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1. Introduzione
Nella sua accezione più ampia, con il termine di "storia" si intende il complesso di tutti gli eventi del passato, anche se una definizione più realistica la limiterebbe al passato che ci è noto; la storiografia è la registrazione scritta di fatti e avvenimenti della vita degli individui e delle società del passato e dell'interpretazione che ne danno gli storici. Tra le discipline scientifiche e letterarie, la storiografia è forse quella più difficilmente definibile, poiché il tentativo di scoprire gli eventi del passato, formulandone un resoconto intelligibile, implica necessariamente l'uso e l'influsso di numerose discipline ausiliarie. Scopo degli storici è quello di raccogliere e registrare gli eventi del passato dell'umanità, per scoprirne spesso di nuovi, partendo dal principio che le informazioni in loro possesso sono incomplete, parzialmente inesatte o distorte e che richiedono quindi un'analisi accurata.

2. Il Mestiere dello Storico
Eccettuato il caso particolare in cui gli storici registrano fatti di cui sono stati diretti testimoni, gli eventi storici possono essere conosciuti solo grazie a fonti indirette. Queste includono il resoconto di testimoni viventi; registrazioni di storie scritte in precedenza, memorie, lettere e opere letterarie di fantasia; archivi legali e finanziari di tribunali, istituzioni religiose o società commerciali; informazioni non scritte desunte da reperti delle civiltà antiche come l'architettura, le arti e i mestieri, i luoghi di sepoltura e i terreni coltivati. Queste, insieme a molte altre fonti, costituiscono il punto di partenza dal quale lo studioso individua i fatti storici. Tuttavia raramente succede che il rapporto tra la fonte e il fatto sia semplice e immediato: la fonte può essere distorta o falsa, frammentaria, incomprensibile o inesatta. Lo storico deve pertanto valutare le fonti con spirito critico. asterpharmacy.com

3. Interpretazione e Forma
Lo scopo della storia in quanto serio tentativo di comprendere la vita dell'uomo, tuttavia, non si esaurisce nel puro vaglio delle fonti; il reperimento dei fatti costituisce solo la base per la successiva selezione, sistemazione e valutazione dei dati, operazioni queste che vanno a costituire e a informare l'interpretazione storica. Il processo interpretativo investe tutti gli aspetti dell'indagine storica, a partire dalla scelta dell'oggetto di ricerca, perché è proprio la scelta di un evento o di una società o di una istituzione particolare a costituire un criterio di giudizio che asserisce l'importanza del tema prescelto. Una volta scelto, l'oggetto stesso suggerisce un modello provvisorio o un'ipotesi che indirizza la ricerca e aiuta lo storico a valutare e a classificare le fonti e a presentare un resoconto dettagliato e coerente su di esso. Lo storico deve rispettare i fatti e fornire un'interpretazione convincente e soddisfacente dal punto di vista intellettuale.
Fino all'epoca moderna, la storia era considerata un genere letterario particolare, che condivideva molte tecniche ed effetti con la narrativa d'invenzione. Gli storici studiavano attentamente i "fatti" ma, come gli autori di narrativa, scrivevano resoconti dettagliati degli eventi e vivide descrizioni dei personaggi con grande attenzione per la lingua e per lo stile. Le complesse relazioni tra letteratura e storiografia hanno costituito e costituiscono ancora oggetto di dibattito.

La storiografia greca
La storiografia occidentale ha origine nell'antica Grecia e i modelli degli storici greci hanno dominato per secoli lo studio della storia. Verso la metà del V secolo a.C. Erodoto scrisse il celebre resoconto delle guerre persiane. Alcuni anni dopo, Tucidide compilò la storia della guerra del Peloponneso, combattuta tra Atene e Sparta. Questi autori registrarono eventi a loro contemporanei, o comunque assai vicini nel tempo, in resoconti in prosa redatti in uno stile molto accurato, basandosi il più possibile su testimonianze dirette o su altre fonti affidabili. Essi si concentrarono sulla guerra, sulla storia costituzionale e sulla personalità degli uomini politici, così da fornire un quadro di una società colta in una fase di crisi e di cambiamento. Il riconoscimento da parte dei contemporanei del loro straordinario talento conferì alla loro opera un'autorevolezza che influenzò gli studiosi successivi. I due grandi storici inoltre preferivano gli eventi recenti, consideravano la fonte oculare e orale superiore a quella scritta (di cui si servivano solo in via subordinata), e presumevano che il campo d'indagine più significativo fosse circoscritto alla vita dello stato e alla politica. Anche la ricerca antiquaria nell'ambito della religione, dei costumi e dell'arte, basata su fonti documentarie, faceva parte della cultura greca e romana, ma era legata soprattutto alla filosofia, alla biografia e ad aree di apprendimento specialistico, ed era esclusa dalle principali tradizioni della storiografia politica. Non si riteneva fosse necessaria una preparazione specialistica per la ricerca; l'educazione dello storico era quella di qualsiasi uomo colto: attenta lettura delle opere di letteratura generale, seguita dallo studio della retorica. Lo storico ideale doveva concentrare in sé la libertà dai condizionamenti e il dono di un'alta eloquenza.
Nel IV secolo a.C. Senofonte ed Eforo continuarono le linee di ricerca della storiografia greca nel periodo ellenistico e ne ampliarono l'ambito. Nel II secolo a.C. Polibio illustrò ai greci la storia, la vita politica e i successi militari dei romani, argomento trattato anche dal geografo Strabone e da Dionigi di Alicarnasso nei secoli successivi. Giuseppe Flavio, un ebreo aristocratico di cultura greca, privilegiò e illustrò la religione e le usanze degli ebrei. Nello stesso periodo Plutarco scrisse le biografie di illustri personalità greche e romane, enfatizzando gli aspetti drammatici e il materiale aneddotico nella rappresentazione del personaggio ideale – le vite dei singoli sono considerate come esemplificazioni di scelte morali– e dei suoi effetti sulla vita pubblica.

