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:: Oggi è Mercoledì 6 Aprile 2005 ::

- Relazioni : : : François Quesnay

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Relazione basata sul periodo di François Quesnay

Le caratteristiche dell'economia europea dell'età moderna
François Quesnay nacque a Versailles nel 1694 e morì nel 1774, questo periodo fu condizionato da numerosi cambiamenti e sviluppi, così come i secoli precedenti.
Per raccontare meglio le loro storie, gli storici hanno fissato il passaggio dal medioevo all'età moderna dalla fine del XV e l'inizio del XVI secolo. Certo gli europei svegliandosi la mattine del 1° Gennaio 1500 non notarono grandi differenze rispetto al 31 Dicembre 1499, e non pensavano di alzarsi dal letto in una nuova era storica; ma in quel periodo avvennero effettivamente nel corso della storia europea cambiamenti abbastanza importanti. Questi cambiamenti furono: 1) lo sviluppo dell'umanesimo; 2) la crescita della scienza come metodo di conoscenza; 3) la rivolta protestante; 4) l'ascesa degli stati nazionali e del nazionalismo; 5) le grandi scoperte geografiche d'oltre oceano; 6) l'inizio dello sfruttamento economico delle nuove terre da parte dell'Europa; 7) il forte sviluppo concomitante del commercio internazionale di prodotti base, sviluppo determinante per l'acquisizione economica di una opposizione economica mondiale dell'Europa occidentale. Ognuno di questi cambiamenti influì sulla crescita economica occidentale, e quindi gli esamineremo uno per uno:
   1. l'Umanesimo fu un movimento intellettuale che ebbe come centro di interesse l'antichità classica rivolse la sua attenzione alle cose di questo mondo tra cui il genere umano. Rappresenta un decisivo allontanamento dalla teologia e dalla filosofia scolastica. Si manifestò in pittura, in letteratura, in architettura. A questi cambiamenti si accompagnò un maggiore interesse alla ricchezza, che li umanisti tenevano in alta stima anche se si continuava a ripetere che era più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno dei cieli. Senza la ricchezza, come' era possibile creare e godere quelle cose dell'arte che secondo gli umanisti erano il vero contrassegno di un popolo civile, le cose per cui veramente valeva la pena di vivere?
   2. Il secondo grande cambiamento che segnò il passaggio del medioevo all'età moderna e lo sviluppo della scienza. Per molto tempo si erano accettate come verità indiscutibili le affermazioni dei Padri della Chiesa o di altre grandi autorità come Aristotele, usandole come premesse logiche per arrivare a trarne, a volte, assurde conclusioni. Non serviva molto, quindi l'uomo che si occupava di cose spesso in contrasto con l'osservazione dei sensi, come architetti, ingegneri, matematici. Gli uomini che avevano a che fare con questo mondo avevano bisogno di conoscenze basate su dati reali sulla " scienza ", parola che viene dal latino scire, sapere. L'uomo doveva essere in grado di identificare una successione di eventi di analizzare le interrelazioni fra questi eventi e di scoprire come e perché essi avvenivano in un determinato ordine. Una volta assunto questo atteggiamento verso il mondo reale, l'uomo fu avviato a padroneggiare il proprio ambiente fisico. Proprio il migliorare dei mezzi di trasporto, la lotta vittoriosa contro carestie e malattie, l'utilizzazione di enormi risorse e del carbone, diventò per l'uomo un altro contrassegno di civiltà. La crescita economica, venne a essere considerata un elemento necessario del processo di incivilimento.
   3. La rivolta protestante contribuì ai nuovi indirizzi della cultura infrangendo l'autorità universale della Chiesa cattolica romana. Ciò non è privo di importanza per lo studio della storia economica, perché contestò i precetti ecclesiastici contro il prestito a interesse e contro l'accumulo di ricchezza.
   4. Un altro cambiamento fu la formazione degli stati dinastici su base nazionale. Detto in breve, lo Stato nazionale è una entità politica che abbraccia tutti gli appartenenti a una stessa nazionalità. In questo passaggio da governi i cui principi laici o ecclesiastici rivendicavano un'autorità suprema sul loro territorio, a governi in cui il popolo era o riteneva di essere legato da vincoli comuni, i governatori esprimevano in qualche misura una volontà di essere uniti politicamente.
   5. In quinto luogo la fine del XV e l'inizio del XVI secolo costituiscono una svolta nella storia della civiltà occidentale, perché in quel periodo gli europei fecero grandi scoperte geografiche di un importanza senza precedenti, che contribuirono profondamente a mutare la vita dell'Europa stessa. Nel giro di una generazione gli europei conobbero terre di oltre metà del globo, Africa, India, Estremo Oriente, America del Nord del Sud, e stabilirono le rotte per raggiungere le coste. Dimostrarono la sfericità della Terra e furono così in grado di spiegare perché navigando verso ponente si potevano raggiungere i porti orientali, il succedersi del giorno e della notte, il mutare delle stagioni. Approfittarono ben presto delle nuovi scoperte, non solo importando dalle nuove terre grandi quantità di prodotti noti e non, importazioni che ebbero un effetto veramente rivoluzionario. Fu questo l'inizio di un processo destinato a portare la cultura occidentale in territori cento volte più grandi dell'Europa occidentale: in un'area che alla metà del XX sec. avrebbero raggiunto una produzione agricola e industriale maggiore e una produttività molto più elevata. Le grandi scoperte geografiche sono un ottimo esempio di come l'aumento del sapere e le innovazioni tecnologiche ampliano l'arco delle possibili scelte alternative. L'Europa tardo medioevale era stata periodicamente suggestionata da straordinari racconti di luoghi remoti di terre ricchissime e di pagani in attesa di essere raccolti sotto lo stendardo di Cristo. Dopo la quarta crociata cominciò a un certo punto a circolare la leggenda del prete Gianni che in seguito ricomparve di tanto in tanto. Costui era rappresentato come il fondatore di un regno cristiano in qualche terra barbara dove attendeva soccorso dall'occidente (la cosa andò avanti per tre secoli). Poco più tardi giunsero a Roma missionari inviati a convertire i mongoli, che diedero notizie di vaste terre che aspettavano la parola di Dio. Vi furono poi viaggi del veneziano Marco Polo che al suo ritorno fu catturato e rinchiuso in prigione dai genovesi. Le spezie fruttavano molti guadagni a chi ne faceva commercio, perché avevano un impiego molto diffuso. Venezia era tuttavia la sola potenza europea che sembrava in grado di assicurare le forniture grazie agli accordi presi con gli arabi nel XIII secolo, turchi ottomani conquistatori di Costantinopoli nel 1453 e dell'Egitto nel 1517. Il prezzo delle spezie non aumento in Europa dopo il 1543, il commercio rendeva così bene che molti mercanti europei desideravano parteciparvi. E dato che le rotte del commercio orientale erano sbarrate agli intrusi l'unico modo di intromettersi, nei profitti veneziani era di trovare una via nuova per raggiungere l'India. Fu quindi per ragioni commerciali che gli europei cominciarono a spingersi nell'atlantico sull'asciutto. Il primo tentativo organico di esplorazione fu attuato dal principe portoghese Enrico il Navigatore nella campagna del 1415, con cui conquistò Ceuta assieme al babbo Giovanni I e fondò una scuola in cui affluivano i maggiori navigatori. Suo nipote intuì che l'India si poteva raggiungere circumnavigando l'Africa e nel 1487 riuscì a compiere la sua impresa. Nello stesso anno Bartholomeu Dias, riuscì veramente a dimostrare che l'Africa si poteva veramente circumnavigare. Nel 1498 Vasco De Gama raggiunse l'India interamente via mare portando in Europa un grosso carico di spezie pari a 60 volte le spese del viaggio.
Mentre avvenivano queste esplorazioni era in gestazione e si realizzava grazie a Cristoforo Colombo un'altra grande scoperta: quella delle terre dell'emisfero occidentale. Chiese l'appoggio di Giovanni II di Portogallo ma lui rifiutò, chiese allora aiuto alla Spagna, e grazie ad essa riuscì il 12 Ottobre del 1492 a sbarcare a San Salvador. Questa grandiosa scoperta portò alla Spagna un'immensa ricchezza. rxfastfind.com

