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1. Introduzione
La Sociologia è la disciplina scientifica che, attraverso il ricorso a propri metodi di indagine e tecniche di ricerca, studia la società e la vita sociale, allo scopo di comprendere le leggi che sono alla base delle loro dinamiche e del loro mutamento.
Oggetto dello studio sociologico sono gli individui in quanto esseri sociali, interagenti cioè con altri individui, e quindi: le relazioni e le norme che stabiliscono (linguaggi, convenzioni, costumi, riti, leggi ecc.); gli aggregati e le strutture che creano (gruppi, famiglie, classi, istituzioni ecc.); i ruoli e i fenomeni che la relazione tra gli individui produce (status, poteri, conflitti ecc.).
L'indagine sociologica ha avuto tra i suoi primi oggetti di studio i fenomeni legati allo sviluppo industriale e all'urbanizzazione e ha legato la sua ricerca successiva soprattutto al tentativo di comprendere i mutamenti che si verificano all'interno delle società moderne. Molto genericamente, si potrebbe definire la sociologia la "scienza della modernità". Viene annoverata tra le scienze sociali – insieme con l'antropologia culturale, la psicologia, la storia, la geografia, l'economia, l'etologia, la scienza della politica ecc. – con cui condivide campi di studi e strumenti di ricerca.
2. Nascita della Sociologia
La sociologia come insieme di conoscenze sistematiche è una scienza di recente costituzione. Fu Auguste Comte a usare già nel 1824 (e poi di nuovo nel 1838, nel suo Corso di filosofia positiva) il termine "sociologia", in sostituzione dell'espressione "fisica sociale", precedentemente usata dallo stesso Comte. Per Comte, la nuova disciplina avrebbe dovuto scoprire le leggi fondamentali che governano le società, come le scienze fisiche avevano individuato le leggi naturali. Il filosofo inglese Herbert Spencer sviluppò ulteriormente la concezione originaria di Comte, assimilando la società a un organismo vivente. Padri della nuova scienza sono considerati anche altri filosofi dell'Ottocento, come Karl Marx e Saint-Simon, Alexis de Tocqueville e John Stuart Mill.
Parallelamente alla riflessione teorica, nel XIX secolo si andò sviluppando una ricerca empirica basata sugli studi statistici, che rese possibile un'analisi scientifica dei fenomeni sociali (l'Essai de statistique sociale di Adolphe Quételet è del 1835).
In Francia la sociologia venne riconosciuta disciplina accademica fra il 1880 e 1890. Emile Durkheim fu il primo a fondare una vera e propria scuola di pensiero sociologico e si batté perché alla nuova scienza fosse riconosciuta una sua specifica autonomia. Secondo uno dei principi fondamentali della teoria durkheimiana, esistono realtà indipendenti dalla volontà dei singoli individui, i fatti sociali, spiegabili solo considerando i fattori sociali che li determinano; un'applicazione esemplare di tale principio è costituita dall'analisi sociologica di un fenomeno apparentemente del tutto psicologico come il suicidio.
Uno sviluppo importante per la definizione della nuova scienza si ebbe in Germania, dove la sociologia fu riconosciuta come disciplina accademica agli inizi del Novecento e uno dei suoi maggiori esponenti fu Max Weber. Invece di emulare le scienze naturali (come accadeva in Francia e in Inghilterra), la sociologia tedesca, grazie a Weber, Georg Simmel e all'influenza di Wilhelm Dilthey e del marxismo, elaborò un nuovo metodo d'indagine. Oltre a spiegare i fenomeni dall'esterno, i sociologi tedeschi si imposero di comprenderli dall'interno, intuendo che la comprensione dell'azione sociale è imprescindibile dalla considerazione del soggetto che la compie e che ogni fatto sociale è un fatto a sé, dal quale non si ricavano regole generali. bmpharmacy.com
3. Orientamenti
All'interno della disciplina sociologica, nel corso del suo sviluppo si sono distinti vari orientamenti, di cui i principali sono il funzionalismo, la sociologia critica, la sociologia marxista, la sociologia neoweberiana, l'interazionismo simbolico. Il funzionalismo ritiene la società un sistema funzionale e adattativo, dove i comportamenti individuali e collettivi e le strutture sociali corrispondono alle esigenze di sopravvivenza della società. Questa concezione, presente già nell'opera di Saint-Simon e Comte, ha tra i suoi principali esponenti Durkheim, Talcott Parsons, Robert King Merton. L'approccio funzionalista, abbandonato per un lungo periodo di tempo, è stato ripreso negli anni Ottanta, soprattutto nell'opera di Niklas Luhmann.
In contrapposizione al funzionalismo, si sono sviluppati orientamenti che hanno posto al centro della ricerca sociologica il conflitto sociale. Queste teorie del conflitto vedono la società come il luogo condizionato e modificato dalla contrapposizione tra le parti che lo costituiscono e modellato secondo le proprie esigenze dalla parte che ne detiene il controllo. Il filone delle teorie del conflitto è molto articolato al suo interno. La sociologia marxista privilegia l'indagine delle classi, della divisione del lavoro, dell'alienazione, dell'ideologia, degli apparati istituzionali. La sociologia critica – rappresentata principalmente da Robert S. Lynd, Charles Wright Mills e dalla scuola di Francoforte – indirizza i suoi studi ai problemi delle società industriali e a tematiche quali l'alienazione, la marginalità, la devianza.
