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- Relazioni : : : Un figlio a tutti i costi - “L’inseminazione artificiale”

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Dalla Rivista Italiana di Medicina - Luglio 1997
L'attuale legislazione Italiana riguardo l'uso del seme congelato non ne permette l'uso di soggetti iscritti ad uno stud book italiano se non previa approvazione e superamento di un punteggio minimo e che abbiano ottenuto particolari performance, così come non è ammesso l'utilizzo di seme congelato importato da altri paesi intra o extra CEE.
Per quanto riguarda la situazione dei PSA bisogna tener presente che l'Associazione non ha la possibilità al momento di decidere in maniera autonoma riguardo questa pratica allevatoriale. Si fa altresì presente che eventuali tentativi di eseguire questa pratica in maniera fraudolenta e non corrispondente alle attuali leggi, comporterà la non iscrizione dei prodotti ottenuti con l'IA ed eventuali provvedimenti disciplinari e o legali per coloro che tentassero di superare le attuali leggi in maniera illecita.

IL DIRITTO DI FAMIGLIA E DELLE PERSONE – Anno 1996
cost. 3/29/30
c.c.231/232/233/234/235/236/238/243/244/248/249/250/253/263/269
Mancando un espresso divieto legale, le pratiche di fecondazione artificiale devono considerarsi lecite. La presunzione di paternità prevista dall'art. 231 cod. civ. non opera dal momento della nascita da donna coniugata, ma presuppone la formazione dell'atto di nascita di figlio legittimo. Non compete a chi abbia dato luogo a pratiche di inseminazione artificiale eterologa, seguite dal concepimento e dalla nascita di un figlio in costanza di matrimonio, il diritto di disporre liberamente dello status del nato a seguito delle pratiche predette, facendo prevalere, a scelta, o la verità genetica o il falso; sono pertanto colpevoli della violazione del divieto di alterare la realtà del rapporto di procreazione, previsto dall'art. 567 cod. pen., i coniugi che, a fronte della nascita di un figlio conseguente a pratiche di fecondazione artificiale eterologa, abbiano formato un atto di nascita di figlio legittimo. (Con nota del Prof. Francesco Introna). (Massime a cura della rivista sottoindicata. Consultare la rivista stessa per la motivazione del provvedimento e per l'annotazione).* canadadrugpharmacy.com

RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA LEGALE – Anno 1996
Il genitore coniugato (madre) ha l'obbligo di riconoscere come proprio figlio naturale il figlio privo della discendenza biologica dall'altro coniuge (nella specie, la moglie, dopo aver partorito in costanza di matrimonio a seguito di inseminazione artificiale eterologa, non aveva dichiarato la sussistenza del rapporto biologico di discendenza, del figlio, con un soggetto diverso dal marito, affermando solo in occasione della richiesta di modifica del diritto paterno di visita, precedentemente stabilito, che il figlio non era stato generato dal marito, ma a seguito di inseminazione artificiale eterologa) (Con nota di Giovanni Maria Uda e Luigi Tosti). Se, da un canto, si deve ritenere che, ai sensi della vigente normativa, sia lecito procedere a pratiche di fecondazione artificiale, costituisce, dall'altro, illecito penale alterare lo stato civile di chi e' stato procreato a seguito di tali pratiche, assegnandogli una paternità o maternità che non compete al nato sul piano biologico; pertanto il coniuge, uomo o donna che sia, il quale, essendo privo della capacità
di procreare, ricorra a pratiche inseminative artificiali al fine di soddisfare la propria, e/o altrui, aspirazione alla genitura, ha l'obbligo di proporsi nella sua veste reale di aspirante genitore adottivo, chiedendo al Tribunale per i minorenni di potere adottare il nato ai sensi dell'art. 44 lett. b) della legge n. 184/1983. (Con nota del Prof. Francesco Introna). (Massime a cura della rivista sottoindicata. Consultare la rivista stessa per la motivazione del provvedimento e per l'annotazione).*

RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA LEGALE – Anno 1996
App. Brescia 15/05/1995
Il consenso del marito all'inseminazione eterologa della moglie non e' ostativo all'esercizio dell'azione di disconoscimento della paternità, in quanto, in caso contrario, si introdurrebbe, in via interpretativa, una limitazione, non consentita, del principio del favor veritatis, che caratterizza tutta la disciplina della filiazione. (Con nota di Gianluca Cattani).
(Massima a cura della rivista sottoindicata. Consultare la rivista stessa per la motivazione del provvedimento e per l'annotazione).*


GIURISPRUDENZA ITALIANA – Anno 1997
c.c. 235/244
APP Brescia, 14-06-1995
Ritenuto che il regime giuridico della filiazione nata a seguito di interventi inseminativi artificiali va desunto dal sistema normativo regolante la filiazione biologica e non dal sistema regolante la c.d. filiazione civile scaturente dall'adozione, va accolta la domanda del marito - affetto, fin dalla nascita, da impotentia generandi certa ed irreversibile - diretta a disconoscere la propria paternità nei confronti del figlio generato dalla di lui moglie e concepito a seguito di inseminazione artificiale eterologa, a nulla rilevando, in contrario, il consenso preventivo a tali interventi prestato dal marito stesso; e ciò: sia per l'inesistenza nel vigente ordinamento di una norma specifica che a tale consenso riconnetta l'esclusione dell'azione di disconoscimento; sia perché unico ed imprescindibile presupposto di ogni rapporto giuridico di filiazione ex matrimonio è il rapporto biologico di sangue; sia perché un consenso in tal senso, ammesso che equivalga a rinuncia preventiva a proporre azione di disconoscimento della paternità, sarebbe, comunque, inefficace, vertendo su di uno status personale ed indisponibile; il consenso preventivo non comporta, pertanto, alcun obbligo risarcitorio nei confronti del coniuge per avere esperito, pur dopo la manifestazione del consenso, azione di disconoscimento del figlio generato, a seguito delle pratiche inseminative artificiali consentite dal marito, dalla moglie.

In Dir. famiglia, 1996, 116
In Famiglia e dir., 1996, 34, n. Dogliotti
cost., 3cost., 24 cost., 30 cost., 31
c.c., 122/ 128/143/147/231/235/244/ 247/250/269/279/1226
disp. sulla legge in generale, 12

Nell'ipotesi di disconoscimento di paternità di figlio nato a seguito di inseminazione artificiale eterologa, il termine di decadenza per proporre l'azione non decorre, per il marito, dal giorno in cui la moglie si sottopose, con il consenso del coniuge, alle pratiche predette, ma dal giorno della nascita o da una data ad essa successiva, posto che lo stato di figlio legittimo, a contestare il quale è diretta l'azione di disconoscimento, presuppone necessariamente la nascita.
cost., 3/24/30/31
c.c., 122/128/143/147/231/235/244/247/250/269/279/1226
disp. sulla legge in generale, 12

TRIB Roma, 01-04-1995
Integra gli estremi della diffamazione a mezzo stampa, e comporta responsabilità civile per lesione del diritto alla reputazione, la pubblicazione su un quotidiano di articoli contenenti notizie false e valutazioni discriminatorie (nella specie, un quotidiano aveva pubblicato, nella cronaca locale, la falsa notizia che una donna aveva contratto l'Aids a seguito di inseminazione artificiale suscitando nell'opinione pubblica locale allarme per la prospettata ipotesi che la donna potesse svolgere un'attività lavorativa a contatto con il pubblico).
Foro it., 1996, I, 658
c.c., 2043

TRIB Cremona, 17-02-1994
In caso di fecondazione artificiale di donna maritata, il termine annuale di decadenza per l'esperimento dell'azione di disconoscimento della paternità decorre dalla nascita del figlio e non dall'inseminazione.
Foro it., 1994, I, 1576
Corriere giur., 1994, 631, n. SCIANCALEPORE
Nuovo dir., 1994, 393, n. SANTARSIERE
Giust. civ., 1994, I, 1687, n. GORGONI, SOLDANO
Nuova giur. civ., 1994, I, 541, n. FERRANDO
Dir. famiglia, 1994, 702
Riv. it. medicina legale, 1994, 772, n. CATENI, TURILLAZZI
Giur. it., 1994, I, 2, 995, n. FERRANDO
c.c., 244

Trib: Cremona 24/01/1994
Nel nostro ordinamento l'errore in qualitate personae concernente l'esistenza di un'anomali sessuale, qual'è l'impotentia generandi comporta la dichiarazione di nullità del matrimonio ex art. 122 comma secondo e terzo n. 1 cod. civ. e pertanto la richiesta delle parti in merito può essere accolta. Per la stessa motivazione (accertata impotentia generandi) può essere ritenuta fondata la azione di disconoscimento di paternità ex art. 235 comma primo cod. civ., non potendosi riconoscere rilevanza giuridica al consenso prestato dal padre all'inseminazione artificiale eterologa della moglie. Non può trovare accoglimento la richiesta di risarcimento di danni presentata dalla moglie poiché il diritto al disconoscimento di paternità non può subire limiti e condizionamenti quali si verificherebbero se al suo esercizio conseguisse un onere risarcitorio. Inammissibile è del pari la domanda di conoscere l'identità del padre genetico proposta dal minore per difetto di legittimazione passiva delle altre parti della causa. (Con nota di Cecilia Cateni e Emanuela Turillazzi). (Massima a cura della rivista sottoindicata. Consultare la rivista stessa per la motivazione del provvedimento e per l'annotazione).*

In RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA LEGALE – Anno 1994
c.c. 235/122
Trib: Cremona 17/2/1991
E' ammissibile l'azione di disconoscimento di paternità del figlio, procreato dalla donna a seguito di inseminazione artificiale eterologa, anche se consentita dal marito, allorché questi sia stato affetto da impotentia generandi nel periodo compreso tra il trecentesimo e il centottantesimo giorno prima della nascita. In tal caso la moglie non può chiedere il risarcimento dei danni connessi al comportamento incoerente del marito. (Con nota di Marilena Gorgoni e Monica Soldano) (Massima a cura della rivista sottoindicata. Consultare la rivista stessa per la motivazione del provvedimento e per l'annotazione).*

GIUSTIZIA CIVILE ANNO 1994
235
Corte APP Salerno, 15-11-1991
È legittima l'adozione ex art. 44, lett. b), l. n. 184/83, in favore della moglie del padre naturale, di un minore nato, a seguito di inseminazione artificiale, da madre biologica surrogata anonima, a nulla rilevando, ex art. 46 e 57 della stessa l. n. 184, l'eventuale illiceità, e la conseguente nullità, del c.d. contratto di maternità concluso dal padre naturale, che aveva fornito il proprio seme ed aveva poi proceduto a riconoscere il figlio nato su commissione.
Dir. famiglia, 1992, 1052
c.c., 263, 264, 1418

TRIB minorenni Roma, 31-03-1992
Qualora risulti dimostrato, in mancanza di sufficienti elementi probatori del contrario, che il riconoscimento, da parte di persona coniugata, del figlio naturale non riconosciuto dall'altro genitore sia veritiero (e non costituisca per ciò lo strumento per celare la compravendita del minore) non v'è luogo a procedere alla nomina di un curatore speciale, ex art. 263 e 74 l. n. 184/1983, per l'impugnazione del riconoscimento effettuato, ma occorre solo decidere se l'inserimento del figlio nella famiglia legittima del genitore naturale sia rispondente al suo interesse psicofisico e morale, rimanendo l'art. 252 c.c. pertinente ed applicabile anche qualora il concepimento con donna diversa dalla moglie del padre, donna rimasta sconosciuta, sia avvenuto, per volontà di entrambi i coniugi, a seguito di inseminazione artificiale con liquido seminale del marito.
Dir. famiglia, 1993, 188
c.c., 252, 263

Trib. NAPOLI 02/04/97
Non e' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 235 cod. civ., nella parte in cui non preclude l'azione per il disconoscimento di paternità al padre legittimo, che abbia prestato il proprio consenso all'inseminazione artificiale eterologa della moglie, in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 30 Cost.. (Massima a cura della rivista sottoindicata. Consultare la rivista stessa per l'eventuale motivazione e annotazione)
In il foro italiano 1997 pag. 2677
cost. art. 2/3/29/30/31
cod. civ. art. 231 e 235

IL PROGETTO DI LEGGE SULLA FECONDAZIONE ARTIFICIALE
(da "La civiltà cattolica" 19 settembre 1998 n° 3558, pag. 523)
Da oltre un decennio si avverte con urgenza la necessità di scrivere almeno alcune regole sul "mercato" della procreazione medicalmente assistita: l’Italia infatti ancora oggi rimane uno dei Paesi occidentali nel quale si continua a operare "in modo selvaggio", cioè regolato prevalentemente dall’interesse economico, in assenza di norme di tutela soprattutto del nascituro, che costituisce il soggetto più debole chiamato in causa.

Attualmente è in discussione alla Camera un testo unificato, approvato dalla Commissione (XII) Affari Sociali, dopo aver acquisito il parere favorevole e le osservazioni delle Commissioni Affari Costituzionali, Giustizia, Bilancio, Lavoro; esso raccoglie le indicazioni contenute in una ventina di progetti di legge. Cercheremo di informare i nostri lettori sulla situazione odierna, riservandoci di ritornare sull’argomento quando sarà terminato l’esame alla Camera; tralasceremo invece il lungo itinerario avviato il 9 maggio 1996, con le polemiche e le strumentalizzazioni che hanno accompagnato i lavori parlamentari, i quali ora sono giunti alla discussione in aula, che è iniziata con l’esame delle linee generali il 20 luglio scorso e prosegue nella seconda metà di settembre. La stragrande maggioranza dei gruppi parlamentari riconosce la necessità di approvare il testo (in Commissione il no è stato soltanto dell’UDR e di uno dei tre esponenti della Lega Nord, mentre si è astenuto il PRC), ma essi sono profondamente divisi, anche al proprio interno, su alcuni punti fondamentali, soprattutto l’ammissibilità della fecondazione eterologa e l’accesso alla fecondazione assistita da parte delle coppie di fatto.

La relazione di maggioranza
La relatrice per la maggioranza, on. Marida Bolognesi, dei democratici di sinistra, presentando in aula, lo scorso 20 luglio, il progetto di legge, faceva un’affermazione più volte ripetuta nella sua relazione, che sembra caratterizzare la sua impostazione e costituire uno dei principi che hanno guidato la scrittura del testo in esame: "Questa proposta di legge [...] non prevede l’introduzione di nuove tecniche e pratiche rispetto a quelle che oggi sono già utilizzate nel nostro Paese". Ha poi difeso con energia i due punti controversi, cui accennavamo sopra. Circa l’inseminazione eterologa, "penso – ha detto – che per una coppia sia molto difficile fare questa scelta e sottoporsi [...] a un atto medico per dare sostanza [...] al proprio desiderio di avere un figlio.[...], tuttavia ritengo che sia difficile impedire [...] di avere la possibilità di realizzare questo obiettivo". A proposito delle unioni di fatto, ha ripetuto la stessa motivazione: "Ci è sembrato senz’altro difficile sbarrare l'accesso e impedire in qualche modo il ricorso a una terapia a coppie che non fossero unite in matrimonio; ci è sembrato cioè difficile fare una differenza a seconda del legame esistente tra la coppia".

Nella relazione scritta che accompagna il progetto di legge, poi, l’on. Bolognesi si pone alcune domande di fondo sollevate dai problemi che il legislatore deve affrontare: "Le polemiche, anche recenti, sugli organi di informazione hanno posto l’accento sui rischi non completamente valutati sull’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita: dai genitori molto anziani all’assenza del padre, dalla mercificazione di parti del corpo ai rischi per la salute per la madre e il nascituro, dalla tutela dell’embrione sino alle possibili forme di selezione genetica. Si pongono, quindi, questioni eticamente rilevanti: qual è il punto di equilibrio tra il diritto del singolo o della coppia a procreare; e tra quello della madre, del padre e del nascituro, da un punto di vista sia sanitario sia giuridico? E per quanto tempo uno Stato può ignorare l’esigenza di tutela della salute dei cittadini o il rischio di speculazioni sulla vita senza porre, anche in via amministrativa, regole precise sotto il profilo sanitario? E, ancora, fino a che punto lo Stato può regolamentare scelte e comportamenti così fortemente legati alla sfera privata dei singoli cittadini?".

Il contenuto del progetto di legge
Il contenuto del testo presentato in aula dalla Commissione Affari Sociali, diviso in 23 articoli, può essere sintetizzato nei punti che seguono, sulla falsariga della presentazione scritta dalla relatrice di maggioranza.

1) Statuto delle tecniche: la procreazione assistita non costituisce un modo alternativo di procreare, ma un rimedio alla sterilità o alla infertilità, qualora altri metodi terapeutici abbiano fallito o non siano risultati idonei.