Le conseguenze economiche dell'espansione coloniale
Una conseguenza economica dell'espansione coloniale fu l'aumento dei prezzi Europei (1450-1650). Le scoperte influirono sull'uso della moneta sull'attività bancaria, sulla relazione fra debitori e creditori, sui risparmi e gli investimenti, sulla crescita economica, sui costi di governo e l'aumento delle imposte. La ripresa demografica aveva creato numerose pressioni sulle risorse agricole, dando inizio ad una espansione delle coltivazioni sostenuta dall'aumento dei prezzi e dei cereali. Sotto lo stimolo della domanda di viveri i progetti di bonifica si moltiplicarono, ma non era facile saziare la nuova fame nel continente. La popolazione europea aumentò di due terzi tra il 1450 e il 1650. Ad alimentare la risorgente economica dell'Europa vi fu uno slancio di attività mineraria che accrebbe la quantità di monete in circolazione, elemento caratteristico dei tempi d'inflazione. Dalla metà del 1500 in poi l'afflusso di oro e argento dal Nuovo mondo al Vecchio raggiunse un volume enorme.
Dal 1500 al 1650 l'oro e l'argento posseduti dall'Europa aumentano più di tre volte. Inoltre, se si studia l'area di distribuzione del tesoro di recente acquisto si vedrà che, nonostante gli sforzi della Spagna per trattenere oro e argento entro i propri confini, i metalli preziosi affluirono in ogni parte dell'Europa occidentale per pagare la differenza fra le merci importate dalla Spagna e quelle esportate, ossia per coprire il disavanzo spagnolo nel commercio estero.
Il metallo prezioso, scambiato con altri beni, perdeva valore in quanto merce; vale a dire che i prezzi salivano. Ciò perché 1) le scorte d'oro e d'argento crescevano molto più rapidamente della quantità di merci disponibile; 2) il ritmo di circolazione del denaro era accelerato dal boom delle transazioni commerciali; 3) i singoli individui, temendo la scarsità di merci o l'aumento dei prezzi, usavano il liquido disponibile per acquisti immediati anziché futuri.
Da attenti studi sull'aumento dei prezzi nel XVI e nella prima metà del XVII secolo risulta che i prezzi aumentarono in misura diversa nei vari paesi, che i prezzi di certe merci aumentarono più rapidamente di quelli dei servizi espressi in salari monetari. I prezzi, espressi in oro e in argento, cessarono di aumentare dapprima in Spagna, come per contraccolpo del declinante afflusso di metalli preziosi, della diminuzione dei traffici e della risultante decelerazione del ritmo di circolazione del denaro, e quindi scesero in altre parti del mondo.
Il fenomeno dell'ascesa dei prezzi toccò così profondamente la vita dei contemporanei, da diventare oggetto di molte considerazioni, e anche di alcuni studi seri. La gente, accorgendosi di ciò che accadeva non sapeva spiegarsene il perché. Solo nel 1568 comparve uno scritto che si avvicinava a una spiegazione plausibile dell'aumento dei prezzi, dovuto alla penna del pensatore politico francese Jean Bodin. Egli fu il primo che in età moderna espresse i principi fondamentali della teoria quantitativa della moneta: se la quantità di moneta in circolazione aumenta senza un aumento paragonabile dell'offerta di beni, i prezzi tengono a salire. Toccò a studiosi posteriori rilevare che un aumento del ritmo di circolazione della moneta aveva sui prezzi lo stesso effetto di un aumento del volume monetario circolante, e a studiosi ancora più recenti sottolineare che il corso dei prezzi è condizionato anche dalla misura in cui la gente usa la liquidità disponibile per l'acquisto presente di beni. L'inflazione cominciò in pieno, nel quadro di una generale ripresa economica, intorno all'inizio del 1500, molto tempo prima di un aumento sensibile delle scorte europee di metalli preziosi. Ciò a sua volta induce a ritenere che l'estrazione di grandi quantità d'oro e d'argento nell'Europa centrale, nel Messico e nel Perù fu un risultato e non una causa dell'inflazione, in quanto il mercato europeo in espansione aveva bisogno di una quantità sempre maggiore di circolante.
Come avviene in tutte le inflazioni, la rivoluzione dei prezzi giovò ad alcuni elementi della società e ne danneggiò altri. I contemporanei si avvidero che l'aumento dei prezzi favoriva i debitori e penalizzava i creditori.
In Inghilterra le circostanze proprie del paese crearono una situazione molto tesa e tutta una serie di problemi sociali ed economici particolari. Il prezzo della lana salì con così sbalorditiva rapidità che la prospettiva di guadagno unita alla scarsità di manodopera e ai bassi salari reali indussero molti grandi proprietari terrieri a dedicarsi all'allevamento delle pecore, nella convinzione di ricavare dalla terra, in questo modo, un potere d'acquisto molto maggiore che continuando a ricevere i pagamenti dei contadini, deprezzatissimi in valore reale. Ma per condurre con successo questo nuovo tipo di impresa agricola occorrevano grandi pascoli recintati da siepi e steccati e per avere grandi pascoli occorreva sbarazzarsi dei contadini e dei loro diritti di lavorare piccoli poderi. I proprietari affamati di terra risolsero il problema privando la loro gente di privilegi tradizionali aumentando i canoni a livelli proibitivi e non facendo più pascolare il bestiame nei campi comunali. L'aumento dei prezzi, causo tensioni anche nelle industrie, vi furono scioperi e tumulti, vi era un però un aspetto dei rapidi aumenti dei prezzi rispetto ai salari che i contemporanei non capivano, ed era quello a cui poi si è dato il nome di " inflazione dei profitti ". In breve: con i prezzi aumentano e i salari stazionari i profitti tendevano a crescere; erano cioè " gonfiati " specie nelle imprese in cui i salari costituivano una grossa percentuale del costo totale di produzione. Questa situazione, almeno in teoria, accresce l'incentivo degli imprenditori ad aumentare gli investimenti in beni capitali al fine di ottenere ulteriori profitti. Pertanto l'inflazione del profitto dovrebbe favorire la crescita economica. Ma l'espansione economica dipende da tanti fattori; l'aumento dei profitti non è che uno, sicché l'inflazione del profitto non agisce automaticamente in conformità con la teoria. L'inflazione dei profitti ebbe senza dubbio l'impatto maggiore e più evidente in Inghilterra. Nell'agricoltura la produzione nelle grandi tenute, anche della lana che richiedeva poca manodopera, fu accresciuta per usufruire della possibilità di maggiori guadagni. Nel commercio si fecero nuovi investimenti in ogni sorta di impresa. L'industria vide investimenti in una serie di settori, spesso sotto la spinta di Lord Burghley, il "cervello economico" di Elisabetta. In tutti questi settori la produzione aumentò notevolmente, e furono usate nuove tecniche che richiedevano un certo impiego di capitali.

