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1. Introduzione
L'Economia è la scienza sociale che studia la produzione, la distribuzione, lo scambio e il consumo di beni e servizi, analizzando il modo in cui individui, gruppi, imprese e governi cercano di raggiungere in modo efficace l'obiettivo economico che si sono prefissati.
L'economia può essere divisa in due settori principali. Il primo, la microeconomia o teoria dei prezzi, intende spiegare come l'interazione di domanda e offerta nei mercati concorrenziali crei una miriade di variazioni di prezzi, retribuzioni, margini di profitto e rendite. A tal scopo, la microeconomia ipotizza che gli individui si comportino razionalmente, ossia che i consumatori cerchino di spendere il proprio reddito in modo da massimizzare l'utilità e che gli imprenditori perseguano il maggior profitto possibile.
La seconda area d'indagine, la macroeconomia, si occupa del reddito nazionale e dei problemi dell'occupazione, avvalendosi di strumenti quali il calcolo infinitesimale, l'algebra lineare e altri metodi matematici avanzati. Il connubio più noto tra l'economia e la matematica si è avuto nella disciplina denominata econometria. Gli econometristi costruiscono modelli con centinaia o migliaia di equazioni, al fine di spiegare il comportamento di un intero sistema economico. Come strumenti di previsione, i modelli econometrici vengono generalmente utilizzati sia dalle società sia dai governi.
La ricerca operativa e l'analisi delle interdipendenze strutturali sono altre due discipline nelle quali l'analisi economica e la matematica interagiscono. La ricerca operativa adotta un approccio sistematico ai problemi, applicandosi prevalentemente al coordinamento delle funzioni di un'azienda a impianti multipli, alla minimizzazione dei costi e alla massimizzazione dell'efficienza.
Nella definizione del suo inventore, l'economista russo-americano Vasilij Leontief, le tavole di analisi delle interdipendenze strutturali "descrivono il flusso di prodotti e servizi fra tutti i settori dell'economia nazionale in un dato periodo di tempo". Questo metodo ha avuto un enorme impatto sul pensiero economico ed è attualmente molto usato sia nei paesi socialisti sia in quelli capitalisti.

2. Sistemi Economici
Tutte le comunità organizzate combinano, in varie proporzioni, attività di mercato e intervento governativo. I mercati privati differiscono ampiamente per il grado di concorrenza che li caratterizza. Fortemente diversificato si presenta anche l'intervento statale, che va dall'imposizione di tasse all'emissione di crediti, dalle politiche di controllo dei salari e dei prezzi, fino alla gestione capillare centralizzata dei paesi comunisti. In questi ultimi è però presente qualche concessione all'impresa privata: ad esempio nell'URSS, dove era consentito agli agricoltori, anche se organizzati in imprese collettive, il commercio di prodotti coltivati su appezzamenti privati. Analoghe differenze esistono tra le economie capitaliste. In molte di queste, il governo possiede e gestisce ferrovie e linee aeree, e persino quando ciò non accade, come in Giappone, il governo centrale esercita una fortissima influenza sull'attività economica. leadmedic.com

Libera impresa
Le maggiori differenze tra l'organizzazione economica comunista e quella capitalista riguardano la proprietà di fabbriche, aziende agricole e altre imprese, nonché la formazione dei prezzi e la distribuzione del reddito. In molte economie capitaliste la maggior parte del prodotto nazionale lordo (PNL) viene generata direttamente dalle imprese con finalità di lucro e da entità non-governative quali cooperative e fondazioni. Recentemente diversi paesi hanno privatizzato molte imprese pubbliche e hanno introdotto la concorrenza in molti servizi (quali salute e istruzione). Questa tendenza mondiale verso la privatizzazione, che si sta introducendo anche in Italia, ha ridotto in maniera significativa l'interferenza statale nell'operatività dell'industria e diminuito l'influenza del governo sulla fissazione dei prezzi. In sostanza, il prezzo più importante controllato dalle pubbliche autorità è quello del denaro, cioè il tasso di interesse.
Sebbene l'opposizione ai controlli e alla pianificazione nazionale sia molto forte nel mondo sviluppato, i governi hanno ripetutamente fatto ricorso a queste misure in tempi d'emergenza, in particolare durante la seconda guerra mondiale. In generale, però, le economie di libero mercato considerano la proprietà statale e l'interferenza governativa nella fissazione dei prezzi come eccezioni deplorevoli alla regola del governo dell'economia da parte dell'iniziativa privata e dei mercati.

Pianificazione centrale
Esattamente opposto è l'atteggiamento della Cina e di altri paesi comunisti a pianificazione economica centrale. Sebbene le imprese private siano sempre più tollerate, in questi paesi l'ideologia dominante favorisce la pianificazione statale rispetto alla fissazione dei prezzi in modo concorrenziale. In effetti, non vi è ragione per cui una comunità democratica non possa liberamente scegliere di pianificare la produzione, i prezzi e la distribuzione del reddito e della ricchezza. Nell'esperienza contemporanea, però, la pianificazione economica centralizzata si è generalmente accompagnata al controllo del partito comunista sulla vita politica; è peraltro vero che anche il capitalismo è stato gestito da governi repressivi, come ad esempio in Cile e in Brasile.
I problemi più gravi del capitalismo sono la disoccupazione, l'inflazione e l'ingiustizia economica; problemi paralleli nelle economie pianificate centralizzate riguardano la sottoccupazione, il razionamento, la burocrazia e la carenza di molti beni di consumo.