2) Tutela del nascituro: essa rappresenta l’interesse primario da perseguire. Conseguentemente, i nati a seguito di fecondazione assistita sono figli legittimi o acquistano lo stato di figli riconosciuti della coppia e non è ammessa l’azione di disconoscimento di paternità né l’anonimato della madre.

3) Consenso informato: l’applicazione delle tecniche di procreazione assistita è consentita soltanto dopo che i componenti della coppia abbiano espresso obbligatoriamente il proprio consenso, sulla base delle informazioni che il medico deve fornire loro, anche avvalendosi della consulenza di uno psicologo. Il consenso riguarda sia le conseguenze di carattere sanitario ("si pensi alla sindrome da iperstimolazione ovarica, ai rischi dell’anestesia, alle complicanze legate agli atti operativi, in particolare complicazioni emorragiche o lesioni di organi, ovvero a quelle infettive e al rischio di abortività attorno al 20-30%, alle gravidanze extrauterine, all’elevata incidenza di gravidanze plurigemine e alla relativa mortalità in utero o patologie neonatali e all’aumento della patologia materna correlata"), sia gli effetti psicologici sulla coppia e le conseguenze di natura giuridica: la sottoscrizione del consenso infatti costituisce il prericonoscimento del nascituro. Il consenso può essere revocato da ciascuno dei soggetti fino al momento di fecondazione dell’ovulo.

4) Accesso alle tecniche: secondo l’art. 5 "possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di adulti maggiorenni di sesso diverso, coniugate o stabilmente legate da convivenza, in età potenzialmente fertile e comunque non superiore a 52 anni". La formula "coppie [...] stabilmente legate da convivenza" è ripresa dal documento relativo alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, approvato dal Comitato nazionale di bioetica nel giugno 1994, il quale parlava di "una coppia coniugata o almeno stabilmente legata da una comunità di amore e di vita". Secondo l’on. Bolognesi, "dall’accesso alle tecniche per le coppie di fatto non discende l’equiparazione delle stesse a quelle sposate, né alcuna forma di riconoscimento. [...] Sarebbe certo discutibile sul piano della legittimità che il legislatore decidesse che una coppia sterile sposata può ricorrere ad ogni terapia, negando quella stessa terapia alla coppia non sposata, fermo restando che in questo caso non è corretto parlare di terapia in senso stretto, mancando l’elemento di cura".

5) Tecniche di procreazione medicalmente assistita consentite: il testo privilegia nettamente le tecniche di fecondazione omologa (cioè attuata con i gameti della coppia) e consente di ricorrere a quelle di fecondazione eterologa, con donatore estraneo alla coppia, soltanto in caso di impossibilità di fecondazione omologa o di sussistenza di gravi malattie ereditarie o infettive trasmissibili, al termine di un itinerario che informi opportunamente coloro che devono esprimere il consenso. La Commissione – afferma la relatrice – ha adottato anche la fecondazione eterologa, perché sarebbe poco realistico vietarla "dopo 20 anni di pratica e una circolare emanata dal ministro della sanità pro tempore Degan che la autorizza in centri privati, senza peraltro definirne le caratteristiche".

La donazione dei gameti, volontaria e gratuita, avviene, previo consenso informato, esclusivamente nei centri pubblici autorizzati, che saranno iscritti in un pubblico registro. Deve essere accertata l’idoneità del donatore in modo da escludere patologie infettive ereditarie. Potranno essere usate esclusivamente tecniche indicate dal Ministero della Sanità, da aggiornare costantemente.

6) Autorizzazione delle strutture: le strutture nelle quali si praticano le tecniche di procreazione medicalmente assistita devono essere autorizzate dalle Regioni ed essere iscritte in appositi registri, sulla base del possesso di specifici requisiti tecnici, organizzativi e del personale.

7) Divieto di sperimentazione sugli embrioni. Misure di tutela: secondo le indicazioni della biologia – nella forma in cui sono riprese nella relazione di maggioranza – nel caso dell’embrione, ci si trova di fronte a un continuum, un insieme di passaggi, diversamente significativi, che, in assenza di eventi che ostacolino questo processo, manifestano un mutamento di qualità che corrisponde a un progetto di vita, individuale, unico e irripetibile. Questo progetto di vita merita rispetto e quindi misure che diano sostanza a questo rispetto. In primo luogo è pertanto vietata qualsiasi forma di sperimentazione sugli embrioni. La ricerca clinica è inoltre consentita esclusivamente a fini terapeutici e diagnostici volti alla tutela della salute e dello sviluppo degli stessi embrioni.

Le modalità per l’utilizzo dei gameti femminili residuali a cicli di applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistite sono demandate a un decreto ministeriale da emanare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge. È vietato il prelievo di gameti post mortem e il trasferimento in utero di un gamete o di un embrione successivamente alla morte di uno dei soggetti della coppia. È vietato altresì qualsiasi processo di clonazione umana.

7) Obiezione di coscienza: il personale sanitario e ausiliario non è tenuto a partecipare all’attuazione delle tecniche di procreazione assistita, qualora sollevi obiezione di coscienza.

8) Sistema sanzionatorio: gli articoli 17 e 18 delineano un sistema sanzionatorio, che prevede misure di carattere penale per la violazione delle disposizioni di maggiore rilievo, a carico degli operatori sanitari, e sanzioni di carattere amministrativo che contemplano anche la revoca dell’autorizzazione per la struttura sanitaria all’interno della quale si realizzi il fatto illecito.

La relazione di minoranza
Relatore di minoranza, lo scorso 20 luglio, è stato l’on. Alessandro Cè, il quale ha parlato anche a nome del suo gruppo, la Lega Nord. Egli ha esordito ricordando che, qualunque sia la causa della sterilità e dell’infertilità, la legge in esame non ne prevede la terapia bensì il superamento con il ricorso a tecniche medico-chirurgiche. Una tale precisazione è necessaria perché alcuni deputati, in particolare di Rifondazione Comunista, hanno rivendicato il diritto del singolo, in specie della donna, a ricorrere a queste tecniche, ritenendole proprio come terapeutiche, e quindi rientranti nella previsione del diritto alla salute tutelato dal primo comma dell’art. 32 della Costituzione. "Questo non è assolutamente vero – ha affermato l’on. Cè – e l’accesso deve essere consentito soltanto alle coppie di sesso diverso, in quanto la metodica ha come oggetto il superamento degli ostacoli che non consentono la procreazione e deve tutelare il nascituro".

Egli ha poi notato come al centro della discussione ci siano due correnti di pensiero contrapposte: la prima sostiene che a prevalere debba essere l’interesse dei genitori, la seconda invece che prioritario debba essere l’interesse del nascituro; il relatore di minoranza si è decisamente schierato con la seconda posizione. Infatti – ha affermato – "il Parlamento europeo ha data indicazioni chiare circa i 'diritti del bambino sin dal suo concepimento: diritto alla vita, diritto alla famiglia, diritto a un’armoniosa crescita psico-fisica, diritto all’identità genetica e psicologica. Questi diritti devono prevalere rispetto agli interessi degli adulti di avere un figlio, nel senso che tale interesse non può realizzarsi ad ogni costo, ma soltanto nel rispetto dei diritti del figlio stesso". Negli emendamenti non approvati infatti era previsto, ad esempio, tra i diritti fondamentali del nascituro, quello inalienabile di conoscere la propria identità genetica. Se questo principio fosse approvato, secondo l’on. Cè, "costituirebbe un deterrente fortissimo all’utilizzo di gameti da donatore nel malaugurato caso dovesse prevalere la possibilità di fecondazione eterologa".

Ha poi ripetuto che la Lega Nord aveva presentato in Commissione un emendamento che mirava al riconoscimento della capacità giuridica sin dal concepimento, ma tale emendamento non è stato giudicato ammissibile da parte del presidente della Camera. Secondo il relatore di minoranza deve essere inoltre vietata la crioconservazione degli embrioni, ad eccezione dell’ipotesi del tutto eccezionale in cui, per ragioni imprevedibili e sopravvenute alla formazione dell’embrione, non vi sia altro modo di salvare la vita del concepito. Nonostante la diversità di posizioni presenti all’interno della Commissione, l’on. Cè si è detto favorevole alla procreazione medicalmente assistita da parte di "una coppia, di sesso diverso, coniugata o convivente da molto tempo i cui componenti siano in età potenzialmente fertile". Secondo il relatore infatti "la filiazione naturale è di fatto già oggi equiparata a quella legittima dall’interpretazione giurisprudenziale".

Circa la fecondazione eterologa, ha osservato che "è risaputo l’impatto che la scelta dell’eterologa ha all’interno della coppia, con la creazione di atteggiamenti di esclusione del partner e gravi ripercussioni psicologiche, emotive e affettive che in certi casi hanno determinato addirittura la crisi della coppia stessa. Esistono poi, e sono rilevanti e ineludibili, i rischi di selezione eugenetica, la cosiddetta selezione della razza [...], perché è praticamente impossibile evitare che vi sia la selezione di seme pregiato, con conseguente commercio dello stesso e grossi rischi sia di selezione genetica sia di creazione di consanguinei inconsapevoli". Infine nel testo alternativo presentato dal relatore di minoranza, si prevede, all’art. 5, che la convivenza in modo stabile delle coppie di fatto sia comprovata "dalla stessa residenza da almeno 3 anni".

Le posizioni in Parlamento
Nella discussione generale del 20 luglio scorso, oltre agli onn. Bolognesi e Cè, sono intervenuti anche rappresentanti di altri gruppi. L’on. Irene Pivetti, di Rinnovamento Italiano, ha osservato che la procreazione medicalmente assistita non è una terapia della sterilità, ma un modo per evitarne le conseguenze e perciò ha proposto che nel testo dell’art. 1 non si parli di "altri metodi terapeutici". Tra l’altro, poi, ha sottolineato che, in genere, nel testo del progetto di legge non è inserito tra i princìpi fondanti "un qualsivoglia diritto relativo al bambino che deve nascere". Ad esempio, fissando l’età massima dei genitori a 52 anni, numero che è frutto di un compromesso tra i gruppi, non si è tenuto affatto conto della differenza di età tra i genitori e il bambino. "Se questa conta quando lo si deve adottare, perché non deve contare in questo caso, se ci si procura il bambino tramite una procreazione medicalmente assistita?". Infine, dichiarandosi contraria alla fecondazione eterologa, ha lamentato l’impostazione strettamente sanitaria che la caratterizza nel testo.

L’on. Maria Burani Procaccini, di Forza Italia, ha segnalato che nel suo gruppo parlamentare esiste una molteplicità di posizioni nei confronti di questo progetto di legge, e quindi il suo intervento aveva un carattere personale, anche se le sue posizioni sono maggioritarie all’interno del suo partito. Si è detta contraria al congelamento degli embrioni cosiddetti soprannumerari e alla riduzione embrionale mediante l’eliminazione dei gemelli non desiderati. Circa le coppie di fatto, ha affermato che "lo status di figlio legittimo e l’impegno pubblico del matrimonio (come garanzia di diritti e di doveri nei confronti della prole) sono da, ritenersi imprenscindibili", ricordando che la legge sull’adozione richiede ai genitori dell’adottando lo status di coppia unita in matrimonio da almeno tre anni. Infine, sottolineando come ogni soggetto ha diritto alla propria identità genetica, psicologica e legale, diritto protetto dall’art. 2 della Costituzione (che richiama i diritti fondamentali dell’uomo), si è pronunciata contro la fecondazione eterologa.

L’on. Alfredo Mantovano, di Alleanza Nazionale, augurandosi che si possa giungere al più presto a una legge che regoli la materia e che quindi non si debba ricorrere a semplici interventi amministrativi, ha affermato che tre sono i cardini non derogabili del testo: la tutela della famiglia e del diritto a nascere e a crescere all’interno di una famiglia; la tutela dell’embrione; il controllo pubblico sugli interventi. Infatti l’art. 30 della Costituzione riconosce la collocazione naturale dei figli all’interno della famiglia e l’art. 29 descrive la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Perciò egli ritiene necessario che la procreazione medicalmente assistita possa avvenire soltanto all’interno di una coppia sposata; e che vi siano "problemi insuperabili" per l'ammissibilità della fecondazione eterologa, ad esempio la "crisi di identità che colpisce soprattutto, in momenti difficili, il figlio di genitori diversi da coloro che l’hanno riconosciuto dopo aver praticato la procreazione artificiale. Vi è un’ampia casistica sul punto".

L’on. Annamaria Procacci, della Federazione dei Verdi, ha valutato positivamente il testo approvato in Commissione, proponendo la necessità di modificarlo, facendo uscire dall’anonimato il donatore di gameti, come avviene in Gran Bretagna e in Austria. Ha invitato infine a lavorare di più sul piano della prevenzione, ad esempio considerando i rapporti elaborati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità circa l’impatto dell’inquinamento sulla fertilità, specialmente quella maschile: "Non mi riferisco solo a quello atmosferico, ma anche a quello di tipo alimentare, quello cioè dovuto ai residui dei pesticidi che permangono nei cibi".

L’on. Raffaele Cananzi, del Partito Popolare Italiano, ha ricordato che questa "non è materia di precostituiti schieramenti politici sul programma. È materia di profonde „convinzioni etiche, dettate dal sacrario della coscienza da cui l’artefice della norma deve in questo caso saper trarre il principio strutturale del diritto stesso".In particolare egli ha affermato che "la fecondazione di tipo eterologo contrasta con il complesso delle disposizioni di cui agli articoli 29, 30, 31 della Costituzione, dal complesso dei quali si evince [...] che il rapporto di genitorialità è dentro e non fuori la società naturale fondata sul matrimonio, che è la famiglia [...]. Ciò è tanto vero che si dovette dettare una norma costituzionale per assicurare ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima".Inoltre "un legislatore che intende introdurre norme in materia di procreazione medicalmente assistita deve tener conto che la prospettiva da privilegiare è quella del nascituro [...] tutelato [...] dalla Costituzione, che riconosce il diritto dell’uomo a nascere, ma a nascere in [una] famiglia legittima basata sul matrimonio", per cui non è possibile permettere alle coppie di fatto l’accesso alla procreazione assistita.

L’on. Maretta Scoca, dell’UDR, la nuova formazione politica che ha come proprio leader il sen. Francesco Cossiga, ha ricordato il ritiro da parte del suo gruppo della pregiudiziale di incostituzionalità per favorire un itinerario più rapido del progetto di legge. In ogni caso "il diritto alla famiglia, all’identità, alla vita dell’embrione, il diritto a uno sviluppo psicologico armonioso sono per noi punti imprescindibili". Pertanto si è dichiarata favorevole piuttosto a semplificare le procedure dell’adozione. L’UDR infatti, in Commissione, ha votato contro il progetto di legge e, in ogni caso, è contraria alla fecondazione eterologa e all’accesso alla fecondazione da parte delle coppie di fatto.

L’on. Francesco Paolo Lucchese, del Gruppo Misto (già CCD-CDU), si è dichiarato contrario all’accesso alla procreazione assistita da parte delle coppie di fatto e alla fecondazione eterologa, invitando tutti a ispirarsi, oltre che a un’etica condivisa, "anche a un’etica della prudenza e della responsabilità che coinvolga ciascuno personalmente. Vorrei aggiungere un richiamo all’etica del senso comune, che forse rappresenta l’unico modo per rispettare le leggi morali e della natura".

Conclusione
Ci siamo soffermati a lungo sulle posizioni dei vari partiti affinché al paziente lettore sia fornita una informazione tale da formarsi un proprio giudizio. Da parte nostra vogliamo ricordare che non si tratta di una "guerra di religione" tra cattolici e non cattolici, ma di una diversa valutazione degli argomenti probanti che ciascuna parte è capace di formulare per tentare di tracciare una via che affronti il delicatissimo e importante problema, aperto dalla ricerca scientifica, costituito dalla procreazione medicalmente assistita, la quale richiede con urgenza una regolamentazione legislativa che salvaguardi irrinunciabili valori umani. Come ha sottolineato mons. Elio Sgreccia, vicepresidente della Pontificia Accademia per la Vita, il progetto di legge "presenta alcuni punti validi come, ad esempio, il concetto che il ricorso alle tecniche di procreazione artificiale avvenga a seguito di un esame attento della sterilità e della impossibilità di "rimuovere altrimenti le cause impeditive" (art. 4) (principio di sussidiarietà e gradualità). Meritano pure apprezzamento diversi divieti comuni a molte legislazioni: così i divieti del ricorso alla maternità sostitutiva, della fecondazione della donna sola (art. 5.), della commercializzazione dei gameti e delle intermediazioni commerciali, della clonazione (art. 15), della fecondazione interspecie e dell’ectogenesi (art. 16). Opportuna è anche la previsione dell’obiezione di coscienza per il personale sanitario (art. 21)" (Oss. Rom., 8 aprile 1998).

