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- Appunti : : : Leonardo Da Vinci

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Il periodo fiorentino: apprendistato e inizi (1472-1481)
Leonardo di Ser Piero da Vinci, figlio illegittimo di un notaio, compie i primi passi della sua carriera nella bottega del pittore e scultore Andrea del Verrocchio. Nonostante nelle sue riflessioni teoriche mostri una decisa avversione per la scultura, è probabile che in questi anni di apprendistato Leonardo ponga mano ad alcune sculture della bottega verrocchiesca. In alcuni dipinti e disegni che Leonardo realizza nei primi anni fiorentini l’influenza del modellato del maestro è ben identificabile. Leonardo assume ben presto una posizione preminente tra i lavoranti dell’ampia bottega; la sua mano è individuabile con sicurezza nell’angelo a sinistra del Battesimo di Cristo (1472 circa) e nel paesaggio della stessa pala.
Quello del paesaggio è un tema che con il tempo acquista un’importanza fondamentale nell’opera di Leonardo: ad esso l’artista dedica grande attenzione sin dai primissimi anni, come dimostra il disegno che rappresenta la Veduta della valle dell’Arno, datato 1473. In questo disegno si trova già la delicata e attentissima resa pittorica degli effetti atmosferici che diviene in seguito una delle maggiori conquiste del Leonardo pittore. Durante gli anni fiorentini Leonardo perfeziona i suoi paesaggi in opere quali l’Annunciazione e il Ritratto di Ginevra Benci, datata 1474: il pittore si concentra sulla resa dei delicati equilibri di luce e di ombra e sulla scrupolosa esattezza della rappresentazione della vegetazione che testimonia l’ossessiva attenzione di Leonardo per gli studi dal vero. Ancora in debito con gli stilemi di Verrocchio, ma inconfondibilmente leonardesca nella stesura cromatica e nelle aperture paesistiche è la Madonna del garofano, probabilmente eseguita nel 1478; culmine del periodo fiorentino è tuttavia l’incompiuta Adorazione dei Magi, dove all’affollato schema compositivo, inaudito per l’epoca, si uniscono approfondite ricerche sul chiaroscuro e sullo sfumato nei volti dei personaggi e a un’avanzata ricerca prospettica, testimoniata dai numerosi studi preparatori (Studio per l’adorazione dei Magi, Firenze, Uffizi).

Il primo periodo milanese (1482-1499)
Nel 1481 Leonardo scrive una lettera al duca Ludovico Sforza detto il Moro, per proporgli i suoi servigi. Curiosamente, in quell’autopresentazione Leonardo lascia in ombra proprio le sue qualità di pittore e di scultore, per mettere in luce la sua abilità di ingegnere militare e offrirsi quale esecutore di un monumento equestre che il principe milanese vuole far erigere in memoria del padre Francesco Sforza.
La Milano del secondo Quattrocento è tra le corti più ricche d’Italia; Leonardo si trova a proprio agio in quell’ambiente cortigiano, dove ha modo di impegnarsi nelle più varie attività. Alla realizzazione di dipinti affianca la conduzione di una vasta bottega, nella quale collaborano alcuni tra i giovani pittori lombardi più dotati, da Giovanni Antonio Boltraffio e Marco d’Oggiono (autori della Resurrezione di Cristo, databile tra il 1494 e il 1497) ad Andrea Solario (Ritratto di Charles d’Amboise). Le molte copie di bottega dei dipinti del maestro, la mobilità dei lavoranti e le numerose rielaborazioni delle idee presenti nei disegni di Leonardo garantiscono una vasta circolazione in Italia degli stilemi elaborati dall’artista nel periodo milanese. Il lavoro decennale per il monumento equestre a Francesco Sforza viene intervallato dall’attività di organizzatore di feste e dall’attività di scenografo per spettacoli teatrali. Altro, importantissimo frutto del periodo milanese è l’inizio della stesura del Libro della pittura che risale al 1490.
La prima opera di cui si ha notizia negli anni milanesi viene condotta da Leonardo con la collaborazione dei fratelli Ambrogio ed Evangelista de Predis: si tratta della celeberrima Vergine delle rocce, eseguita per la Confraternita dell’Immacolata Concezione. Le lunghe controversie che accompagnano l’esecuzione e il pagamento del dipinto sono probabilmente all’origine delle due versioni del soggetto, conservate a Parigi e a Londra. La tavola parigina, autografa di Leonardo, si impone per la minuzia atmosferica nella resa degli effetti di luce e per il fascino della composizione, con il suo complesso gioco di gesti e sguardi che si intrecciano. La versione londinese, condotta in anni posteriori e con la collaborazione di Ambrogio de Predis, presenta una serie di semplificazioni e una più accentuata monumentalità, perdendo molto del preziosismo cromatico e della delicatezza pittorica della prima redazione.
Accanto alle impegnative commissioni sacre, Leonardo dà prova di sé anche nel genere del ritratto, mostrando la sua capacità di cogliere perfettamente le qualità psicologiche degli effigiati, secondo il gusto per la resa dei moti dell’anima in pittura che proprio in quel periodo si va diffondendo nella cultura delle corti settentrionali.
Tale approfondimento psicologico è perfettamente evidente nei ritratti milanesi, dal Musico dell’Ambrosiana, databile all’inizio del soggiorno milanese, al supremo esito della Dama con l’ermellino, forse identificabile con Cecilia Gallerani, colta e ricca amante di Ludovico il Moro, la cui espressione attenta e assorta - come testimoniato anche da fonti letterarie contemporanee - suscita una grande impressione. Ancora riflesso della temperie culturale cortigiana è la cosiddetta Belle Ferronière del Louvre, un episodio degli anni ’90.
Il primo ventennio milanese di Leonardo si chiude tuttavia con due fallimenti che riguardano proprio le commissioni più impegnative. Il monumento equestre a Francesco Sforza, i cui lavori vengono interrotti e ripresi più volte, si concreta nella composizione di un enorme cavallo di terracotta che raccoglie entusiastici consensi da parte di tutti gli spettatori; ma non verrà mai gettato in bronzo e sarà distrutto sotto il fuoco dei cannoni francesi nel 1499, alla caduta del Ducato milanese.
Fallimento parziale è anche la grandiosa impresa del Cenacolo, compiuto su commissione di Ludovico il Moro per il refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie. Terminato nel 1497, dopo un lavoro di tre anni testimoniato da moltissimi studi preparatori, il Cenacolo appare immediatamente come un autentico capolavoro, con la sua misura di libero e monumentale classicismo che inaugura il rinascimento cinquecentesco; appena venti anni dopo, tuttavia, il dipinto appare già molto rovinato a causa della particolare tecnica impiegata da Leonardo che aveva dipinto a secco sulla parete del refettorio, senza tenere conto di fattori ambientali quali l’umidità: nel 1568, Vasari lamenta che del dipinto "non si vede più se non una macchia abbagliata". avidpromedical.com