Scienza e tecnologia agli inizi dell'età moderna
Gli sviluppi degli ultimi quattro secoli e mezzo hanno permesso all'occidente di triplicare la vita media dei sui abitanti; hanno messo a disposizione dell'uomo tutta una serie di materiali, che hanno consentito all'occidente di eliminare carestie, di muovere montagne, di vincere distanze e di penetrare molti dei più intimi segreti della natura. Tutte queste cose l'uomo occidentale le ha realizzate principalmente grazie alla sua scienza e alla sua tecnologia. Gli anni 1500 e 1700 segnalarono grandi progressi, sorsero infatti nuovi metodi per la ricerca della conoscenza del mondo fisico. La " rivoluzione scientifica " come la chiamano gli storici, fu uno dei maggiori cambiamenti nella vita dell'uomo. La scienza si teneva in disparte dalla applicazione immediata, e la tecnologia progrediva per opera di imprenditori e artigiani che senza avere grandi vedute, capivano l'utilità di nuovi fonti di energia e di attrezzature. Una delle innovazioni capitali del Cinque e Seicento fu senza dubbio l'impiego del carbone fossile come fonte primaria di energia termica noto da secoli in Cina. Come sempre avviene con le grandi innovazioni vi fu, soprattutto in Inghilterra un confluire di una serie di fattori che contribuirono a largo impiego di questo combustibile. Forse i fattori più importanti furono: 1) Il bisogno di un combustibile a buon mercato in sostituzione della legna. 2) L'esistenza di giacimenti superficiali dove il carbone poteva essere estratto con facilità. L'industria grazie al vasto impiego di carbon fossile fece numerosi cambiamenti, come congegni meccanici, alla ricerca di una forza da parte degli studiosi di ingegneria meccanica del tempo. Vi fu infatti l'invenzione del mulino a vento che aveva una maggiore mobilità della ruota idraulica, ma le zone dotate di venti forti e costanti sono relativamente poche, e si rese quindi poco affidabile come datore di forza meccanica. Sebbene nel mulino a vento e nella ruota idraulica, non si trovava una fonte di forza motrice, non ci si scoraggiò a cercare una fonte alternativa rappresentata dal vapore. Nella filatura si propose " l'aletta " che consentiva di effettuare contemporaneamente la filatura e l'avvolgimento ossia torcere le fibre e avvolgere il filato su una bobina.