Com’è risaputo, i due punti sui quali c’è un acuto dissenso nella società e nel Parlamento, espresso anche in numerosi documenti di varia ispirazione, sono costituiti dalla fecondazione eterologa e dalle coppie di fatto. Oltre a essere, secondo il parere di autorevoli costituzionalisti, contraria al testo della Costituzione, la fecondazione eterologa svuota il concetto di famiglia fondata sul matrimonio, facendo sorgere grandi e legittimi interrogativi sul piano della ereditarietà genetica, col rischio di incesto a causa dell’anonimato del donatore, un argomento che rimane insuperabile. Inoltre non appare per nulla probante, per quel che riguarda le coppie di fatto, l’argomento più volte ripetuto dalla relatrice di maggioranza che "è difficile fare una differenza a seconda del legame esistente tra la coppia", poiché il disegno presente nella Costituzione è opposto, come ha sottolineato l’on. Cananzi. D’altronde la dizione presente nell’art. 4 di coppie "stabilmente legate da convivenza" è di una genericità irrisoria e pronta ad essere sottoposta a ogni tipo di interpretazione e pertanto non è ammissibile l’accesso di coppie non sposate alla procreazione assistita, poiché lede il diritto del nascituro ad avere una famiglia. Rimane, poi, ancora troppo generica la dizione del comma 3 dell’art. 16: "Le tecniche (sic) di produzione degli embrioni, tenuto conto dell’evoluzione tecnico-scientifica [...] devono tendere a creare il numero di embrioni strettamente necessari a un unico impianto, comunque non superiore a quattro". Infatti, com’è stato autorevolmente osservato, si tratta di una formula vaga puramente tendenziale, che, tra l’altro, non parla di crioconservazione.

Ci auguriamo che la Camera riesca a licenziare un testo normativo e che lo faccia al più presto. Esso però dovrà risolvere i punti controversi che abbiamo segnalato, ponendosi dalla parte del soggetto più debole e indifeso, cioè il nascituro, e non semplicemente rincorrendo unilateralmente le esigenze e i desideri, anche legittimi, dei coniugi. La prospettiva a cui guardare sempre nella difficile arte di legiferare è quella del futuro, e delle conseguenze che una decisione oggi può avere, per delinearlo in maniera più umana, senza quindi il primato della tecnica sull’etica.

Sui processi della procreazione.
Interventi sulla procreazione umana
Per "procreazione artificiale" o "fecondazione artificiale" si intendono qui le diverse procedure tecniche volte a ottenere un concepimento umano in maniera diversa dall'unione sessuale dell'uomo e della donna. l'istruzione tratta della fecondazione di un ovulo in provetta (fecondazione in vitro) e dell'inseminazione artificiale mediante trasferimento, nelle vie genitali della donna, dello sperma precedentemente raccolto.
Un punto preliminare per la valutazione morale di tali tecniche è costituito dalla considerazione delle circostanze e delle conseguenze che esse comportano in ordine al rispetto dovuto all'embrione umano.
L'affermarsi della pratica della fecondazione in vitro ha richiesto umani. ancora oggi, presuppone abitualmente una iperovulazione della donna: più ovuli sono prelevati, fecondati e poi coltivati in vitro per alcuni giorni. abitualmente non sono trasferiti tutti nelle vie genitali della donna; alcuni embrioni, chiamati solitamente "soprannumerari", vengono distrutti o congelati. fra gli embrioni impiantati talora alcuni sono sacrificati per diverse ragioni eugenetiche, economiche o psicologiche. tale distruzione volontaria di esseri umani o la loro utilizzazione a scopi diversi, a detrimento della loro integrità e della loro vita, è contraria alla dottrina già ricordata a proposito dell'aborto procurato.
Il rapporto tra fecondazione in vitro e eliminazione volontaria di embrioni umani si verifica troppo frequentemente. ciò è significativo: con questi procedimenti, dalle finalità apparentemente opposte, la vita e la morte vengono sottomesse alle decisioni dell'uomo, che viene così a costituirsi donatore di vita e di morte su comando. questa dinamica di violenza e di dominio può rimanere non avvertita da parte di quegli stessi che, volendola utilizzare, vi si assoggettano. i dati di fatto ricordati e la fredda logica che li collega, devono essere considerati per un giudizio morale sulla fivet (fecondazione in vitro e trasferimento dell'embrione): la mentalità abortiva che l'ha resa possibile, conduce così, lo si voglia o no, al dominio dell'uomo sulla vita e sulla morte dei suoi simili, che può portare ad un eugenismo radicale.
Tuttavia abusi del genere non esimono da una approfondita e ulteriore riflessione etica sulle tecniche di procreazione artificiale considerate in se stesse, astraendo, per quanto è possibile, dalla distruzione degli embrioni prodotti in vitro.
La presente istruzione prenderà in considerazione pertanto in primo luogo i problemi posti dalla fecondazione artificiale eterologa (II, 1-3), e successivamente quelli che sono collegati con la fecondazione artificiale omologa (II, 4-6).
Prima di formulare il giudizio etico su ciascuna di esse, saranno considerati i principi e i valori che determinano la valutazione morale di ciascuna di queste procedure: l'istruzione intende con la denominazione di fecondazione o procreazione artificiale eterologa le tecniche volte a ottenere artificialmente un concepimento umano a partire da gameti provenienti almeno da un donatore diverso dagli sposi, che sono uniti in matrimonio. tali tecniche possono essere di due tipi:
a) fivet eterologa: la tecnica volta a ottenere un concepimento umano attraverso l'incontro in vitro di gameti prelevati almeno da un donatore diverso dai due sposi uniti da matrimonio.
b) inseminazione artificiale eterologa: la tecnica volta a ottenere un concepimento umano attraverso il trasferimento nelle vie genitali della donna dello sperma precedentemente raccolto da un donatore diverso dal marito.
L'istruzione intende per fecondazione o procreazione artificiale omologa la tecnica volta a ottenere un concepimento umano a partire dai gameti di due sposi uniti in matrimonio. la fecondazione artificiale omologa può essere attuata con due diverse metodiche:
a) fivet omologa: la tecnica diretta a ottenere un concepimento umano mediante l'incontro in vitro dei gameti degli sposi uniti in matrimonio
b) inseminazione artificiale omologa: la tecnica diretta a ottenere un concepimento umano mediante il trasferimento, nelle vie genitali di una donna sposata, dello sperma precedentemente raccolto del marito.

a. Fecondazione artificiale eterologa
1. Perché la procreazione umana deve aver luogo nel matrimonio?
Ogni essere umano va accolto sempre come un dono e una benedizione di dio. tuttavia dal punto di vista morale una procreazione veramente responsabile nei confronti del nascituro deve essere il frutto del matrimonio.
La procreazione umana possiede infatti delle caratteristiche specifiche in virtù della dignità dei genitori e dei figli: la procreazione di una nuova persona, mediante la quale l'uomo e la donna collaborano con la potenza del reatore, dovrà essere il frutto e il segno della mutua donazione personale degli sposi, del loro amore e della loro fedeltà. la fedeltà degli sposi, nell'unità del matrimonio, comporta il reciproco rispetto del loro diritto a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro.

Il figlio ha diritto ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato nel matrimonio: è attraverso il riferimento sicuro e riconosciuto ai propri genitori che egli può scoprire la propria identità e maturare la propria formazione umana.
I genitori trovano nel figlio una conferma e un completamente della loro donazione reciproca: egli è l'immagine vivente del loro amore, il segno permanente della loro unione coniugale, la sintesi viva e indissolubile della loro dimensione paterna e materna.
In forza della vocazione e delle responsabilità sociali della persona, il bene dei figli e dei genitori contribuisce al bene della società civile; la vitalità e l'equilibrio della società richiedono che i figli vengano al mondo in seno a una famiglia e che questa sia stabilmente fondata sul matrimonio.
La tradizione della chiesa e la riflessione antropologica riconoscono nel matrimonio e nella sua unità indissolubile il solo luogo degno di una procreazione veramente responsabile.

2. La fecondazione artificiale eterologa è conforme alla dignità degli sposi e alla verità del matrimonio?
Nella fivet e nell'inseminazione artificiale eterologa il concepimento umano viene ottenuto mediante l'incontro di gameti di almeno un donatore diverso dagli sposi che sono uniti in matrimonio. la fecondazione artificiale eterologa è contraria all'unità del matrimonio, alla dignità degli sposi, alla vocazione propria dei genitori e al diritto del figlio ad essere concepito e messo al mondo nel matrimonio e dal matrimonio.
Il rispetto dell'unità del matrimonio e della fedeltà coniugale esige che il figlio sia concepito nel matrimonio; il legame esistente tra i coniugi attribuisce agli sposi, in maniera oggettiva e inalienabile, il diritto esclusivo a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro. il ricorso ai gameti di una terza persona, per avere a disposizione lo sperma o l'ovulo, costituisce una violazione dell'impegno reciproco degli sposi e una mancanza grave nei confronti di quella proprietà essenziale del matrimonio, che è la sua unità.
La fecondazione artificiale eterologa lede i diritti del figlio, lo priva della relazione filiale con le sue origini parentali e può ostacolare la maturazione della sua identità personale. essa costituisce inoltre una offesa alla vocazione comune degli sposi che sono chiamati alla paternità e maternità: priva oggettivamente la fecondità coniugale della sua unità e della sua integrità; opera e manifesta una rottura fra parentalità genetica, parentalità gestazionale e responsabilità educativa. tale alterazione delle relazioni personali all'interno della famiglia si ripercuote nella società civile.
Queste ragioni portano a un giudizio morale negativo sulla fecondazione artificiale eterologa: pertanto è moralmente illecita la fecondazione di una donna con lo sperma di un donatore diverso da suo marito e la fecondazione con lo sperma del marito di un ovulo che non proviene dalla sua sposa. inoltre la fecondazione artificiale di una donna non sposata, nubile o vedova, chiunque sia il donatore, non può essere moralmente giustificata.
Il desiderio di avere un figlio, l'amore tra gli sposi che aspirano a ovviare a una sterilità non altrimenti superabile, costituiscono motivazioni comprensibili; ma le intenzioni soggettivamente buone non rendono la fecondazione artificiale eterologa né conforme alle proprietà oggettive e inalienabili del matrimonio né rispettosa dei diritti del figlio e degli sposi.

3. La maternità "sostitutiva" è moralmente lecita?
Sotto la denominazione di "madre sostitutiva" l'istruzione intende comprendere:
a) la donna che porta in gestazione un embrione impiantato nel suo utero e che le è geneticamente estraneo, perché ottenuto mediante l'unione di gameti di "donatori", con l'impegno di consegnare il bambino una volta nato a chi ha commissionato o pattuito tale gestazione;
b) la donna che porta in gestazione un embrione alla cui procreazione ha concorso con il dono del proprio ovulo, fecondato mediante inseminazione con lo sperma di un uomo diverso da suo marito, con l'impegno di consegnare il figlio, una volta nato. a chi ha commissionato o pattuito la gestazione.]
No, per le medesime ragioni che portano a rifiutare la fecondazione artificiale eterologa: è contraria, infatti, all'unità del matrimonio e alla dignità della procreazione della persona umana.
La maternità sostitutiva rappresenta una mancanza oggettiva di fronte agli obblighi dell'amore materno, della fedeltà coniugale e della maternità responsabile; offende la dignità e il diritto del figlio ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato dai propri genitori; essa instaura, a detrimento delle famiglie, una divisione fra gli elementi fisici, psichici e morali che le costituiscono.

b. Fecondazione artificiale omologa
Dichiarata inaccettabile la fecondazione artificiale eterologa, ci si chiede come valutare moralmente i procedimenti di fecondazione artificiale omologa: fivet e inseminazione artificiale fra gli sposi. occorre chiarire preliminarmente una questione di principio.

4. Quale legame è richiesto dal punto di vista morale tra procreazione e atto coniugale?
a) l'insegnamento della chiesa sul matrimonio e sulla procreazione umana afferma la "connessione inscindibile, che dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo. infatti per la sua intima struttura, l'atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell'essere stesso dell'uomo e della donna". questo principio, fondato sulla natura del matrimonio e sull'intima connessione dei suoi beni, comporta delle conseguenze ben note sul piano della paternità e maternità responsabili. "salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l'atto coniugale conserva integralmente il senso del mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla paternità".
La medesima dottrina relativa al legame esistente fra i significati dell'atto coniugale e fra i beni del matrimonio chiarisce il problema morale della fecondazione artificiale omologa, poiché "non è mai permesso separare questi diversi aspetti al punto da escludere positivamente o l'intenzione procreativa o il rapporto coniugale".
La contraccezione priva intenzionalmente l'atto coniugale della sua apertura alla procreazione e opera in tal modo una dissociazione volontaria delle finalità del matrimonio. la fecondazione artificiale omologa, perseguendo una procreazione che non è frutto dì un atto specifico di unione coniugale, opera obiettivamente una separazione analoga tra i beni e i significati del matrimonio.
Pertanto la fecondazione è voluta lecitamente quando è il termine di un "atto coniugale per sé idoneo alla generazione della prole, al quale il matrimonio è ordinato per sua natura e per la quale i coniugi divengono una sola carne". ma la procreazione è privata dal punto di vista morale della sua perfezione propria quando non è voluta come il frutto dell'atto coniugale, e cioè del gesto specifico dell'unione degli sposi.

b) il valore morale dell'intimo legame esistente fra i beni del matrimonio e fra i significati dell'atto coniugale si fonda sull'unità dell'essere umano, unità risultante di corpo e anima spirituale. gli sposi si esprimono reciprocamente il loro amore personale nel "linguaggio del corpo", che comporta chiaramente "significati sponsali" e parentali insieme. l'atto coniugale, con il quale gli sposi si manifestano reciprocamente il dono di sé, esprime simultaneamente l'apertura al dono della vita: è un atto inscindibilmente corporale e spirituale. è nel loro corpo e per mezzo del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare padre e madre. per rispettare il linguaggio dei corpi e la loro naturale generosità, l'unione coniugale deve avvenire nel rispetto dell'apertura alla procreazione, e la procreazione di una persona deve essere il frutto e il termine dell'amore sponsale. l'origine dell'essere umano risulta così da una procreazione "legata all'unione non solamente biologica ma anche spirituale dei genitori uniti dal vincolo del matrimonio". una fecondazione ottenuta fuori del corpo degli sposi rimane per ciò stesso privata dei significati e dei valori che si esprimono nel linguaggio del corpo e nell'unione delle persone umane.

c) soltanto il rispetto del legame, che esiste fra i significati dell'atto coniugale, e il rispetto dell'unità dell'essere umano consente una procreazione conforme alla dignità della persona. nella sua origine unica e irripetibile il figlio dovrà essere rispettato e riconosciuto come uguale in dignità personale a coloro che gli donano la vita. la persona umana deve essere accolta nel gesto di unione e di amore dei suoi genitori; la generazione di un figlio dovrà perciò essere il frutto della donazione reciproca che si realizza nell'atto coniugale in cui gli sposi cooperano come servitori e non come padroni, all'opera dell'amore creatore.
L'origine di una persona umana è in realtà il risultato di una donazione. il concepito dovrà essere il frutto dell'amore dei suoi genitori. non può essere voluto né concepito come il prodotto di un intervento di tecniche mediche e biologiche: ciò equivarrebbe a ridurlo a diventare l'oggetto di una tecnologia scientifica. nessuno può sottoporre la venuta al mondo di un bambino a delle condizioni di efficienza tecnica valutabili secondo parametri di controllo e di dominio.
La rilevanza morale del legame esistente tra i significati dell'atto coniugale e tra i beni del matrimonio, l'unità dell'essere umano e la dignità della sua origine esigono che la procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto dell'atto coniugale specifico dell'amore fra gli sposi. il legame esistente fra procreazione e atto coniugale si rivela, perciò, di grande importanza sul piano antropologico e morale e chiarisce le posizioni del magistero a proposito della fecondazione omologa.