Viaggi in Italia e in Francia (1500-1519)
La fama acquistata nel periodo milanese fa sì che Leonardo sia conteso da molti principi e notabili italiani, dopo la catastrofe del Ducato di Milano. Nel 1500 esegue il Ritratto di Isabella d’Este, spostandosi tra Venezia, Firenze e Roma, e sul volgere del secolo disegna il cartone per la Sant’Anna e la Madonna dell’Arcolaio, dipinta per il segretario e tesoriere del re di Francia Florimond Robertet. E’ però complicato seguire le tracce pittoriche di Leonardo nei primissimi anni del Cinquecento: una fonte contemporanea lo definisce "impazientissimo al pennello", e in questo periodo la collaborazione tra il pittore e i lavoranti della sua bottega diviene molto stretta. Leonardo si occupa di idraulica e d’ingegneria militare al seguito di Cesare Borgia e viene sempre più assorbito dai suoi esperimenti sul volo.
Nel 1503, a Firenze Leonardo mette mano a un’importante commissione pubblica, si tratta dell’affresco rappresentante La battaglia d’Anghiari che nella Sala del Maggior Consiglio doveva affiancare l’affresco michelangiolesco con La battaglia di Cascina. Come già per il Cenacolo, la commissione si risolve in un clamoroso fallimento tecnico; dell’opera ci restano oggi soltanto studi e copie parziali (Pieter Paul Rubens, Copia della battaglia di Anghiari). Nell’impresa fiorentina sono accanto a Leonardo numerosi pittori, responsabili di molte copie dei suoi dipinti e di realizzazioni che nascono da idee del maestro (Leda e il cigno, attribuito a Ferdinando Llanos).
Alla fine del primo decennio del Cinquecento Leonardo ritorna a Milano, dove ha modo di trasmettere a una nuova generazione di pittori un repertorio di motivi e temi che per molto tempo influenzerà la pittura lombarda, anche se le sottigliezze del maestro vengono troppo spesso fraintese e semplificate in leziosità e ripetizioni (Bernardino Luini, Susanna e i vecchi). Nella pittura del secondo decennio, Leonardo continua a concentrarsi sulla resa dei moti mentali e degli effetti atmosferici, mettendo a punto la tecnica dello sfumato e i celeberrimi sorrisi enigmatici tanto ammirati nel Ritratto di Monna Lisa (1514) o nel San Giovanni. Al contempo, tuttavia, dopo la compostezza del Cenacolo non rinuncia a sperimentare schemi compositivi più intricati (La Vergine, Sant’Anna e il Bambino).
Negli ultimi anni Leonardo è impegnato come ingegnere alla corte di Charles d’Amboise; molti disegni stanno a testimoniare l’alta portata delle sue riflessioni teoriche e artistiche, valga per tutti la serie di studi sul Diluvio.

Gli scritti
Nonostante definisca se stesso "omo sanza lettere" (intendendo, in realtà, la mancanza di una compiuta educazione umanistica), Leonardo lascia un’impressionante mole di scritti scientifici, letterari e naturalmente di argomento artistico. E’ necessario rifarsi al clima culturale della Milano di Ludovico il Moro, sospeso tra sensibilità tardogotica e impulsi rinascimentali, per rintracciare l’origine di alcuni curiosi scritti quali il Bestiario o le Profezie, ove troviamo Leonardo inaspettatamente fedele ai bestiari medioevali, incline ai giochi di parole e agli indovinelli; ma è nella stessa Milano che l’artista intraprende la stesura del Libro della pittura, orgogliosa rivendicazione della dignità dell’arte pittorica che Leonardo oppone alle sottovalutazioni degli umanisti milanesi e fiorentini.
Il Libro della pittura, al quale Leonardo lavora sin dal 1490, affronta temi quali il primato dell’arte pittorica sulle altre arti, il ruolo della prospettiva e delle proporzioni, la resa degli effetti atmosferici e del chiaroscuro. Soprattutto, Leonardo invita l’apprendista pittore allo studio dal vero, forte del postulato secondo il quale "la natura è piena di infinite ragioni che non furono mai in esperienzia". Non stupisce, poi, ritrovare nelle note di Leonardo la descrizione letteraria di molti dei motivi che lo impegnano dal punto di vista pittorico: l’attenzione agli effetti di luce, l’impiego della prospettiva e il ruolo fondamentale del disegno.

Bibliografia essenziale
K. Clark, Leonardo da Vinci, London, Penguin Books, 1988.
L. da Vinci, Scritti scelti, a cura di A.M. Brizio, Torino, UTET, 1952.



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