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Il concetto di globalizzazione non è così recente: anche gli antichi, infatti, sentivano la necessità di ampliare i propri contatti commerciali, ma la prima vera economia globale è stata quella Europea, che è differente da quelle del resto del mondo. Il termine globalizzazione non deve essere scambiato con quello di “internazionalizzazione”. Perché se il primo è un concetto più ampio e preciso che indica quel fenomeno in grado di racchiudere e di controllare le economie mondiali secondo un unico modello, il secondo è molto meno esauriente e definisce l’espansione di un’economia solo al di là dello stato geografico di produzione e di partenza. L’aspetto politico è uno dei fattori che hanno contribuito a fare dell’occidente il punto di riferimento. Infatti, la presenza degli stati indipendenti con colonie oltre Oceano, l’economia interna tra tali stati, l’organizzazione del lavoro furono presupposti importanti per il dominio di tale modello, si pensi ad esempio all’ONU, o al G8. L’economia globale è dunque globalità di produzione, di commercio, scambio e consumo.
I paesi meno sviluppati fanno parte dello stato nazione e hanno il compito di lavorare i prodotti introdotti dalle transnazionali, perché la manodopera è molto meno esosa in tali zone. L’unico problema che qui si pone, è il riuscire a portare tutti questi paesi agli stessi livelli. Tuttavia sono presenti enormi disparità, per esempio: l’Africa appare presente nel sistema solo come fornitrice di materie prime, l’America latina non riesce a prendere esempio dagli Stati Uniti, cosa che alcuni paesi satelliti dell’Est asiatico sono riusciti ad attuare, imitando il Giappone.
Insomma, quest’ultimo scorcio di secolo è caratterizzato da una costante, progressiva ed ormai inarrestabile accelerazione dei processi tecnologici e scientifici che interessano in modo particolare i paesi più industrializzati ma che coinvolgono, paradossalmente, anche le nazioni del terzo e del quarto mondo, considerando che il baratro esistente fra i popoli ricchi e popoli poveri, anziché colmarsi, diventa sempre più profondo.
L’uomo comune delle nazioni cosiddette evolute vive ormai completamente immerso in una civiltà che negli ultimi cinquant’anni ha registrato un incredibile progresso, paragonabile a quello avutosi in almeno due secoli di storia, prendendo come punto iniziale di riferimento il processo di industrializzazione.
Il mondo contemporaneo è, dunque, sempre più unito non solo grazie ai prodigi tecnico-scientifici ma anche per comunanza di destini e di speranze che caratterizzano il grande ingresso nel terzo millennio.
Con esemplare sinteticità gli Americani hanno definito il nostro mondo “The Global Village”, ovvero il Villaggio Globale, nel quale qualsiasi evento importante accada in qualunque angolo del mondo ha quasi immediate e dirette ripercussioni dappertutto e sotto numerosi aspetti, grazie alle eccezionali applicazioni pratiche delle meraviglie telematiche che annullano il tempo e lo spazio unificando e comprimendo i contenuti stessi dell’essere e del conoscere in un “presente continuo” che affascina e nel contempo impaurisce.
Le “Borse”, cioè quei luoghi deputati alla contrattazione dei titoli e delle merci, sono per così dire i “termometri” degli avvenimenti internazionali, una delle più efficaci casse di risonanza del mutare degli equilibri politico-economici mondiali, e la prova si può riscontrare immediatamente tramite quello che accadde l’11 settembre scorso, quando la città di New York e il mondo intero venne ferito al cuore con quell’attentato che fece crollare il simbolo dell’economia della metropoli e che fece migliaia di vittime, tutt’ora si sta pagando questa tragedia nei vari settori economico finanziari ma non solo.
Colpi di Stato, interventi armati delle superpotenze negli scacchieri politici più “caldi”, come ad esempio quello Americano in Afghanistan nella guerra contro il terrorismo, decisioni internazionali a livello economico come quelle espresse dal G8 durante il vertice svolto a Genova, rappresentano quindi solo alcuni dei più caratteristici eventi che scuotono alle fondamenta le Borse mondiali determinando l’incremento o il deprezzamento delle quotazioni di titoli e merci, e provocando la fortuna o la rovina di potenti investitori e di normali risparmiatori.
Il processo di Globalizzazione dell'economia ed il dilagare del "libero mercato" imposto è governato dal W.T.O. (World Trade Organization o Organizzazione Mondiale per il Commercio) e dal F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale), attraverso il condizionamento delle politiche economiche e di bilancio dei governi, oltre ad accrescere sempre più il divario tra ricchi e poveri, tra nord e sud, di fatto limita la sovranità nazionale dei singoli stati e con essa, la stessa democrazia.
La Globalizzazione, nel suo insieme va avanti soprattutto grazie alla tecnologia, questa spinge il mondo verso modelli sempre più uniformi e convergenti. Questa forza ha reso accessibili a tutti le comunicazioni, i trasporti, i viaggi. Essa ha fatto sì che anche nei luoghi più isolati e fra le popolazioni più povere sia finito il richiamo del mondo moderno. Praticamente ogni uomo della terra desidera tutte le cose di cui ha sentito parlare o che ha potuto vedere o sperimentare grazie alle nuove tecnologie. Da tutto ciò nasce una nuova realtà commerciale e cioè l'emergere dei mercati globali per i prodotti di consumo standardizzati di dimensioni inimmaginabili in precedenza. Quindi, la globalizzazione è un fenomeno di omogeneizzazione degli stili di vita e dei gusti dei consumatori dovuto all'eccezionale sviluppo tecnologico e in particolare a quello dei sistemi di comunicazione ma la falla più abnorme si riscontra sempre in quei paesi meno sviluppati, quei paesi che possiedo un sovraccarico di debiti nei confronti dei paesi ultra sviluppati e ultra industrializzati.
Proprio questo fu il comunicato finale dei G8 in merito alla cancellazione del debito dei paesi impoveriti, ovvero: sdebitarsi! Con l’incontro dei G8 a Genova, il tema centrale fu proprio quello del “debito” accomunato a quello della “globalizzazione”, ma questi non hanno proposto nuove misure per affrontare questa crisi. Il piano resta sempre lo stesso ma richiede tempo, anni, se non addirittura decenni. E intanto questi paesi continuano a pagare circa 2 miliardi di dollari ai loro creditori e spendono in media più per debito che per il sistema sanitario. I fondi messi a disposizione per l’emergenza sanitaria corrispondono alle risorse che i paesi indebitati spendono in poche settimane a causa del debito.
Alla fine di quanto già detto, personalmente, la globalizzazione può portare di per se a due strade contemporaneamente, una positiva ed una negativa. Non è da ignorare l’enorme passo che si cerca di portare a termine, l’economia, la tecnologia, i vari settori che pregiudicano il benessere di una nazione andrebbero a migliorarsi e a svilupparsi enormemente ma d’altro canto, penso che questo processo possa portare ad una limitazione della libertà e della stessa democrazia di quei paesi meno sviluppati che si vedono letteralmente “invasi” dalla globalizzazione, anche se agevolati con la riduzione o addirittura cancellazione del debito estero. Nonostante ciò il processo è lungo e tortuoso e penso che in futuro si riesca ad equilibrare tutti gli aspetti e a permettere che i paesi sottosviluppati possano non solo partecipare alla globalizzazione come “materia prima” ma partecipare attivamente anche come produttore indispensabile per la riuscita del bene unico e mondiale. cheapodrugs.com |