5. La fecondazione omologa in vitro è moralmente lecita?
La risposta a questa domanda è strettamente dipendente dai principi ora ricordati. non si possono certamente ignorare le legittime aspirazioni degli sposi sterili; per alcuni il ricorso alla fivet omologa appare come l'unico mezzo per ottenere un figlio sinceramente desiderato: ci si domanda se in queste soluzioni la globalità della vita coniugale non basti ad assicurare la dignità confacente alla procreazione umana. si riconosce che la fivet certamente non può supplire all'assenza dei rapporti coniugali e non può essere preferita, considerati i rischi che si possono verificare per il figlio e i disagi della procedura, agli atti specifici dell'unione coniugale. ma ci si chiede se nell'impossibilità di rimediare in altro modo alla sterilità, che è causa di sofferenza, la fecondazione omologa in vitro non possa costituire un aiuto, se non addirittura una terapia, per cui ne potrebbe essere ammessa la liceità morale.
Il desiderio di un figlio - o quanto meno la disponibilità a trasmettere la vita - è un requisito necessario dal punto di vista morale per una procreazione umana responsabile. ma questa intenzione buona non è sufficiente per dare una valutazione morale positiva della fecondazione in vitro tra gli sposi. il procedimento della fivet deve essere giudicato in se stesso, e non può mutuare la sua qualificazione morale definitiva né dall'insieme della vita coniugale nella quale esso si iscrive né dagli atti coniugali che possono precederlo o seguirlo.
E’ già stato ricordato come, nelle circostanze in cui è abitualmente praticata, la fivet implichi la distruzione di esseri umani, fatto questo che è contro la dottrina già richiamata sulla illiceità dell'aborto. ma anche nel caso in cui si mettesse in atto ogni cautela per evitare la morte degli embrioni umani, la fivet omologa, attua la dissociazione dei gesti che sono destinati alla fecondazione umana dall'atto coniugale. la natura propria della fivet omologa, pertanto, dovrà anche essere considerata astraendo dal legame con l'aborto procurato.
La fivet omologa è attuata al di fuori del corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e attività tecnica determinano il successo dell'intervento; essa affida la vita e l'identità dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. una siffatta relazione di dominio è in sé contraria alla dignità e all'uguaglianza che deve essere comune a genitori e figli.
Il concepimento in vitro è il risultato dell'azione tecnica che presiede alla fecondazione; essa non è né di fatto ottenuta né positivamente voluta come l'espressione e il frutto di un atto specifico dell'unione coniugale. nella fivet omologa, perciò, pur considerata nel contesto dei rapporti coniugali di fatto esistenti, la generazione della persona umana è oggettivamente privata della sua perfezione propria: quella di essere, cioè, il termine e il frutto di un atto coniugale in cui gli sposi possono farsi "cooperatori con dio per il dono della vita a una nuova persona ".
Queste ragioni permettono di comprendere perché l'atto di amore coniugale sia considerato nell'insegnamento della chiesa come l'unico luogo degno della procreazione umana. per le stesse ragioni il cosiddetto "caso semplice", cioè una procedura di fivet omologa, che sia purificata da ogni compromissione con la prassi abortiva della distruzione di embrioni e con la masturbazione, rimane una tecnica moralmente illecita perché priva la procreazione umana della dignità che le è propria e connaturale.
Certamente la fivet omologa non è gravata di tutta quella negatività etica che si riscontra nella procreazione extraconiugale; la famiglia e il matrimonio continuano a costituire l'ambito della nascita e dell'educazione dei figli. tuttavia, in conformità con la dottrina tradizionale relativa ai beni del matrimonio e alla dignità della persona, la chiesa rimane contraria, dal punto di vista morale, alla fecondazione omologa in vitro; questa è in se stessa illecita e contrastante con la dignità della procreazione e dell'unione coniugale, anche quando tutto sia messo in atto per evitare la morte dell'embrione umano.
Pur non potendo essere approvata la modalità con cui viene ottenuto il concepimento umano nella fivet, ogni bambino che viene al mondo dovrà comunque essere accolto come un dono vivente della bontà divina e dovrà essere educato con amore.

6. Coma valutare dal punto di vista morale l'inseminazione artificiale omologa?
L'inseminazione artificiale omologa all'interno del matrimonio non può essere ammessa, salvo il caso in cui il mezzo tecnico risulti non sostitutivo dell'atto coniugale, ma si configuri come una facilitazione e un aiuto affinché esso raggiunga il suo scopo naturale.
L'insegnamento del magistero a questo proposito è stato già esplicito: esso non è soltanto espressione di circostanze storiche particolari, ma si fonda sulla dottrina della chiesa in tema di connessione fra unione coniugale e procreazione, e sulla considerazione della natura personale dell'atto coniugale e della procreazione umana. "l'atto coniugale, nella sua struttura naturale, è un'azione personale, una cooperazione simultanea e immediata dei coniugi, la quale, per la stessa natura degli agenti e la proprietà dell'atto, è l'espressione del dono reciproco, che, secondo la parola della scrittura, effettua l'unione "in una carne sola"". pertanto la coscienza morale "non proscrive necessariamente l'uso di taluni mezzi artificiali destinati unicamente sia a facilitare l'atto naturale, sia a procurare il raggiungimento del proprio fine all'atto naturale normalmente compiuto". se il mezzo tecnico facilita l'atto coniugale o l'aiuta a raggiungere i suoi obiettivi naturali, può essere moralmente accettato. qualora, al contrario, l'intervento si sostituisca all'atto coniugale, esso è moralmente illecito.
L'inseminazione artificiale sostitutiva dell'atto coniugale è proibita in ragione della dissociazione volontariamente operata tra i due significati dell'atto coniugale. la masturbazione, mediante la quale viene normalmente procurato lo sperma, è un altro segno di tale dissociazione; anche quando è posto in vista della procreazione, il gesto rimane privo del suo significato unitivo: "gli manca… la relazione sessuale richiesta dall'ordine morale, quella che realizza, "in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana"".

7. Quale criterio morale proporre circa l'intervento del medico nella procreazione umana?
L'atto medico non deve essere valutato soltanto in rapporto alla sua dimensione tecnica, ma anche e soprattutto in relazione alla sua finalità, che è il bene delle persone e la loro salute corporea e psichica. i criteri morali per l'intervento medico nella procreazione si deducono dalla dignità delle persone umane, della loro sessualità e della loro origine.
La medicina che voglia essere ordinata al bene integrale della persona deve rispettare i valori specificamente umani della sessualità. il medico è al servizio delle persone e della procreazione umana: non ha facoltà di disporre né di decidere di esse. l'intervento medico è rispettoso della dignità delle persone quando mira ad aiutare l'atto coniugale sia per facilitarne il compimento sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto.
Al contrario, talvolta accade che l'intervento medico tecnicamente si sostituisca all'atto coniugale per ottenere una procreazione che non è né il suo risultato né il suo frutto: in questo caso l'atto medico non risulta, come dovrebbe, al servizio dell'unione coniugale, ma si appropria della funzione procreatrice e così contraddice alla dignità e ai diritti inalienabili degli sposi e del nascituro.
L'umanizzazione della medicina, che viene oggi insistentemente richiesta da tutti, esige il rispetto dell'integrale dignità della persona umana in primo luogo nell'atto e nel momento in cui gli sposi trasmettono la vita a una nuova persona. è logico pertanto rivolgere anche un pressante appello ai medici e ai ricercatori cattolici perché rendano una esemplare testimonianza del rispetto dovuto all'embrione umano e alla dignità della procreazione.
Il personale medico e curante degli ospedali e delle cliniche cattoliche è in modo speciale invitato a fare onore agli obblighi morali contratti, spesso anche a titolo di statuto. i responsabili di questi ospedali e cliniche cattoliche, che sono sovente religiosi, avranno cuore di assicurare e promuovere un'attenta osservanza delle norme morali richiamate nella presente istruzione.

8. La sofferenza per la sterilità coniugale
La sofferenza degli sposi che non possono avere figli o che temono di mettere al mondo un figlio handicappato, è una sofferenza che tutti debbono comprendere e adeguatamente valutare.
Da parte degli sposi il desiderio di un figlio è naturale: esprime la vocazione alla paternità e alla maternità inscritta nell'amore coniugale. Questo desiderio può essere ancora più forte se la coppia è affetta da sterilità che appaia incurabile. tuttavia il matrimonio non conferisce agli sposi il diritto di avere un figlio, ma soltanto il diritto di porre quegli atti naturali che di per sé sono ordinati alla procreazione.
Un vero e proprio diritto al figlio sarebbe contrario alla sua dignità e alla sua natura. il figlio non è un qualche cosa di dovuto e non può essere considerato come oggetto di proprietà: è piuttosto un dono, "il più grande" e il più gratuito del matrimonio, ed è testimonianza vivente della donazione reciproca dei suoi genitori. a questo titolo il figlio ha il diritto - come è stato ricordato - di essere il frutto dell'atto specifico dell'amore coniugale dei suoi genitori e ha anche il diritto a essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento.
Tuttavia la sterilità, qualunque ne sia la causa e la prognosi, è certamente una dura prova. la comunità dei credenti è chiamata a illuminare e sostenere la sofferenza di coloro che non possono realizzare una legittima aspirazione alla maternità e paternità. gli sposi che si trovano in queste dolorose situazioni sono chiamati a scoprire in esse l'occasione per una particolare partecipazione alla croce del signore, fonte di fecondità spirituale. Le coppie sterili non devono dimenticare che "anche quando la procreazione non è possibile, non per questo la vita coniugale perde il suo valore. La sterilità fisica infatti può essere occasione per gli sposi per rendere altri servizi importanti alla vita delle persone umane, quali ad esempio l'adozione, le varie forme di opere educative, l'aiuto ad altre famiglie, ai bambini poveri o handicappati".
Molti ricercatori si sono impegnati nella lotta contro la sterilità. salvaguardando pienamente la dignità della procreazione umana, alcuni sono arrivati a risultati che in precedenza sembravano irraggiungibili. gli uomini di scienza vanno quindi incoraggiati a proseguire nelle loro ricerche, allo scopo di prevenire le cause della sterilità e potervi rimediare, in modo che le coppie sterili possano riuscire a procreare nel rispetto della loro dignità personale e di quella del nascituro.

Valori e obblighi morali che la legislazione civile deve rispettare e sancire in questa materia.
Il diritto inviolabile alla vita di ogni individuo umano innocente, i diritti della famiglia, dell'istituzione matrimoniale costituiscono dei valori morali fondamentali, perché riguardano la condizione naturale e la vocazione integrale della persona umana, nello stesso tempo sono elementi costitutivi della società civile e del suo ordinamento. Per questo motivo le nuove possibilità tecnologiche, apertesi nel campo della biomedicina, richiedono l'intervento delle autorità politiche e del legislatore, perché un ricorso incontrollato a tali tecniche potrebbe condurre a conseguenze non prevedibili e dannose per la società civile. il riferimento alla coscienza di ciascuno e all'autoregolamentazione dei ricercatori non può essere sufficiente per il rispetto dei diritti personali e dell'ordine pubblico. Se il legislatore, responsabile del bene comune, mancasse di vigilare, potrebbe venire espropriato delle sue prerogative da parte di ricercatori che pretendessero di governare l'umanità in nome delle scoperte biologiche e dei presunti processi di "miglioramento" che ne deriverebbero. l'"eugenismo" e le discriminazioni fra gli esseri umani potrebbero trovarsi legittimate: ciò costituirebbe una violenza e un'offesa grave all'uguaglianza, alla dignità e ai diritti fondamentali della persona umana.
L'intervento dell'autorità politica si deve ispirare ai principi razionali che regolano i rapporti tra legge civile e legge morale. compito della legge civile è assicurare il bene comune delle persone attraverso il riconoscimento e la difesa dei diritti fondamentali, la promozione della pace e della pubblica moralità. in nessun ambito di vita la legge civile può sostituirsi alla coscienza né può dettare norme su ciò che esula dalla sua competenza; essa deve talvolta tollerare in vista dell'ordine pubblico ciò che non può proibire senza che ne derivi un danno più grave. tuttavia i diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine.

Fra tali diritti fondamentali bisogna a questo proposito ricordare:
1. Il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal momento del concepimento alla morte;
2. I diritti della famiglia e del matrimonio come istituzione e, in questo ambito, il diritto per il figlio a essere concepito, messo al mondo ed educato dai suoi genitori.

Su ciascuna di queste due tematiche occorre qui svolgere qualche considerazione ulteriore.
In diversi stati alcune leggi hanno autorizzato la soppressione diretta di innocenti: nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. quando lo stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno stato di diritto. l'autorità politica di conseguenza non può approvare che gli esseri umani siano chiamati all'esistenza mediante procedure tali da esporli ai gravissimi rischi sopra ricordati. il riconoscimento eventualmente accordato dalla legge positiva e dalle autorità politiche alle tecniche di trasmissione artificiale della vita e alle sperimentazioni connesse renderebbe più ampia la breccia aperta dalla legalizzazione dell'aborto.
Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno assicurati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti. la legge non potrà tollerare - anzi dovrà espressamente proibire - che degli esseri umani, sia pure allo stadio embrionale, siano trattati come oggetto di sperimentazione, mutilati o distrutti con il pretesto che risulterebbero superflui o incapaci di svilupparsi normalmente.
L'autorità politica è tenuta a garantire all'istituzione familiare, sulla quale la società si fonda, la protezione giuridica alla quale essa ha diritto. per il fatto stesso che è al servizio delle persone, l'autorità politica dovrà essere anche a servizio della famiglia. la legge civile non potrà accordare la sua garanzia a quelle tecniche di procreazione artificiale che sottraggono a beneficio di terze persone (medici, biologi, poteri economici o governativi) ciò che costituisce un diritto inerente alla relazione fra gli sposi e non potrà perciò legalizzare il dono di gameti tra persone che non siano legittimamente unite in matrimonio. la legislazione dovrà proibire inoltre, in forza del sostegno che è dovuto alla famiglia, le banche di embrioni, l'inseminazione post mortem e la "maternità sostitutiva".
Rientra nei doveri dell'autorità pubblica operare in modo che la legge civile sia regolata sulle norme fondamentali della legge morale in ciò che concerne i diritti dell'uomo, della vita umana e dell'istituzione familiare. gli uomini politici dovranno impegnarsi, attraverso il loro intervento sull'opinione pubblica, a ottenere su tali punti essenziali il consenso più vasto possibile nella società, e a consolidarlo laddove esso rischiasse di essere indebolito e di venir meno.
In molti paesi la legalizzazione dell'aborto e la tolleranza giuridica verso le coppie non sposate rendono più difficile ottenere il rispetto dei diritti fondamentali richiamati in questa istituzione. ci si augura che gli stati non si assumano la responsabilità di rendere ancora più gravi queste situazioni di ingiustizia socialmente dannose. al contrario, c'è da auspicare che le nazioni e gli stati prendano coscienza di tutte le implicazioni culturali, ideologiche e politiche connesse con le tecniche di procreazione artificiale e sappiano trovare la saggezza e il coraggio necessari per emanare leggi più giuste e rispettose della vita umana e dell'istituzione familiare. la legislazione civile di numerosi stati conferisce oggi agli occhi di molti una legittimazione indebita di certe pratiche; essa si dimostra incapace di garantire quella moralità, che è conforme alle esigenze naturali della persona umana e alle "leggi non scritte" impresse dal creatore nel cuore dell'uomo. tutti gli uomini di buona volontà devono impegnarsi, in particolare nell'ambito della loro professione e nell'esercizio dei loro diritti civili, perché siano riformate le leggi civili moralmente inaccettabili e corrette le pratiche illecite. inoltre deve essere sollevata e riconosciuta l'"obiezione di coscienza" di fronte a tali leggi. ancor più, comincia a imporsi con acutezza alla coscienza morale di molti, specialmente fra gli specialisti delle scienze biomediche, l'istanza per una resistenza passiva alla legittimazione di pratiche contrarie alla vita e alla dignità dell'uomo.

CONCLUSIONE
La diffusione delle tecnologie d'intervento sui processi della procreazione umana solleva gravissimi problemi morali in relazione al rispetto dovuto all'essere umano fin dal suo concepimento e alla dignità della persona, della sua sessualità e della trasmissione della vita.
Con questo documento, la congregazione per la dottrina della fede, adempiendo al suo compito di promuovere e tutelare l'insegnamento della chiesa in così grave materia, rivolge un nuovo accorato invito a tutti coloro che, in ragione del loro ruolo e del loro impegno, possono esercitare un influsso positivo perché, nella famiglia e nella società, sia accordato il dovuto rispetto alla vita e all'amore: ai responsabili della formazione delle coscienze e dell'opinione pubblica, ai cultori della scienza e ai professionisti della medicina, ai giuristi e agli uomini politici. essa auspica che tutti comprendano l'incompatibilità che sussiste tra il riconoscimento della dignità della persona umana e il disprezzo della vita e dell'amore, tra la fede nel dio vivente e la pretesa di voler decidere arbitrariamente dell'origine e della sorte di un essere umano.
In particolare la congregazione per la dottrina della fede rivolge un fiducioso invito e un incoraggiamento ai teologi e, in particolare, ai moralisti perché approfondiscano e rendano sempre più accessibili ai fedeli i contenuti dell'insegnamento del magistero della chiesa, alla luce di una valida antropologia in materia di sessualità e matrimonio nel contesto del necessario approccio interdisciplinare. si potranno così comprendere sempre meglio le ragioni e la validità di questo insegnamento: difendendo l'uomo contro gli eccessi del suo potere, la chiesa di dio gli ricorda i titoli della sua vera nobiltà; solo in tal modo si potrà assicurare all'umanità di domani la possibilità di vivere e di amare in quella dignità e libertà che derivano dal rispetto della verità. le precise indicazioni che vengono offerte nella presente istituzione non intendono quindi arrestare lo sforzo di riflessione, ma piuttosto favorire un rinnovato impulso, nella fedeltà irrinunciabile alla dottrina della chiesa.
Alla luce della verità sul dono della vita .umana e dei principi morali che ne conseguono, ciascuno è invitato ad agire, nell'ambito della responsabilità che gli è propria, come il buon samaritano e a riconoscere anche il più piccolo tra i figli degli uomini come suo prossimo (cf. lc 10, 29-37). la parola di cristo trova qui una risonanza nuova e particolare: "ciò che avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli lo avrete fatto a me" (mt 25, 40).