La contrazione del XVII secolo
Gli inizi dell'età moderna furono un periodo di concentrazione economica a causa delle accresciute dimensioni dell'impresa e anche delle innovazioni finanziarie che permisero la raccolta dei grandi capitali. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che solo un esigua percentuale della popolazione europea partecipava all'industria e al commercio di grande scala. Il villaggio rurale e la cittadinanza erano ancora i luoghi d'abitazione principali, e l'agricoltura era ancora il principale settore economico. Nel XVII sec. la terra tornò a farsi avara. A ridosso della rivoluzione dei prezzi (che nel 1600 era esaurita dappertutto) sopraggiunse poi una depressione secolare causata dalla diminuzione dei prezzi agricoli, da riduzioni delle colture e abbandono della terra, dall'inerzia della domanda, da contrazioni del commercio regionale, da una ridotta crescita demografica, da forti agitazioni sociali. Fu una depressione meno dura e meno persistente di quella del XIV secolo, ma degna del secondo posto. Nel 1650 i prezzi dei cereali erano scesi in tutta Europa. Le devastazioni della guerra dei trent'anni (1618-1648) accentuarono la depressione dell'Europa centrale. A Modena uno staio di grano che negli anni 1620 si pagava 400 soldi, non trovava negli anni 1660 chi lo comprasse per 200.
In situazioni in cui l'enorme maggioranza della popolazione vive della terra, una depressione agricola implica fatalmente la contrazione della domanda aggregata di beni agricoli e non. La prima parte del Seicento fu anche un periodo di agitazioni sociali. L'Inghilterra, la Francia, la Catalogna, la Svizzera, il Portogallo, l'Olanda e Napoli furono teatro di sollevamenti tra il 1640 e il 1660; anche se le circostanze politiche sono assai dissimili da un caso all'altro. H. R. Trevor-Roper ha attribuito la crisi al parassitismo delle corti reali e all'opposizione condotte contro i loro sperperi delle campagne più proibitive.