Economie socialiste liberali
Nella seconda metà del XX secolo l'economia di alcuni paesi è stata regolata da politiche governative di ispirazione socialdemocratica; esempi di socialdemocrazie sono i paesi scandinavi, nei quali l'attività produttiva è affidata all'iniziativa privata, ma il governo interviene per tutelare il lavoro degli operai e ridistribuisce porzioni significative dei profitti a gruppi a basso reddito. La validità di questo sistema è stata recentemente messa in dubbio dall'emergere di problemi economici strutturali in Svezia. D'altro canto, la Repubblica federale socialista di Iugoslavia ha fornito, dal 1950 fino agli anni Ottanta, un esempio di società socialista liberale. Sebbene il partito comunista dominasse, la censura era blanda, l'emigrazione facile, vi era libertà di culto e una combinazione unica di proprietà statale, direzione operaia e iniziativa privata dava vita a un'economia tutto sommato prospera.

3. Problemi Economici Contemporanei
Tra il 1945 e il 1973 le economie dei paesi industrializzati dell'Europa occidentale, del Giappone e degli Stati Uniti crebbero così velocemente da migliorare significativamente il tenore di vita dei propri abitanti. Un'analoga crescita fu registrata da alcuni paesi in via di sviluppo, in particolare da alcuni stati del Sud-Est asiatico come Taiwan, Hong Kong, Singapore e la Corea del Sud. Naturalmente, diverse circostanze contribuirono a questa eccezionale evoluzione storica. In seguito alle devastazioni della seconda guerra mondiale ci fu un sostanzioso boom generato dalle attività legate alla ricostruzione postbellica, a cui si sommò un abbondante flusso di aiuti dagli Stati Uniti, che generarono una crescita rapida sia nell'Europa occidentale sia in Giappone.

Problemi energetici
A partire dal 1973, in presenza di una crescente domanda internazionale di petrolio, l'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC), che controlla il grosso delle riserve petrolifere mondiali, ritenne opportuno aumentare bruscamente i prezzi: il petrolio, che nell'autunno del 1973 costava 2 dollari al barile, verso la metà del 1981 era rincarato di circa 20 volte. Le politiche dell'OPEC, di conseguenza, portarono a una drammatica riduzione delle possibilità di una rapida crescita economica, sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo, che non possedevano petrolio. I paesi del Terzo Mondo importatori di petrolio dovettero allora farsi prestare somme enormi, principalmente dalle maggiori banche dell'Europa occidentale e degli Stati Uniti; schiacciate dal peso degli interessi da pagare, le nazioni povere sono state negli anni obbligate a ridimensionare i propri piani di sviluppo. Negli anni Ottanta, la brusca diminuzione del prezzo del petrolio, sebbene abbia molto favorito le nazioni importatrici, ha tuttavia peggiorato la situazione dei paesi esportatori quali Messico, Nigeria, Venezuela e Indonesia.

Il ruolo dello Stato
I seri problemi economici degli ultimi anni hanno stimolato un ampio dibattito sul ruolo dell'intervento dello Stato, che ha visto, in Europa, auspicare da parte dei partiti di sinistra un maggior grado di controllo e di pianificazione. Negli anni Ottanta il problema è stato affrontato in modo totalmente diverso dal governo del Partito conservatore guidato dal primo ministro Margaret Thatcher in Gran Bretagna e dall'amministrazione repubblicana del presidente Ronald Reagan negli Stati Uniti. In entrambi i paesi si è ridotta l'imposizione fiscale sulle imprese private, con l'intento di accrescere i profitti e incoraggiare gli investimenti, la produttività e il rilancio della crescita economica. Queste politiche neoliberistiche, volte ad accrescere i profitti delle imprese per stimolarne l'attività, si basavano altresì sulla speranza che la tecnologia potesse ridurre i costi delle fonti energetiche alternative al petrolio e che altri settori, quali l'informatica e l'agricoltura, potessero registrare una rapida crescita in virtù di innovazioni e di nuove tecnologie.

Economie sottosviluppate
Le nazioni povere, bisognose d'aiuto, di capitali, di esperienza tecnologica e organizzativa, necessitano anche di un accesso ai mercati delle nazioni industrializzate per commerciare i propri prodotti e le materie prime. La capacità politica dei paesi ricchi di rispondere a questi bisogni è tuttavia condizionata fortemente dal loro successo nell'affrontare l'inflazione, la disoccupazione e il ristagno della crescita.
Nelle comunità democratiche è tuttavia difficile proporre di assistere i paesi stranieri quando la situazione finanziaria interna è in crisi; altrettanto difficile, per ragioni politiche, è consentire la libera importazione di merci estere a buon mercato, quando queste sono giudicate la causa della disoccupazione tra i lavoratori interni: l'economia dello sviluppo è pertanto intimamente legata alle circostanze politiche globali.

Sguardo sul futuro
Sulla durata della crescita economica dei paesi industrializzati le opinioni sono discordanti. Gli osservatori ottimisti puntano sulla possibilità di migliorare la resa delle coltivazioni e di rafforzare la produttività industriale attraverso l'innovazione tecnologica. I pessimisti evidenziano la diminuzione delle risorse, la mancanza di controllo sulla crescita demografica, l'eccessiva spesa militare e la riluttanza dei paesi ricchi a dividere la propria ricchezza ed esperienza con le nazioni meno fortunate. Per quanto molti paesi del Terzo Mondo siano riusciti negli ultimi anni a ottenere notevoli tassi di crescita, l'instabilità politica, la corruzione endemica e le ampie oscillazioni delle politiche economiche portano, per alcuni paesi, a prevedere un futuro ancora più difficile di quanto non sia già l'attuale situazione.



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