Il sommo pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell'udienza accordata al sottoscritto prefetto dopo la riunione plenaria di questa Congregazione, ha approvato la presente istruzione e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 22 febbraio 1987, festa della Cattedra di S. Pietro Apostolo.

Joseph card. Ratzinger - Prefetto

Alberto Bovone arc. tit. di cesarea di numidia – Segretario

Identità e statuto dell'embrione umano
dalla rivista Medicina e Morale, supplemento n.4 del 1989.

Collegio della pastorale per la famiglia. Centro di bioetica della Università Cattolica del S. Cuore.
Diretto da s.e. mons. Elio Sgreccia, segretario del pontificio

1. Il comitato direttivo del centro di bioetica della università cattolica ha già fatto conoscere con un precedente documento la propria posizione in tema di diagnosi prenatale (vedi "medicina e morale", la rivista ufficiale del centro, 1987/6).
Durante le sedute di studio del 1988 ha portato la propria riflessione pluridisciplinare sul tema dell'identità, dello statuto e della tutela morale e giuridica dell'embrione umano. questo tema infatti, autorevolmente delineato nella 1° parte della "istruzione su il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione" (donum vitae) del 22.2.1987, è tuttora alla base di molti dibattiti di bioetica, anche al di là di quello della interruzione volontaria della gravidanza: in realtà le implicazioni di alcune tecniche di procreazione artificiale, la sperimentazione sull'embrione e sul feto, il prelievo dai medesimi di cellule e tessuti ai fini dell'innesto o trapianto in altri soggetti, la diagnostica prenatale e le terapie in utero, pongono il problema della salvaguardia dell'embrione umano e richiedono un previo chiarimento su questo punto cruciale. per altro il dibattito culturale in atto in sedi e convegni qualificati e quello giuridico presso i parlamenti di molti paesi e nelle assemblee degli organismi internazionali, confermano l'attualità e l'urgenza del tema per le decisioni che stanno per essere prese sul piano della legge e del diritto. al di là di ogni opportunità storica, in se stesso questo argomento pone in questione l'autocomprensione dell'uomo, la responsabilità verso i nascituri e i diritti umani di eguaglianza e di non discriminazione, che sono riconosciuti sul piano internazionale per tutti gli individui umani. la riflessione dei componenti del comitato direttivo del centro ha voluto privilegiare gli aspetti: biologico, filosofico, giuridico, psicologico, etico e teologico.
Altri apporti possono essere offerti dalle scienze umane e storiche, ma ci è sembrato che i punti di vista assunti fossero quelli più rilevanti nel momento attuale del dibattito.
Il comitato direttivo ha deciso che il risultato delle riflessioni fosse condensato nel presente documento, anche per offrire occasione di dialogo e di approfondimento.

2. Ogni persona umana si può porre la domanda: quando io ho incominciato ad essere?
L'io umano ha come componente essenziale la sua "corporeità". perciò incomincia ad "essere" quando ha inizio il suo corpo. la prima domanda allora a cui si deve cercare una risposta è: quando ha avuto inizio il mio corpo? a questa domanda la biologia può dare una risposta fondamentale. se si cerca infatti questo tempo da un punto di vista esclusivamente fenomenologico in modo retrospettivo - percorrendo cioè a ritroso il cammino biologico fatto dal momento in cui mi pongo la domanda fino a quando è comparsa in questo universo la mia corporeità - e si tiene conto dell'inderogabile legge della formazione graduale dell'organismo acquisita oggi dalla scienza, viene spontaneo affermare che: il mio corpo è iniziato al momento della fusione dei gameti, uno del padre e uno della madre di cui sono figlio. questa osservazione, elementare se si vuole, ha costituito un fatto accettato nella sua verità essenziale da sempre, anche quando nulla si conosceva dell'embriologia e dei meccanismi della formazione di un nuovo essere umano. anzi si può affermare che proprio su questa comune osservazione fenomenologica, si basa, da parte di chi opera la fecondazione in vitro, la convinzione di dare un "figlio" ai genitori che lo hanno richiesto a partire dal momento stesso in cui produce lo zigote che verrà poi trasferito, allo stadio di 4 o 8 cellule, nell'utero materno dove verrà continuato il processo dello sviluppo corporeo.
Contro questa comune convinzione sono state sollevate obiezioni che sembrerebbero trovare un qualche appiglio in alcuni dati offerti dall'embriologia.
A noi sembra, invece, che le attuali conoscenze nel campo dell'embriologia e della genetica dello sviluppo dei mammiferi in generale e dell'uomo in particolare - necessariamente parziali e sempre soggette ad interpretazioni e verifiche - offrano una prova della elementare induzione ricavata dalla osservazione comune.
L'esigenza di brevità del documento ci costringe a indicare soltanto due ordini di dati dalla cui approfondita analisi emerge la nostra persuasione.
Il primo ordine di dati deriva dallo studio dello zigote e della sua formazione. da questi dati risulta che, durante il processo di fertilizzazione, appena l'ovulo e lo spermatozoo - due sistemi cellulari differentemente e teleologicamente programmati - interagiscono tra loro, immediatamente prende inizio un nuovo sistema, che ha due caratteristiche fondamentali.
a) il nuovo sistema non è una semplice somma dei due sottosistemi, ma un sistema combinato, il quale, a seguito della perdita da parte dei due sottosistemi della propria individuazione e autonomia, incomincia a operare come una "nuova unità", intrinsecamente determinata, poste tutte le condizioni necessarie, a raggiungere la sua specifica forma terminale. di qui la classica e ancora corrente terminologia di "embrione unicellulare" (onecell embryo).
b) il centro biologico o struttura coordinante di questa nuova unità è il "nuovo genoma" di cui l'embrione unicellulare è dotato; ossia quei complessi molecolari - visibilmente riconoscibili a livello citogenetico nei cromosomi - che contengono e conservano come in memoria un disegno-progetto ben definito, con la "informazione" essenziale e permanente per la graduale e autonoma realizzazione di tale progetto. e' questo "genoma" che identifica l'embrione unicellulare come biologicamente "umano" e ne specifica l'individualità, e' questo "genoma" che conferisce all'embrione enormi potenzialità morfogenetiche, che l'embrione stesso attuerà gradualmente durante tutto lo sviluppo attraverso una continua interazione con il suo ambiente sia cellulare che extracellulare, dai quali riceve segnali e materiali.
Il secondo ordine di dati deriva dall'esame dello sviluppo dell'embrione unicellulare: esame compiuto in modo ampio e approfondito in mammiferi da laboratorio, e pienamente estensibile all'embrione umano, non solo per analogia ma anche per molte conoscenze già acquisite. da quanto oggi è noto emerge già chiaramente che dall'embrione unicellulare, attraverso passi sequenziali - che portano alla determinazione di linee cellulari e alla differenziazione di tessuti, accompagnati e/o seguiti da attività morfogenetiche - si arriva alla formazione dell'organismo completo. e' importante sottolineare tre proprietà biologiche che caratterizzano questo processo di sviluppo.

I - Coordinazione. In tutto il processo dal formarsi dello zigote in poi, c'è un susseguirsi di attività molecolari e cellulari sotto la guida dell'informazione contenuta nel genoma e sotto controllo di segnali originati da interazioni che si moltiplicano incessantemente ad ogni livello, entro l'embrione stesso e fra questo e il suo ambiente. Precisamente da questa guida e da questo controllo deriva l'espressione rigorosamente coordinata di migliaia di geni strutturali che implica e conferisce una stretta unità all'organismo che si sviluppa nello spazio e nel tempo.
II - Continuità. Il "nuovo ciclo vitale" che inizia alla fertilizzazione procede - se le condizioni richieste sono soddisfatte - senza interruzione. i singoli eventi, per esempio: la replicazione cellulare, la determinazione cellulare,la differenziazione dei tessuti e la formazione degli organi, appaiono ovviamente successivi. Ma il processo in se stesso della formazione dell'organismo è continuo. E' sempre lo stesso individuo che va acquisendo la sua forma definitiva. se questo processo si interrompesse, a qualsiasi momento, si avrebbe la "morte" dell'individuo.
III - Gradualità. E' legge intrinseca al processo di formazione di un organismo pluricellulare che questo acquisisca la sua forma finale attraverso il passaggio di forme più semplici a forme sempre più complesse. Questa legge della gradualità dell'acquisizione della forma terminale implica che l'embrione, dallo stato di una cellula in poi, mantenga permanentemente la sua propria identità e individualità attraverso tutto il processo. Questi due ordini di dati, scientificamente esaminati, conducono ad un'unica conclusione, alla quale - in una logica biologica - non pare si possa sfuggire, cioè, che alla fusione dei gameti una "nuova cellula umana", dotata di una nuova struttura informazionale, incomincia a operare come una unità individuale tendente alla completa espressione della sua dotazione genetica, che si manifesta in una totalità costantemente e autonomamente organizzantesi fino alla formazione di un organismo umano completo. questa "nuova cellula umana" è quindi un "nuovo individuo umano" che inizia il "suo proprio ciclo vitale" e, date tutte le condizioni interne ed esterne sufficienti e necessarie, gradualmente si sviluppa attuando le sue immense potenzialità secondo una legge ontogenetica e un piano unificatore intrinseci.
Riteniamo perciò non consono a una corretta logica biologica fissare - come talvolta si insinua - il tempo di inizio dell'individuo umano al 15° giorno della fecondazione ossia quando è visibile la "stria primitiva" e non può più accadere una separazione gemellare; o all'8° settimana quando è evidente, sia pure in miniatura, la forma completa dell'organismo; o più avanti ancora quando è sufficientemente formata la corteccia cerebrale.
Pur nel rispetto dello sforzo compiuto nell'elaborazione di queste opinioni, teso alla ricerca della verità sull'inizio di un individuo umano, gli argomenti sui quali esse poggiano, accuratamente esaminati, non risultano tali da provare l'assunto o da invalidare la conclusione da noi qui prospettata.

3. La conclusione dedotta dai dati oggi disponibili della biologia è che l'embrione fin dalla fecondazione è un individuo umano che inizia il suo ciclo vitale.
La riflessione filosofica è chiamata a fornire un ulteriore approfondimento. assumendo il dato biologico in tutta la sua estensione, deve evidenziare il rapporto della conclusione biologica con il concetto di individuo umano inteso nella sua totalità, e, nello stesso tempo, spiegare la relazione che intercorre tra il periodo della vita embrionale e l'espandersi della personalità pienamente sviluppata.
Una simile riflessione consente di superare ogni dissociazione fra componente "biologica" e componente "sociopsicologica" della persona, e dunque fra l'aspetto "ontologico" e quello "fenomenologico" della persona stessa.
La prima acquisizione che la riflessione razionale ci offre è che l'embrione umano non è pura potenzialità, ma sostanza vivente ed individualizzata.
Certamente l'embrione umano è un essere nel quale, come tutte le sostanze viventi, il principio dello sviluppo e del mutamento è interno alla sostanza stessa. e' proprio questo principio interno che determina lo sviluppo dell'embrione, non invece quello di un essere esterno, per esempio quello della madre. e' allora equivoca e fuorviante l'espressione secondo cui l'embrione è un uomo in potenza: l'embrione è in potenza un bambino, o un adulto, o un vecchio, ma non è in potenza un individuo umano. questo lo è già in atto. l'ovulo, come lo spermatozoo, sono "in potenza" un individuo umano, ma solo se non si uniscono tra di loro l'ovulo resta ovulo e lo spermatozoo resta spermatozoo. invece lo zigote è già in atto un individuo umano, sviluppa un programma interno, suo proprio, il quale come programma è già completo, sufficiente, individualizzato e attivante se stesso, ovviamente date le condizioni necessarie allo sviluppo.
Pertanto prima della fecondazione lo spermatozoo e l'ovulo posseggono una mera possibilità di costituirsi in un sistema e un'entità unificata. lo zigote è invece un individuo dotato di vita propria, con una propria identità conferitagli da un unico principio sostanziale unificante.
E' ovvio che l'embrione ha bisogno per svilupparsi fisicamente e culturalmente dell'ambiente esterno, fisico e culturale, ma gli stimoli ambientali vengono da lui assimilati secondo la sua propria legge di sviluppo, esattamente come nel bambino e nell'adulto. il salto qualitativo, essenziale, avviene nel passaggio da due sostanze tra le quali esiste una mera relazione esterna (gameti) a una unica sostanza (zigote). questo passaggio avviene nella fecondazione, non prima e non dopo. solo nella fecondazione o concepimento inizia ad esistere ed esiste di fatto un uomo. l' "unità" sostanziale dello zigote rivela nel suo sviluppo una "continuità" sostanziale, proprio perché il principio dello sviluppo e del mutamento è interno alla sostanza stessa. non si possono concepire, pertanto, esistenze diverse e successive del medesimo embrione vivente. il che è pienamente conforme al dato esperienziale ed embriologico. il medesimo soggetto, sviluppandosi, mantiene in ogni fase successiva l'unità ontologica con la fase precedente, senza soluzioni di continuità.
Se questo è vero, si deve concludere sotto il profilo logico e razionale che ontologicamente c'è identità in tutto il percorso dello sviluppo di quella unica individualità che, una volta nata, viene da tutti riconosciuta in possesso della qualità e dignità di persona umana.
l'unità esistente durante tutto lo sviluppo dell'individuo umano, dalla fecondazione alla morte, non è semplicemente una continuità biologica, ma è unità di tutto l'essere, corporeo e spirituale, anche se la espansione e la maturazione dell'individuo si realizzano sia somaticamente che spiritualmente in modo progressivo. Di tale maturazione e del rapporto che esiste fra corporeità e spiritualità dell'unico soggetto non può essere rintracciato un inizio diverso da quello che segna l'avvio di una vita biologicamente individualizzata.
Il fatto che, dal punto di vista psicologico e sociale, la persona umana si realizzi come personalità in un lungo cammino di relazioni e di apporti culturali non toglie, anzi esige, che, dal punto di vista ontologico, l'individuo umano possegga ciò che consente il suo realizzarsi come personalità fin dall'inizio della vita embrionale e pertanto debba ottenere il rispetto dovuto alla persona.
Di conseguenza, dal punto di vista della realtà ontologica, la dignità di persona va riconosciuta e attribuita a ogni individuo umano fin dal momento della fecondazione. In questo senso, non si vede come possa sussistere un individuo umano che non sia perciò stesso anche persona.
Quando si parla comunemente di persona, si pensa spesso a un essere determinato e intelligente: una singolarità individuata in un corpo, in una tradizione storica e come tale unica, irripetibile; una soggettività che, proprio nella sua individuazione, è ad un tempo coscienza capace di dispiegarsi sull'universale e quindi sui valori, sui significati dell'esistente. insomma, la persona come autocoscienza, libertà "prospettiva di senso", come "sguardo sul mondo". si delinea, così, una visione che potremmo definire compiuta e matura dell'uomo. si è portati allora a chiedersi quale rapporto ci sia fra lo zigote e l'uomo che appare nella sua pienezza personale.
La risposta richiede di chiarire la nozione e il concetto di "fine". il fine di un ente è ciò per cui quell'ente esiste, incomincia ad esistere, si struttura nel suo sviluppo e matura nel suo compimento. Il fine è ciò che spiega l'esistenza di un determinato ente e ne svela il perché e il senso. questo, però, significa anche che il fine non sta semplicemente al termine, ma sta sin dall'inizio dello sviluppo di quell'essere come causa orientante. si può non ravvisare tale fine nella sua pienezza, ma non per questo si può escluderlo dalla realtà dell'inizio: se non fosse sin dall'inizio come orientante, non vi sarebbe alcuna possibilità di compiutezza e quell'essere non sarebbe né prima né dopo ciò che è.
Le stesse considerazioni si devono applicare al valore e alla dignità ontologici di questo essere. essi non sono un evento puramente conclusivo, ma investono la realtà in questione sin dal suo primo costituirsi: la connotano sin dall'inizio perché appartengono appunto al suo destino essenziale.
In conclusione lo studio di questi due aspetti, sia il ragionamento fondato sull'unità dello sviluppo dell'essere umano a partire dal momento della fecondazione - unità basata sul principio sostanziale unificante dello sviluppo stesso che esclude ogni antropologia di tipo dualistico - e sia la riflessione fondata sul concetto di fine o telos orientante della maturazione dell'essere umano, portano a concludere che l'inizio della vita individuale è nell'uomo inizio della sua vita personale.