Per la sociologia neoweberiana le origini del conflitto sociale non sono riconducibili all'ineguale ripartizione delle ricchezze, bensì alla divisione prodotta dalla conoscenza, oppure dall'autorità, detenuta, per Ralf Dahrendorf, dai dirigenti non proprietari.
L'interazionismo simbolico si sviluppa a partire dall'opera del filosofo statunitense George Herbert Mead, che pone al centro della sua riflessione l'interazione sociale come luogo in cui le persone formano le proprie strutture mentali e la loro identità (ad esempio l'identità del bambino che si forma soprattutto nell'interazione con la madre). Questo filone, che deve il suo nome a Herbert Blumer, è caratterizzato dall'attenzione per la psicologia sociale e per gli aspetti microsociologici del comportamento umano; uno dei suoi maggiori esponenti è Erwing Goffman.
4. Compiti della Sociologia e campi di ricerca
Dopo gli anni Sessanta la sociologia ha avuto un grande sviluppo, diventando una delle principali discipline all'interno delle scienze sociali. La sociologia "storica" analizza le trasformazioni sociali esplorando i rapporti fra istituzioni (come l'economia, lo stato, la famiglia, la religione) e gli individui. La sociologia "empirica", attraverso ricerche sul campo, ha fornito dati, esempi e modelli per la teoria sociologica, perfezionando i metodi e le tecniche di indagine. La sociologia "applicata" ha invece elaborato proposte e soluzioni in grado di fornire una risposta istituzionale ai problemi sociali (ad esempio adeguando le politiche sociali di prevenzione o di assistenza).
Uno dei più antichi settori interdisciplinari fra la sociologia e altre discipline è la psicologia sociale, campo di indagine sia di sociologi sia di psicologi. I primi hanno analizzato soprattutto le relazioni che intercorrono fra i gruppi sociali e i ruoli, le norme e le istituzioni presenti nella comunità. Gli psicologi sociali, invece, hanno rivolto la propria attenzione alle dinamiche interne ai gruppi (la condivisione di valori e atteggiamenti, la formazione e la funzione del leader ecc.) e all'ingerenza delle istituzioni sociali sulla personalità dei membri del gruppo. In anni recenti si è sviluppato un fecondo rapporto tra sociologi e storici, che fanno un uso sempre più frequente di concetti sociologici. L'incontro fra le due discipline è particolarmente evidente nella demografia, nella storia sociale, nello studio delle trasformazioni economiche e politiche.
5. Metodi di ricerca
I sociologi impiegano generalmente metodi di ricerca in uso nelle scienze sociali. Nella "raccolta delle informazioni" essi utilizzano interviste individuali o di gruppo, l'"osservazione" diretta dei soggetti studiati, l'uso di "testimoni privilegiati", la raccolta di documenti personali (lettere e altri scritti, cartelle cliniche, rapporti istituzionali ecc.), la registrazione di conversazioni, l'uso di simulazioni.
Uno degli studiosi che ribadì l'importanza dell'osservazione diretta fu il sociologo canadese Erving Goffman, il quale, durante le sue ricerche in campo psichiatrico, visse negli anni Cinquanta per diversi mesi a contatto con malati mentali rinchiusi nei manicomi statunitensi.
I sociologi utilizzano per i loro studi anche "fonti secondarie", cioè informazioni e dati non raccolti direttamente da loro, come statistiche demografiche, censimenti, relazioni amministrative, informazioni elaborate dalle associazioni imprenditoriali sull'andamento economico e sui consumi, dati provenienti dagli uffici ministeriali sulla disoccupazione, l'immigrazione ecc.
Il modello sociologico dominante è andato modificandosi nel corso dei decenni. Negli anni Venti era rappresentato dalla scuola di Chicago, che svolgeva le proprie ricerche utilizzando i metodi dell'intervista, dell'"osservazione partecipante", dell'analisi dei documenti; dal momento che i dati non venivano elaborati con tecniche statistiche, l'approccio di questi studiosi fu successivamente definito "qualitativo". Fra gli anni Quaranta e Cinquanta, con l'avvento dei sondaggi d'opinione (polls) e delle inchieste sociali (surveys), vennero usati strumenti e tecniche statistiche per elaborare i dati. Queste nuove procedure vennero definite "quantitative".
Sebbene i sondaggi e le inchieste siano oggi un importante strumento della ricerca sociale, alcuni studiosi ritengono che per alcuni campi di ricerca siano più adatti i metodi basati sull'osservazione diretta e l'intervista. Altri studiosi ritengono che l'estrema facilità con cui oggi si possono elaborare i dati abbia danneggiato l'attendibilità e la validità dei risultati ottenuti attraverso i sondaggi.
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