La fondazione del sistema capitalistico
I cambiamenti dei secoli precedenti hanno contribuito alla creazione di un sistema economico, noto come il nome generico di Capitalismo. Il capitale (definito come risorse non consumate ma legate al processo produttivo) esisteva per lo più sottoforma di edifici pubblici, privati, strade e canali. Era di conseguenza un capitale in grado di produrre una quantità limitata di merci. Nel capitalismo moderno il capitale, derivante dal " risparmio " di una parte cospicua della produzione annua, consisté in misura sempre maggiore di macchine, che erano in grado di aumentare rapidamente la produzione di merci, e di denaro e di titoli nobili, che potevano essere facilmente trasferiti da un luogo ad un altro. Inoltre grazie alla maggiore disponibilità di denaro, l'imprenditore poteva più agevolmente procurarsi i mezzi di produzione, comprare materie prime e assumere manodopera salariata. Nel sistema che stava emergendo il capitale aveva dunque una mobilità molto maggiore nel tempo, e una maggiore flessibilità d'impiego. Il capitalismo e i mezzi di produzione vennero a essere posseduti in misura crescente dai proprietari del capitale anziché dai lavoratori; e ciò permise di programmare la produzione su scala maggiore di quella possibile i precedenza. Ciò assunse conseguenze negative sulla distribuzione del reddito, ma fu una soluzione più efficace per l'incremento di scala della produzione, ma anche perché gli imprenditori si specializzarono nella gestione di una impresa finanziaria e industriale, aspetto importante, questo, della divisione del lavoro.
Riassumendo il capitalismo si configurò come un sistema in cui esisteva una quantità relativamente grande di capitale mobile, trasferibile, e accessibile a un certo prezzo a chiunque godesse di credito; in cui i capitalisti assumevano manodopera salariata in un mercato impersonale, e vendevano ciò che veniva prodotto per denaro; e in cui l'incentivo dell'azione economica era il desiderio di guadagno al fine precipuo di migliorare il proprio tenore di vita o la propria posizione nella società.

La teoria mercantilistica in Francia al tempo di F. Quesnay
La teoria mercantilistica era fondata sul concetto del Colbert: " il commercio è il nerbo delle finanze, le finanze sono il nerbo vitale della guerra ".
Il mercantilismo, rapresentava una politica, cioè una economia nazionalistica, che affermava esistere un interesse nazionale distinto da quello particolare interesse di cui lo Stato si rendeva garante. Questo intervento statale, dunque auspicava la potenza dello Stato e non il benesse dei cittadini. La dottrina economica, cronologicamente non definita, ebbe grande importanza nel periodo che va dal XVII sec. al XVIII sec. Si fondava sulla concezione che i metalli preziosi fossero l'unica fonte di prosperità dell'economia nazionale; in tal modo si assistette a una corsa per l'accaparramento di monete auree, fino a che le casse nazionali non ne avessero in accedenza; e per far ciò si doveva incrementare l'esportazione ai danni dell'importazione, difendendo la produzione nazionale con barriere doganali, vietando addiritura le importazioni o facilitando con incentivi diretti l'esportazione. Storicamente il mercantilismo è il passaggio dall'economia di scambio all'economia monetaria, e dall'economia chiusa a quella aperta.

" Storia economica d'Europa "
Lo sviluppo economico della civiltà occidentale
Shepard B. Clough - Richard T. Rapp
Editori Riuniti



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