4. Se si riconosce l'embrione umano come individuo umano, avente la qualità e dignità propria della persona umana, si deve conseguentemente riconoscere l'obbligo della sua protezione giuridica.
Il primo principio da applicarsi all'embrione umano è quello che riguarda il diritto fondamentale di ogni uomo alla vita e all'integrità fisica e genetica.
Sono così da estendere all'embrione umano le protezioni già riconosciute per i bambini, i malati, gli handicappati fisici e mentali.
Non si tratta tanto di configurare un diritto speciale, quanto di adeguare il diritto comune ad un caso particolare.
Pertanto, analogamente a ciò che vale per l'uomo nato, dovranno essere sanciti anzitutto il diritto dell'uomo nascituro alla vita e alla salute e il divieto, anche penalmente qualificato, di ogni intervento sull'embrione che non sia compiuto a beneficio complessivo dell'embrione stesso. come quella dell'uomo nato, la vita dell'embrione umano deve essere riconosciuta inviolabile e non strumentalizzabile ad alcun fine esterno, neppure alla ricerca sperimentale scientifica e medica, alla fornitura di cellule o tessuti per scopi farmacologici o di trapianto, alla produzione (clonaggio e chimere) di altri esseri umani.
Le legislazioni sull'interruzione volontaria della gravidanza, quantunque implicitamente riconoscano in astratto all'embrione dignità umana, di fatto hanno abdicato al dovere di assicurargli una protezione adeguata.
Un secondo principio, che deve ispirare una legislazione sulla nostra materia, è il principio della famiglia: si deve riconoscere e sancire per il concepito o per colui che s'intenda concepire, il diritto di venire all'esistenza nel contesto di un legame autentico di famiglia.

5. La stessa psicologia, in particolare quella a caratterizzazione sociale, fornisce interessanti osservazioni per capire i significati di cui è intessuto l'essere umano fin dal suo concepimento. l'embrione infatti non soltanto vive una vita ma è vissuto come soggetto da vite a lui preesistenti, in un intreccio di relazioni culturalmente segnate da valenze e significati soggettivi.
Si può così rilevare che l'embrione umano, prima ancora di nascere, di pensare e parlare, è già pensato ed è già espresso nel linguaggio - "è parlato" - come un soggetto significativo che appartiene al gruppo sociale. In questa prospettiva, appare evidente che la cultura stessa, in quanto caratteristica propria dell'uomo, coinvolge l'essere umano fin dal momento del suo concepimento.

6. Qual è il comportamento da assumere, sotto il profilo etico, nei riguardi dell'embrione umano?
E' questo l'interrogativo al quale la scienza etica è chiamata ad offrire una risposta criticamente elaborata e pertanto giustificata. nell'offrire la sua risposta la scienza etica, da un lato assume i risultati raggiunti dalle altre scienze umane - a cominciare dalla biologia -; dall'altro lato li considera secondo la sua "specialità" scientifica, e quindi con propri criteri di analisi e di valutazione.
Secondo le esigenze della razionalità umana (pertanto anche al di fuori della rivelazione, alla quale si riferisce la "teologia morale"), il comportamento da assumere nei riguardi dell'embrione umano deve dirsi morale solo se e nella misura in cui è conforme alla natura o identità propria dell'embrione umano nel senso di rispettarla e di non contraddirla mai. e poiché la "natura" o identità propria dell'embrione umano è quella di una persona umana, il comportamento nei riguardi dell'embrione umano è morale solo se e nella misura in cui considera e tratta l'embrione umano come una persona umana, come ogni altra persona umana.
E ancora: poiché l'embrione umano è persona umana dalla fecondazione, tale comportamento è da assumersi a partire dalla fecondazione stessa dell'embrione umano.
Questa conclusione fluisce in senso pienamente giustificato dalle acquisizioni di ordine scientifico e razionale sopra indicate.
Nonostante la solidità di tale conclusione, alcuni ritengono che l'embrione umano non sia sin dalla fecondazione persona umana. e' tuttavia di particolare importanza rilevare come la scienza etica nell'esigere il comportamento ora detto (considerare e trattare l'embrione umano come una persona umana, come ogni altra persona umana sin dalla sua fecondazione) non abbia bisogno di avere l'assoluta certezza che l'embrione umano sia sin dalla fecondazione persona umana, certezza che alcuni potrebbero negare o che di fatto negano. e' sufficiente il dubbio circa l'identità personale, frutto del concepimento, per essere moralmente obbligati ad assumere il comportamento più sicuro, che eviti pertanto qualsiasi pericolo o rischio nei riguardi della persona umana. La morale, infatti, esige che ci si astenga, non solo da un atto che sicuramente è male, ma anche da un atto che probabilmente potrebbe essere male.
In realtà, agire nel dubbio circa il fatto che nel frutto del concepimento c'è o non c'è una persona umana, significa esporsi al rischio di sopprimere un essere umano, il che si configura in se stesso come disordine morale.
Si può, alla luce di questo principio etico, comprendere perché la chiesa cattolica, mentre ha lasciato - e tuttora lascia - discutere sulla questione teorica dell'animazione spirituale (se immediata o ritardata), ha sempre chiaramente e fortemente sostenuto l'obbligo morale di comportarsi nei riguardi dell'embrione umano - e sin dal concepimento - come nei riguardi di una persona umana: la discussione è a livello teorico, non pratico. Per questo motivo nella "dichiarazione sull'aborto procurato" della congregazione per la dottrina della fede (18 novembre 1974) si legge: "del resto, non spetta alle scienze biologiche dare un giudizio decisivo su questioni propriamente filosofiche e morali, come quella del momento in cui si costituisce la persona umana e quella della legittimità dell'aborto. ora, dal punto di vista morale, questo è certo: anche se ci fosse un dubbio concernente il fatto che il frutto del concepimento sia già una persona umana, è oggettivamente un grave peccato osare di assumere il rischio di omicidio". "e' già uomo colui che lo sarà (tertulliano, apologeticum,ix,8)" (n.13).
Questa posizione viene ribadita dalla recente istruzione donum vitae: "il magistero non si è espressamente impegnato su un'affermazione d'indole filosofica, ma ribadisce in maniera costante la condanna morale di qualsiasi aborto procurato... pertanto il frutto della generazione umana dal primo momento della sua esistenza, e cioè a partire dal costituirsi dello zigote, esige il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto all'essere umano nella sua totalità corporale e spirituale. l'essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita" (i,1). siamo di fronte a un principio fondamentale e generale, dal quale la scienza etica ricava, all'insegna d'una rigorosa logicità, una serie di principi particolari. su due è necessario fermare l'attenzione: il primo riguarda l'intervento terapeutico, il secondo l'intervento sperimentativo.
Alle identiche condizioni di ogni altra persona umana e con una specifica attenzione alla situazione propria della vita embrionale/fetale, si deve ritenere lecito l'intervento finalizzato alla cura e alla guarigione, e prima ancora alla sopravvivenza individuale, dell'embrione umano. una simile liceità morale è condizionata non solo dalla finalità terapeutica ma anche dalla modalità concreta che l'intervento assume: da un lato, l'intervento deve rispettare la vita e l'integrità dell'embrione e non deve comportare per lui rischi sproporzionati, dall'altro lato l'intervento deve ottenere il consenso libero e informato dei genitori, secondo le regole deontologiche previste nel caso dei bambini. se l'intervento, invece, è sperimentativo (al di fuori di una sperimentazione chiaramente terapeutica), si deve distinguere il duplice caso dell'embrione ancora vivo e dell'embrione morto. indubbiamente e gravemente illecita è la sperimentazione sull'embrione vivo, sia esso viabile o non: per sua natura costituisce una "strumentalizzazione" dell'embrione umano a mò di "oggetto". "usare l'embrione umano, o il feto, come oggetto o strumento di sperimentazione rappresenta un delitto nei confronti della loro dignità di esseri umani che hanno diritto allo stesso rispetto dovuto al bambino già nato e ad ogni persona umana" (donum vitae, i,4). il caso, invece, dell'embrione o feto morto, volontariamente abortiti o non, è identico a quello di ogni altro essere umano morto: "in particolare non possono essere oggetto di mutilazione o autopsie se la loro morte non è stata accertata e senza il consenso dei genitori o della madre. inoltre va sempre fatta salva l'esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna con l'aborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo. anche nel caso di feti morti, come per i cadaveri di persone adulte, ogni pratica commerciale deve essere ritenuta illecita e deve essere proibita" (ibid.). la considerazione etica può svilupparsi non soltanto alla luce della ragione umana (etica naturale), come abbiamo esposto sopra, ma anche alla luce della rivelazione di dio e pertanto alla luce della fede (teologia morale). in chiave propriamente teologica ci sono alcune "verità" che più o meno direttamente illuminano in termini originali la duplice questione dell'identità umana e personale dell'embrione e del comportamento da assumere nei suoi riguardi.
La prima verità è quella della "signoria" di dio creatore e padre - una signoria che consiste nella "donazione" della vita - sulla vita umana: non si tratta soltanto della vita umana già nata, ma anche della vita umana ancora nel seno materno (cfr. ger 1,4-52 macc 7,22-23; gb 10,8-12; sal22,10-11; 71,6; l'intero salmo 139).
La seconda verità riguarda l'origine per creazione di ogni persona umana: "all'origine di ogni persona umana v'è un atto creativo di dio: nessun uomo viene all'esistenza per caso; egli è sempre il termine dell'amore creativo di dio" (Giovanni Paolo II, discorso del 17 settembre 1983). di qui la domanda inevitabile che ciascuno (ciascun "credente") può e deve porsi: quando dio mi ha creato? la risposta razionalmente valida non può che essere una sola: dio mi ha creato all'origine del mio essere, ossia nello stesso momento del mio concepimento, poiché non è possibile alcun attimo del mio esserci che non sia il termine dell'atto creativo di dio. in questo senso la tradizione cristiana, riproposta ancora una volta dal concilio vaticano II, presenta la "procreazione" ossia l'atto procreativo umano come una cooperazione con l'amore creativo di dio (cfr. gaudium et spes, n:50). la terza verità, che costituisce il vertice della rivelazione, riguarda il fatto dell'incarnazione del verbo: il figlio eterno di dio possiede la natura umana, la nostra stessa natura umana (cfr. gv 1,14). di nuovo sorge, inevitabile, la domanda: da quando il figlio eterno di dio possiede una natura umana? ed ancora non si dà altra risposta razionalmente valida che la seguente: dalla sua origine nel tempo, ossia con e dal concepimento nel seno della vergine madre di dio. Di particolare interesse per la riflessione teologica è il seguente passo della lettera agli ebrei: "per questo, entrando nel mondo, cristo dice: tu non hai voluto nè sacrificio nè offerta, un corpo invece mi hai preparato..." (ebr 10,5 ss)

22 giugno 1989
OVODONAZIONE
Confronto tra opinioni di pazienti infertili e non.

Una ricerca dei CECOS ITALIA.

Chelo E.,Fino E., Livi C.,Rizzo F.Factors motivating and deterring egg donation :a comparison between fertile and infertile women. (abs) Hum Reprod 1997 ;12 ,42-43.

L’ovodonazione è una pratica sempre più frequente anche in Italia, ma poco è stato studiato l’atteggiamento culturale nei confronti dell’ovodonazione e di alcuni aspetti ad essa correlati.
I mass media tendono ad enfatizzare gli aspetti più scandalistici ed estremi delle nuove tecnologie riproduttive ed anche sulle donazioni di gameti si è dato largo spazio a casi limite favorendo atteggiamenti di rifiuto e di presa di distanza.
La sterilità è un dolore nascosto, non molto condivisibile di cui sostanzialmente ci si vergogna e se è pur vero che oggi di sterilità si parla molto e altrettanto vero che tanto più se ne parla in termini estremi, tanto più è vissuta in solitudine dalle centinaia di migliaia di coppie che hanno il problema.
In questo contesto, l’ovodonazione è spesso vista come una tecnica per fare avere figli alle mamme nonne misconoscendo e sottovalutando tutti i problemi legati alla menopausa precoce.
Questo lavoro è il frutto di uno studio collaborativo a cui hanno partecipato i Centri Cecos Italia.
In questo studio abbiamo voluto mettere a confronto gli atteggiamenti verso l’ovodonazione di due gruppi di donne sovrapponibili per età, livello culturale :
il primo gruppo era rappresentato da 430 donne partners di coppie infertili, non richiedenti l’ovodonazione, frequentanti i centri CECOS di Milano, Firenze, Mestre e Napoli, il secondo di donne in età fertile frequentanti alcuni consultori familiari di Milano, provincia di Milano Firenze e Roma.
Un questionario semistrutturato è stato brevemente introdotto alle intervistate che lo hanno successivamente compilato e restituito anonimamente.
Il questionario tendeva a valutare la disponibilità ipotetica all’ovodonazione , e in ogni caso alle motivazioni in favore o contrarie. Veniva inoltre valutato l’atteggiamento nei confronti della segretezza rispetto a tale pratica.( E’ giusto o no comunicare al bambino la sua origine biologica ?).
Rispetto alla disponibilità all’ovodonazione le pazienti infertili si sono dimostrate molto più disponibili all’ovodonazione rispetto all’altro gruppo ; si dichiarano disponibili all’ovodonazione 231 pazienti infertili e cioè il 53% mentre nel secondo gruppo solo il 107 donne (il 27%) si dichiara teoricamente disponibile.
Tra i fattori incentivanti la solidarietà e l’altruismo sono tra il gruppo delle infertili i fattori che incidono oltre al 90 %. In questo gruppo solo il 3.8 ammette che il denaro potrebbe essere un fattore incentivante. Nel gruppo delle non infertili solidarietà e altruismo sono sempre i fattori preponderanti, ma quasi il trenta per cento ammette che il denaro potrebbe essere un incentivo che accompagna un generico senso di "far del bene".
Tra i fattori deterrenti l’ovodonazione vediamo come i problemi etici incidano in maniera maggiore nel gruppo di non infertili così come la paura delle procedure ( ovviamente le donne infertili sono più abituate alle manipolazioni sul proprio corpo. Il deterrente maggiore per le donne infertili appare essere la non tollerabilità all’idea di poter avere al mondo un figlio senza saperlo e magari di non riuscire mai ad averne uno proprio.
Vi è poi un’interessante differenza di atteggiamento rispetto al "segreto", infatti alla domanda : Ritenete sia giusto portare a conoscenza il bambino,quando avrà l’età adatta, la sua origine biologica ? Nel gruppo delle non infertili il 22% ritiene giusto comunicarlo mentre solo il 7 % delle infertili ritiene che ciò sia giusto o indispensabile . In un nostro precedente lavoro veniva evidenziato come dei 69 genitori di bambini tra i 5 e gli 8 anni nati tramite AID intervistati 67 non avevano comunicato e non avevano intenzione di comunicare al bambino la sua origine biologica.
In una nostra precedente ricerca questo dato emergeva chiaramente .Genitori di bambini tra i tre e gli 8 anni nati con inseminazione artificiale eterologa dichiaravano che non avevano comunicato e non intendevano comunicare al bambino la sua origine biologica.
Nel mondo anglosassone è molto vivace il dibattito sull’opportunità o meno di mantenere il "segreto" di una cessione di gameti e quindi della possibilità che l’identità dei donatori possa o debba diventare nota al bambino. Ricordiamo come anche nel dibattito che aveva preceduto l’elaborazione di alcune delle proposte di legge in materia di fecondazione assistita questo aspetto era stato preso in considerazione.
Conoscere le proprie origini biologiche è un diritto inalienabile della persona ?
Un breve escursus della letteratura evidenzia dati e realtà molto contrastanti.
D’altra parte se esiste un diritto alla conoscenza delle proprie origini biologiche non esiste forse anche un diritto alla privacy dei genitori come coppia o come singoli individui?
Il dato reale è che oggi la maggior parte delle coppie che hanno avuto figli tramite inseminazione con seme della "banca", o tramite ovociti donati non ha comunicato e non intende comunicare al bambino/a la sua origine biologica.
Forse la nostra cultura cattolica e mediterranea è più tollerante e abituata ai segreti rispetto alla cultura anglosassone, ma sicuramente questo aspetto della donazione di gameti è un argomento che necessita di maggior confronto e discussione.

PARERI DEL C.N.B. SULLE TECNICHE DI PROCREAZIONE ASSISTITA
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Comitato Nazionale per la Bioetica

Premessa
Il Comitato Nazionale per la Bioetica, derogando all'abitudine di rendere pubblici i soli documenti finali, comprensivi di raccomandazioni e suggerimenti, ha ritenuto opportuno, in attesa di una stesura completa, anticipare la parte di sintesi e conclusioni del documento sulle tecniche di riproduzione assistita, parte di cui è stato relatore il Prof. Paolo Cattorini. Il Comitato è stato a ciò indotto dall'intenso dibattito che si è sviluppato su tali problemi e che ha coinvolto in larga misura l'opinione pubblica. Talune pronunzie rese da giudici su singolari fattispecie enfatizzate dai media, recenti prese di posizione in campo scientifico ed etico, iniziative parlamentari assunte nella precedente Legislatura hanno reso urgente un parere inteso a chiarire i termini del problema e ad orientare il legislatore. L'anticipazione riveste un valore di indicazione sintetica mentre il parere articolato e completo, che il Comitato in breve tempo si accinge ad esprimere, favorirà una comprensione più approfondita dei vari orientamenti su un tema di indiscutibile importanza scientifica ed etica. Il problema della procreazione assistita investe infatti una complessa serie di questioni di carattere sociale, psicologico, giuridico ed etico che in modo più ampio e sistematico verranno riprese nel documento finale. La presente anticipazione contiene fra l'altro talune raccomandazioni sulla disciplina normativa dei centri di fecondazione assistita. Si tratta di indicazioni rese necessarie dalla constatazione di una proliferazione incontrollata dei centri, le quali si iscrivono, peraltro, nell'inderogabile esigenza che siano normativamente definiti e risolti i problemi pertinenti all'individuazione di funzioni, scopi e limiti di attività dei centri stessi. E' evidente che nell'ambito delle considerazioni di ordine tecnico-scientifico le differenze valutazioni dei Membri del Comitato non assumano particolare rilievo, mentre nel campo strettamente etico la pluralità, e a volte la contrapposizione, assume un valore altamente significativo.
Nel documento di sintesi l'unanime desiderio di fornire con sollecitudine un testo chiaro e unitario ha indotto ad attenuare il divario delle diverse visioni etiche, anche dove vengono proposte differenti soluzioni normative. Si avrà modo di far emergere le varie opzioni etiche nel documento finale, realizzando per ora l'intento di una posizione sufficientemente unitaria.
Con tale sintesi i Membri del Comitato hanno inteso chiarire e chiarirsi i punti di convergenza e quelli di dissenso, ma al tempo stesso si sono unanimamente impegnati a far emergere uno spirito di franco e tollerante confronto. Hanno, in definitiva, inteso confermare il metodo pluralista del rispetto reciproco di posizioni morali distinte.
Il parere unanime del Comitato Nazionale per la Bioetica è seguito da alcune motivazioni di adesione, espresse da alcuni membri.

Roma, 17 giugno 1994
Introduzione
Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha riflettuto a lungo e in maniera approfondita sui molteplici problemi connessi alle diverse opzioni tecnicamente possibili per l'induzione di una gravidanza in persone affette da infertilità o sterilità. Tali problemi non sono solo di natura tecnico-scientifica, ma abbracciano un più ampio spettro di campi disciplinari e di ambiti del vivere sociale: tra questi, sono rilevanti gli aspetti sociologici, psicologici, giuridici e, soprattutto, gli aspetti etici.
Il C.N.B. riconosce come in ciascuno di questi ambiti disciplinari, conformemente all'ampiezza e alla profondità del dibattito contemporaneo e della letteratura da esso generata, esiste un'ampia varietà di opinioni e di teorie contrastanti, che risultano almeno in parte non suscettibili di conciliazione.
Questa variabilità è stata riscontrata anche all'interno dello stesso Comitato. Ad un tale pluralismo di opinioni teoriche, soprattutto in campo morale, corrisponde peraltro un'effettiva frammentazione dell'ethos civile, che fatica ad organizzarsi attorno ad un nucleo di affermazioni comunemente condivise.
Il C.N.B. ritiene pertanto difficile, allo stato attuale, proporre delle soluzioni sistematiche, che affrontino in maniera dettagliata tutte le implicazioni delle tecniche di fecondazione artificiale: un simile tentativo rischierebbe di lasciare insoddisfatte la maggior parte delle esigenze. D'altro canto, si è fatta sempre più chiara e pressante, tra gli studiosi e nella società, la necessità di una qualche forma di regolamentazione di tali attività tecnico-scientifiche questa esigenza è motivata sia da alcuni episodi che sono apparsi come eccessi di sperimentalismo e come tali sono stati amplificati dai mezzi di comunicazione, sia da legittimo desiderio di pubblicizzazione e controllo sociale su un fenomeno che investe un aspetto costitutivo nella formazione stessa della società.
Le raccomandazioni che seguono, che dovrebbero ispirare un'azione legislativa aliena da ogni radicalismo, non costituiscono pertanto una trattazione completa e sistematica dell'intera problematica; rappresentano piuttosto un nucleo minimo attorno al quale può essere incentrata una normativa capace di conciliare l'esigenza di tutelare alcuni diritti/doveri fondamentali con un ragionevole spazio di opzionalità riservato alle decisioni individuali. Ciò naturalmente non esime il Comitato dall'impegno di verificare costantemente tali indicazioni alla luce di dati forniti dal progresso della ricerca in questo campo.
I membri del C.N.B. hanno posizioni etiche di fondo profondamente differenziate rispetto al significato della sessualità, dell'atto generativo e del ruolo della famiglia e dunque giustificano con ragioni diverse i contenuti del presente parere ed hanno opinioni non univoche in relazione a molti ulteriori aspetti, che non sono oggetto delle conclusioni qui riassunte.
Sui temi per i quali non vi è accordo, i componenti del Comitato si riservano di proseguire il dibattito e di esprimere successivi e differenziati pareri: confidano peraltro che i punti di consenso pregiuridico qui evidenti possano costituire una solida base per una legislazione che affronti almeno i più rilevanti problemi a tutt'oggi privi di regolamentazione nel nostro paese. Auspicano inoltre che, anche con opportune iniziative, il dibattito si estenda al di là delle istituzioni medico-scientifiche ed etico-giuridiche, per raggiungere in maniera adeguata l'opinione pubblica e coinvolgere la cultura diffusa della società su un argomento tanto rilevante quale l'intervento tecnico-scientifico sull'evento umano della procreazione.
Nel formulare queste raccomandazioni, il C.N.B. ha tenuto conto, oltre che dell'ampio e approfondito dibattito teorico sviluppatosi da diversi anni anche nel nostro paese, del quadro costituzionale e normativo in cui una legislazione sulla fecondazione artificiale verrebbe ad inserirsi, nonché di alcuni documenti internazionali, i cui principi impegnano l'azione legislativa del nostro Governo: in particolare, sono state considerate le Raccomandazioni 1046 (1986) e 1100 (1989) del Consiglio d'Europa, rispettivamente dedicate all'utilizzazione di embrioni e di feti umani a fini diagnostici, terapeutici, scientifici, industriali, e commerciali e alla ricerca scientifica su embrioni e feti umani. Sono state tenute presenti anche le Raccomandazioni doc. A 2-327/88 e doc. A 2-372/88 (1989) del Parlamento Europeo, rispettivamente dedicate ai problemi etici e giuridici della manipolazione genetica e alla fecondazione artificiale "in vivo" e "in vitro". Infine, sono state esaminate le legislazioni attualmente in vigore in altri paesi europei sulla procreazione assistita e i temi ad essa connessi.

Medicina e procreazione
1. Il C.N.B. richiama in primo luogo la pertinenza medica delle tecniche in oggetto, tecniche che richiedono tuttavia competenze complesse, idonee ad instaurare un'autentica comunicazione con le coppie, a comprendere al meglio i vissuti della scelta procreativa e ad offrire ad esse tutti i necessari supporti di ordine psicologico. Inoltre, mentre vede con favore lo sviluppo di tecnologie che contribuiscano ad alleviare le sofferenze connesse ad una sempre più ampia diffusione della sterilità, sottolinea ancor più fortemente la necessità di non tralasciare, anzi di incrementare senz'altro, le ricerche relative alle cause della sterilità e alla possibilità che queste siano prevenute ovvero rimosse. Tale ricerca appare quanto mai urgente, perché si renda evitabile il ricorso ad una eccessiva medicalizzazione dell'atto procreativo e si dia alla medicina la possibilità di svolgere anche un ruolo terapeutico in senso stretto, volto alla prevenzione e alla rimozione delle cause della sterilità.

Tutela dell'embrione umano
2. Il C.N.B. prende atto dell'esistenza di differenti posizioni in relazione al problema dell'inizio della vita umana; prende altresì atto che la legislazione vigente tutela la vita umana fin dal suo inizio; rileva peraltro che le indicazioni legislative non sono ritenute adeguate da alcuni membri del Comitato, i quali osservano come manchi una piena tutela dell'embrione umano fin dal concepimento, particolarmente in riferimento ai rischi connessi alle difficoltà di impianto nell'utero e all'elevato tasso di abortività nel contesto della fecondazione extra-corporea.
Anche la terminologia più adeguata per riferirsi alle prime fasi dello sviluppo della vita umana è oggetto di discussione all'interno del Comitato, non essendovi consenso tra chi adotta il solo termine "embrione" e chi ricorre alla dizione "pre-embrione" per indicare il prodotto del concepimento nello stadio precedente il completamento dell'impianto in utero. In questo documento, al fine di una più semplice comprensione, il C.N.B. adotta il termine "embrione" anche per indicare i primi stadi della vita umana.
2.1. In conseguenza di tale pluralismo di opinioni, il comitato dichiara di non aver raggiunto un accordo sulla valutazione morale delle tecniche di inseminazione artificiale eterologa, di fecondazione extracorporea e di crioconservazione degli embrioni umani.
Dichiara tuttavia di essere unanime: - nel proscrivere ogni pratica di procreazione assistita ispirata a pregiudizi razziali;
- nel raccomandare che sia stabilito il divieto di prelevare gameti o embrioni per destinarli a procreazione assistita senza il consenso esplicito dell'interessato;
- nel raccomandare che sia bandito ogni sfruttamento commerciale o industriale di gameti, embrioni e tessuti embrionali o fetali e che in proposito venga sancito il divieto di qualsiasi forma di compenso, di intermediazione e pubblicità;
- nel raccomandare che sia proibita la produzione di embrioni al solo scopo di farne oggetto di sperimentazione e ricerca, prescindendo cioè dall'obiettivo di ottenere una gravidanza;
- nel raccomandare che siano vietate: la scissione embrionata precoce, la clonazione e l'ectogenesi a fini procreativi; la produzione di ibridi o chimere e gli impianti interspecifici, sia a fini procreativi sia a fini di ricerca.
2.2 Sui restanti aspetti le opinioni dei membri del C.N.B. divergono notevolmente, per le ragioni espresse in dettaglio nel capitolo di questo documento dedicato all'embrione.
Un primo gruppo di membri ritiene che l'embrione umano vada trattato come persona sin dal concepimento e che pertanto abbia il diritto di essere posto nelle condizioni migliori per poter continuare il suo sviluppo dal momento in cui tale sviluppo sia iniziato. Condividono questa linea di tutela piena della vita embrionata sia quanti esprimono un radicale giudizio di illegittimità su tutte le tecniche di fecondazione artificiale, sia quanti ritengono accettabili tecniche di fecondazione in vitro omologhe che non comportino sprechi di embrioni.
Sul piano normativo, questi ultimi ritengono che si debbano introdurre limitazioni severe alle tecniche procreative e cioè almeno le seguenti:
- che gli embrioni umani siano sottratti ad ogni selezione e ad ogni forma di manipolazione genetica e di sperimentazione, salvo il caso in cui ciò avvenga a fini direttamente terapeutici, cioè vi sia un beneficio diretto per lo stesso embrione su cui si interviene;
- che le modalità di fecondazione siano tali che gli embrioni trasferiti in utero abbiano ciascuno le stesse possibilità di sopravvivenza che presumibilmente avrebbero con le modalità naturali di concepimento;
- che non siano fecondati più ovociti di quanti ne vengono effettivamente trasferiti in utero nel corso del medesimo ciclo. Un secondo gruppo di membri del C.N.B. ritiene che l'embrione umano pre-impiantatorio vada tutelato, anche se non nel modo pieno riservato alla persona umana.
Pertanto, ritiene necessario:
- controllare lo spreco di embrioni umani, determinando sia il numero massimo di embrioni da produrre sia il numero di embrioni trasferibili in utero in un singolo ciclo;
- elaborare standard omogenei per la ricerca: in quest'ottica auspica che, in analogia con quanto avvenuto in Gran Bretagna, si preveda l'istituzione da parte del Ministero della Sanità e della ricerca Scientifica, di una Commissione che valuti l'opportunità di eseguire alcune ricerche scientifiche di particolare valore su embrioni pre-impiantatori (nei primi 14 giorni di sviluppo).
Un ulteriore gruppo di membri esprime una posizione intermedia; pur non condividendo l'ipotesi che l'embrione umano vada trattato come persona sin dal concepimento, per ragioni diverse concorda sulla necessità di una rigorosa limitazione delle possibilità connesse alle tecniche procreative, limitazione per molti aspetti simile a quella espressa dal primo gruppo.

Maternità surrogata
3. Aderendo al principio di diritto comune che delegittima ogni forma di commercializzazione del corpo umano e con riferimento al bene del nascituro, alla sua situazione psicologica, a quella dei committenti e della madre portatrice, nonché al profondo legame affettivo che si instaura tra gestante e feto, il C.N.B. esprime una valutazione negativa sulla maternità surrogata. Più esattamente, alcuni la ritengono del tutto illecita dal punto di vista morale, in quanto attua una così grave scissione dell'atto generativo e una così profonda frammentazione della figura materna, da contraddirne il significato autentico. Altri la ritengono generalmente non auspicabile, per quanto non moralmente illecita in ogni circostanza, tenuto conto che essa può essere mossa al fine benefico della nascita di un nuovo essere umano e da motivazioni oblative. Inoltre, per ciò che concerne il caso in cui la madre sostituita sia persona di famiglia, alcuni membri ritengono che tale situazione susciti ulteriori motivi di contrarietà dal punto di vista etico, in quanto, a causa dei conflitti che essa solleva, viene sconvolto o quanto meno perturbato il sistema familiare. Altri invece non ritengono che, in ragione della novità della situazione, le conoscenze disponibili siano sufficienti a pervenire a conclusioni così nette. Oltre che sul piano dell'etica, la scelta della maternità surrogata appare problematica nei suoi risvolti pratici e giuridici: anche su di essi occorre richiamare esplicitamente
l'attenzione di tutte le persone che fossero propense ad adottare questa forma. Tenuto conto dei principi generali che governano il diritto di famiglia e quello della filiazione in particolare, il C.N.B. ritiene che il contratto di maternità surrogata vada ritenuto illecito e perciò privo di effetti e ininfluente sulla definizione dello status di figlio, al quale devono essere assicurate certezza e stabilità (si veda al punto 7). Con questi obiettivi sembrano coerenti le regole, già desumibili dal diritto vigente, secondo cui la maternità è stabilita dal parto e l'affidamento dei figli risponde al principio generale per il quale le decisioni che lo riguardano devono essere prese in considerazione del suo "prevalente interesse". Il C.N.B. ritiene infine che vada comunque penalmente sanzionata qualsiasi forma di intermediazione su base commerciale volte a rendere possibile o favorire l'accordo tra i soggetti interessati.

Criteri di accesso alla tecniche di procreazione assistita
4. Il bene del nascituro deve considerarsi il criterio di riferimento centrale per la valutazione delle diverse opzioni procreative. Tale criterio suggerisce che, in linea generale, la condizione migliore nella quale un figlio può nascere è quella di essere concepito e allevato da una coppia di adulti di diverso sesso, una coppia coniugata o almeno stabilmente legata da una comunità di vita e di amore: è altresì preferibile che tale coppia sia in età potenzialmente fertile, per quanto possa essere, per diversi motivi, affetta da infertilità. Principio fondamentale è inoltre che la nascita di un essere umano sia il frutto di un'esplicita assunzione di responsabilità - con rilevanza giuridica - da parte di chi chiede il ricorso alla procreazione assistita. Le istituzioni pubbliche devono perciò impegnarsi per responsabilizzare al massimo le persone che ricorrono alla procreazione assistita e per verificare la serietà dell'impegno che in tal modo assumono. In particolare devono preoccuparsi di salvaguardare quanto viene fissato nel successivo punto 7.
Pur convenendo sulla generale preferibilità del modello di coppia sopra menzionato, non tutti i membri del Comitato sono concordi nel trarne conseguenze più specifiche.
4.1. Esiste nel C.N.B. un significato consenso sul fatto che i criteri di ammissione a procedure di procreazione assistita non dovrebbero discostarsi in maniera sensibile da quelli relativi all'adozione e che pertanto dovrebbero almeno essere rifiutate:
a) l'ovodonazione e l'embriodonazione nel caso di donne in età non più fertile;
b) ogni forma di fecondazione artificiale richiesta da una coppia di persone dello stesso sesso;
c) la fecondazione artificiale richiesta da una donna sola;
d) la fecondazione artificiale attuata dopo la morte di uno dei due coniugi;
e) la fecondazione artificiale richiesta da coppie che non forniscono garanzie adeguate di stabilità.
4.2. Alcuni membri, pur ritenendo queste le limitazioni più urgenti, sostengono che, in nome del bene del nascituro e della stabilità dell'unione coniugale, debbano essere escluse tutte le forme di inseminazione e fecondazione artificiali che prevedano l'uso di gameti estranei alla coppia.
4.3. Altri membri, invece, non ritengono di potere escludere in assoluto - fino al punto di proporre sanzioni giuridiche in questo senso - diverse condizioni di nascita per gli esseri umani; ciò in ragione del fatto che, in una società nella quale convivono diverse concezioni etiche sulla nascita e la vita familiare, essi non considerano giustificate forme di divieto tassativo. Costoro ritengono invece che allo stato attuale:
a) si debba dar vita ad una moratoria per quanto riguarda le ovodonazioni a donne di età superiore a 51 anni; ciò in attesa che ci concludano le indagini attualmente in corso per verificare i possibili danni determinati dalla gravidanza sulla salute delle madri e dei figli nati;
b) per quanto riguarda le richieste provenienti da donne sole, si debba istituire una commissione che possa valutare la casistica e mettere a punto forme di regolamentazioni che - ove possibile - distinguano tra le diverse occorrenze di queste complesse situazioni e delineino precisi controlli.

Il problema della donazione di seme
5. Per ciò che concerne l'uso di donatori di seme, i membri del C.N.B. esprimono valutazioni morali contrastanti a proposito di tale pratica, corrispondentemente al giudizio formulato sulla liceità della fecondazione eterologa. Il C.N.B. ritiene comunque che, qualora la legge dovesse prevedere la possibilità di tali donatori, dovrebbero essere soddisfatte le condizioni previste dalla Sifes, tra le quali in particolare:
- che vengano eseguite indagini cliniche per accertare la buona qualità dei campioni;
- che i donatori non vengano in alcun modo retribuiti, fatto salvo il rimborso delle spese sostenute;
- che il seme del donatore non venga miscelato con quello del marito sterile;
- che i donatori abbiano un'età compressa tra i 18 e i 40 anni;
- che dopo la nascita di 5 figli in 5 differenti famiglie i donatori siano esclusi definitivamente;
- che non siano consentite selezioni del seme basate su caratteristiche di tipo socio-economico o professionale.
Infine, il C.N.B. dichiara di non essere concorde sul problema dell'anonimato del donatore, in quanto, mentre alcuni membri ritengono legittima tale pratica corrente, altri ritengono invece rilevante il diritto del nascituro di conoscere la verità circa la propria origine, anche per ragioni di ordine sanitario. Spetta al legislatore esprimere al riguardo.

Traduzione normativa
6. Il C.N.B. è unanime nel ritenere che non tutte le indicazioni etiche qui contenute debbano necessariamente ricevere una automatica traduzione giuridica, con esplicite sanzioni di tipo penalistico, salvo quelle che hanno per oggetto la tutela della persona (come quelli della vita e della salute). Spetta al legislatore individuare i limiti e i criteri in forza dei quali provvedere sanzioni giuridiche o limitarsi piuttosto a interventi atti a disincentivare determinate pratiche a livello sociale. Per quanto riguarda le forme più complesse di procreazione assistita, il C.N.B. ritiene opportuno istituire un osservatorio permanente che analizzi l'impatto sociologico e psicologico delle pratiche in oggetto e fornisca le sue conclusioni almeno ogni anno, rendendo così possibile una eventuale motivata revisione delle precedenti raccomandazioni normative in materia.
Diritti dei figli
7. L'interesse e i diritti dei figli nati con procreazione assistita devono comunque essere pienamente tutelati nei rapporti con i genitori e con la società. Essi hanno diritto ad uno status certo e incontrovertibile; hanno diritto alla piena cittadinanza e perciò a non subire in ragione delle circostanze della propria nascita discriminazioni nei rapporti giuridici e sociali; hanno inoltre diritto a parità con altri figli naturali e adottivi), al mantenimento, all'istruzione e all'educazione da parte dei genitori, ad essere allevati nell'ambito della propria famiglia.

Regolamentazione dei Centri per la procreazione assistita
8. Il Comitato afferma la necessità di rendere obbligatorio un registro nazionale di tutti i Centri e gli ambulatori per le pratiche di procreazione assistita; l'iscrizione a tale registro dovrebbe essere un adempimento necessario per la creazione e il funzionamento di ogni struttura, sia pubblica sia privata. Ogni Centro dovrebbe far pervenire ad un ufficio di coordinamento di questi servizi, istituito presso l'Istituto superiore di Sanità, una relazione periodica che illustri tutti gli aspetti delle sue attività, con dettagliate informazioni a proposito dei risultati ottenuti e delle ricerche intraprese. Tale trasparenza e pubblicità delle metodologie e dei risultati costituisce il presupposto irrinunciabile per un rapporto corretto tra operatori scientifici e società.
8.1. L'iscrizione al registro dei Centri e l'autorizzazione all'esercizio dovrebbero presupporre la verifica di un livello scientificamente adeguato dei servizi, sia per quanto attiene alle apparecchiature impiegate, sia per quanto riguarda la preparazione professionale del personale impiegato: quest'ultimo dovrà possedere una solida cultura non solo di tipo tecnico-scientifica in senso biologico, ma anche di ordine psico-sociale. Ciò consentirà di offrire una valida consultazione psicologica a quanti richiedono servizi al Centro. Il livello scientifico e la qualità dei servizi forniti dovranno essere sottoposti a periodica verifica. In questo senso dovrebbero essere opportunamente valorizzate anche le proposte di coordinamento già avanzate dall'Istituto Superiore di sanità, in collaborazione con la SIFES. Centri o professionisti che praticassero la procreazione artificiale senza specifica autorizzazione dovranno essere penalmente perseguiti a norma di legge.
8.2. Ogni Centro dovrebbe render noti i protocolli clinici sviluppati al suo interno e le modalità di procreazione assistita praticate. Ogni nuovo protocollo, ogni variazione nel protocollo standard e in ogni caso in cui la particolare situazione clinica o psicologica dei richiedenti presenti ulteriori problemi rispetto alla normale applicazione del protocollo, dovrebbero essere sottoposti al giudizio di un Comitato Etico, che per la sua composizione ed autonomia offra garanzie di indipendenza.
In analogia con quanto richiesto dalle Norme di buona pratica clinica (GCP), deve essere disponibile al pubblico una lista dei componenti tale Comitato, con le loro qualifiche operative, inclusi i tempi necessari per ottenere il parere etico.
8.3. Ogni Centro dovrebbe rendere pubblici i costi dei diversi interventi eseguiti, distinguendo gli eventuali contributi ricevuti dal Sistema Sanitario Nazionale e i costi, costantemente aggiornata, dovrebbe comparire nella relazione periodica.
9. Il C.N.B. richiama altresì la necessità che ogni Centro per la procreazione assistita svolga un'attiva opera di informazione e diffusione delle conoscenze in materia, delle diverse tecniche, dei rischi che esse comportano, delle obiezioni di diverso genere che sono state rivolte ad alcune di queste, dei risultati effettivamente raggiunti con le varie tecniche nello specifico Centro. Tale corpus di informazioni deve anche essere oggetto di una specifica, chiara e approfondita comunicazione rivolta a tutti coloro che fanno richiesta di trattamento e deve costituire oggetto di un consenso informato. Tale consenso, legittimazione e fondamento di ogni atto medico, è massimamente importante quando si svolgano procedure come queste, caratterizzate da notevole impegno e complessità e dalla costante incertezza dei risultati. Nell'ambito dell'opera di informazione, si devono offrire le opportunità di ricevere notizie adeguate circa le possibilità concrete di un'eventuale adozione, come alternativa non medicalizzata alla fecondazione artificiale.
10. Il C.N.B ritiene infine che vada salvaguardata l'omogeneità di criteri nell'uso delle procedure di procreazione assistita nei centri pubblici e privati; raccomanda pertanto che le osservazioni avanzate in questo parere vengano utilizzate al fine di regolamentare in maniera uniforme tutti i centri che svolgono attività in questo settore.

XII legislatura - Disegni e proposte di legge sulla fecondazione assistita

Senato della Repubblica "Norme sull'inseminazione artificiale, la fecondazione in vitro e il trasferimento di gameti ed embrioni". (Salvato, Bettoni, Brandani, Daniele Galdi, Fagni, Rocchi) A.S. 116 21 aprile 1994

"Regolamentazione della fecondazione assistita". (Pietra Lenzi, Casadei Monti, Corvino, Scaglioso, De Guidi) A.S. 1070 27 ottobre 1994

"Norme in materia di procreazione medicalmente assistita". (Mancino, Folloni, Delfino, Pinto, Lauria, Baccarini, Carpenedo, Borgia, Cecchi Gori, Costa, Gregorelli, Perlingieri, Coviello, Lavagnini, Ballesi, Castellani, Zanoletti, Zecchino) A.S. 1394 17 febbraio 1995

"Modifica all'articolo 235 del codice civile in tema di disconoscimento di paternità in relazione alla procreazione medico-assistita". (Bucciarelli, Bettoni, Pietra Lenzi, Rocchi, Salvato, Abramonte, Manieri, Senese, Russo, La Forgia, Pelella, D'Alessandro Prisco, Barbieri, Alberici, Pagano, Angeloni, Bruno Ganeri, Daniele Galdi) A.S. 1484 8 marzo 1995

"Norme in maniera di procreazione assistita". (Alberti Casellati) A.S. 1550 24 marzo 1995

E' stata presentata una proposta di inchiesta parlamentare: "Istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta sulla procreazione medico-assistita". (Bettoni, Bucciarelli, Pietra Lenzi, Salvato, Rocchi, Manieri, Abramonte, D'Alessandro, Prisco, Barbieri, Alberici, Pagano, Angeloni, Bruno Ganeri, Daniele Galdi, Pasquino, Pelella, Guerzoni, De Luca, Larizza, Pappalardo, Stefano, Torlontano, Valletta, Modolo, Carella, Falqui, Dionisi, Passigli) Doc. XXII 9

La Commissione ha il compito di acquisire tutti gli elementi conoscitivi relativi alle metodiche di PMA (procreazione medico-assistita) sia dal lato della domanda che dell'offerta da parte di tutti i centri pubblici e privati operanti nel settore al fine di:
a) individuare un nuovo quadro di "diritti e doveri" e gli opportuni strumenti istituzionali;
b) formulare ipotesi legislative da sottoporre alla discussione del Parlamento. La Commissione è composta da 21 senatrici e senatori nominati dal Presidende del Senato attraverso le designazioni dei gruppi parlamentari (rispettando il criterio della proporzionalità ed assicurando la presenza di almeno un rappresentante per ciascun gruppo) e deve ultimare i suoi lavori entro un anno dall'insediamento.
E' stata, inoltre, presentata una mozione a firma Bettoni, Pietra Lenzi, Bucciarelli, Di Orio, Petrucci, Torlontano, Valletta, che impegna il Governo:
1) a predisporre in tempi brevi, un provvedimento di legge contenente standard di qualità adeguati ed uniformi sul territorio nazionale per le strutture pubbliche e private operanti nel settore della PMA;
2) a rendere obbligatorio il registro nazionale di tutti i centri che praticano PMA;
3) a predisporre un Osservatorio permanente che analizzi l'impatto sociale e psicologico delle pratiche di procreazione assistita.
La mozione dei Progressisti è stata accolta e votata dalla commissione Sanità del Senato a larga maggioranza. E' diventata quindi una risoluzione autonoma della Commissione Igiene Sanità il 29 marzo 1995.

Camera dei Deputati
"Disciplina degli interventi medici sulla sterilità umana e per la procreazione artificiale". (Scalia) A.C. 56 5 aprile 1994

"Introduzione dell'articolo 235 bis del codice civile in tema di disconoscimento di paternità in caso di figli nati a seguito di fecondazione eterologa". (Mazzuca, Palumbo, Fuscagni, La Cerra, Melandri, Milio, Pozza Tasca, Castellaneta) A.C. 799 29 giugno 1994

"Norme in materia di inseminazione artificiale e di fecondazione in vitro". (Vincenzo Basile, Mussolini) A.C. 908 12 luglio 1994

"Norme sull'inseminazione artificiale, la fecondazione in vitro e il trasferimento dei gameti e degli embrioni". (Chiaromonte, Rinaldi, Beebe Tarantelli, Amici, Grignaffini, Bonfietti, Bracci Marinai, Commisso, Nardini, Pistone) A.C. 1043 27 luglio 1994

"Norme in materia di riproduzione assistita". (Melandri, Adornato, Bonfietti, Bonsanti, De Biase Gaiotti, De Julio, Evangelisti, Jotti, Mafai, Pecoraro Scanio, Pericu, Pezzoni, Ranieri, Rinaldi, Sbarbati, Scalia, Torre, Violante) A.C. 1124 3 agosto 1994

"Introduzione dell'articolo 235 bis del codice civile in tema di inseminazione artificiale". (Scoca, Giovanardi, casini) A.C. 1363 30 settembre 1994

"Norme in materia di strutture sanitarie e di procedure mediche per la cura della sterilità e dell'infertilità". (Mazzuca, Pozza Tasca) A.C. 1879 13 gennaio 1995

"Norme in materia di procreazione medicalmente assistita". (Fuscagni, Andreatta, Moioli Viganò, Polenta, Calvi, Gerbaudo, Jervolino Russo, Lia, Parisi, Rotondi) A.C. 1978 7 febbraio 1995
Sono state inoltre presentate due proposte di legge per l'istituzione del comitato di bioteca e un'altra che istituisce una commissione parlamentare d'inchiesta sulla bioetica.

"Istituzione del comitato nazionale di bioetica". (Melandri e Ugolini, Bolognesi, Grignaffini, Meluzzi, Parise) A.C. 1895 18 gennaio 1995
Per garantire un'equilibrata composizione del Comitato di Bioetica, i firmatari propongono una modifica delle disposizioni di nomina del Comitato, (attualmente la nomina è di competenza del Presidente del Consiglio dei Ministri), il quale deve essere nominato dai Presidenti delle Camere, sentite le Commissioni competenti. Il Comitato è composto di 36 membri e deve assicurare la presenza di esponenti delle principali correnti di pensiero del Paese, che rappresentino in modo equilibrato il pluralismo culturale e religioso.

"Istituzione del Comitato nazionale per la bioetica". (Mattioli, Procacci, Scalia, Canesi, Corleone, De Benetti, Galletti, Paisan, Pecoraro Scanio, Reale, Turroni) A.C. 1848 11 gennaio 1995
Propongono - sempre in relazione all'istituzione del Comitato di Bioetica - che il Presidente del Consiglio dei Ministri, con proprio decreto, nomini il Comitato, sentito il parere dei Ministri e delle commissioni competenti del Senato e della Camera. Il Comitato è composto di 36 membri di riconosciuta competenza che rappresentino in modo equilibrato il pluralismo culturale e religioso del Paese e con adeguata presenza delle donne.

"Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla bioetica". (Melandri e Meluzzi, Bolognesi, Grignaffini, Parisi, Provera, Rinaldi, Russo Jervolino, Ugolini) A.C. 2251 20 marzo 1995
La Commissione riferisce al Parlamento annualmente ed ogni volta che lo ritiene opportuno.
La Commissione è composta da 25 senatori e da 25 deputati, scelti, rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei Deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. Le spese gravano per metà sul bilancio del Senato, per l'altra metà su quello della Camera.
Nuova regolamentazione del disconoscimento di paternità Per superare la presunzione legale di paternità prevista dall'art. 231 del codice civile, il coniuge può appellarsi alle ipotesi contemplate nell'articolo 235 del codice civile: l'impossibilità di avere rapporti sessuali nel periodo di concepimento per mancata coabitazione, impotentia generandi, la possibilità che la moglie abbia commesso adulterio.
Tale disposizione non tiene conto, ovviamente, della possibilità di ricorrere a nuove tecniche di procreazione assistita.
Per evitare che il marito che abbia coscientemente ed inequivocabilmente autorizzato la moglie a sottoporsi all'inseminazione artificiale eterologa (con l'utilizzo del seme di una terza persona), necessaria proprio per superare la sua incapacità a generare ricorra all'articolo 235 del codice civile, sono stati presentati 4 disegni e proposte di legge, che vietano il disconoscimento di paternità a tutela dell'interesse del minore e della madre.
Anche nei progetti di legge più complessivi sulle TRA di quasi tutti gli altri presentatori/presentatrici è contenuta una norma che vieta il disconoscimento di paternità, una volta dato il consenso all'intervento.



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