La storiografia latina
Il prestigio del greco come lingua letteraria ed erudita era tale che le prime opere storiche romane furono scritte in greco. Catone fu il primo a scrivere la storia romana in latino e altri seguirono il suo esempio. Sallustio, influenzato dall'opera di Tucidide, sviluppò uno stile brillante in cui a riflessioni di carattere etico si accompagnava un'acuta penetrazione psicologica. La sua analisi politica avrebbe a lungo esercitato un grande influsso sulla storiografia. Nella stessa epoca Cicerone, pur non essendo uno storico, definì gli ideali predominanti della storiografia in termini di eleganza stilistica e di modelli morali tradizionali, applicati agli eventi della vita pubblica. La scrittura della storia latina proseguì in questo solco con Livio, Tacito e Svetonio.
Nel corso del IV secolo, con la conversione dell'imperatore Costantino, il cristianesimo acquisì uno statuto legale, esercitò un influsso sempre crescente sull'impero romano e arricchì la storia con argomenti e approcci nuovi. Eusebio di Cesarea scrisse una storia ecclesiastica (324 ca.), tracciando l'evoluzione della Chiesa dalle origini, segnate dalle persecuzioni dei martiri, sino ai fasti della propria epoca. Questo genere di storia radicalmente nuovo ignorava le restrizioni della tradizione classica riguardo al soggetto e allo stile. Eusebio descrisse la vita religiosa, gli scritti e le idee di persone che non svolgevano alcuna funzione politica; accolse un gran numero di prove scritte e prese in considerazione i principali quesiti dell'esistenza umana. Questa mescolanza di storia laica e religiosa con un'interpretazione morale su scala più ampia aveva il suo unico precedente nel Vecchio Testamento, dove il rapporto tra Dio e il genere umano era visto in termini storici come un'alleanza tra Jahve e Israele operante per secoli nella storia degli ebrei. Costruito su questo fondamento, anche il cristianesimo conteneva significative implicazioni per l'interpretazione della storia dell'umanità: si basava sul ricongiungimento tra il regno divino e quello umano per un periodo storicamente ben delimitato, la vita di Gesù Cristo, e sviluppava quindi dottrine che si misuravano con il significato religioso del tempo storico, individuando l'elemento divino nella storia. Nel V secolo lo scrittore cristiano Paolo Orosio reinterpretò la storia romana da un punto di vista assai polemico, e sant'Agostino, nel suo De civitate Dei (413-426), immaginò relazioni molto più complesse e sottili tra la storia cristiana e quella secolare.

La storiografia nel Medioevo
Con la caduta dell'impero romano d'Occidente nel V secolo d.C., le tradizioni dell'educazione classica e della cultura letteraria, di cui faceva parte la storiografia, furono disgregate e indebolite. Il saper leggere e scrivere divenne una prerogativa professionale del clero, che si dedicò al compito di preservare e diffondere una cultura religiosa dotta. Molti monasteri conservavano cronache o annali, spesso frutto del lavoro anonimo di generazioni di monaci, che si limitavano a registrare gli eventi, anno dopo anno, senza il minimo tentativo di rielaborazione critica o letteraria. Tuttavia i risultati cui erano giunti gli storici del passato, conservati nelle biblioteche dei monasteri, tennero in vita un modello storiografico più ambizioso, e autori come Gregorio di Tours cercarono di attuarlo. L'Historia ecclesiastica gentis anglorum (731) del Venerabile Beda, un monaco inglese, riuscì a integrare la storia ecclesiastica e quella secolare, gli eventi naturali e quelli sovrannaturali in una narrazione vivace e rigorosa.
Il rinnovato fervore della vita intellettuale e letteraria del Basso Medioevo si riflette nelle opere storiche del monaco inglese Guglielmo di Malmesbury, del tedesco Ottone di Frisinga e del normanno Orderic Vitalis. Anche se gli storici del tardo Medioevo erano in gran parte ecclesiastici e scrivevano in latino, le tradizioni della storiografia secolare furono tenute in vita dai cronisti che scrivevano in volgare. Jean de Joinville registrò le imprese del suo re, Luigi IX di Francia, durante la settima crociata; Jean Froissart descrisse le gesta dei cavalieri francesi e inglesi durante la guerra dei Cent'anni; tra il Duecento e il Trecento i cronisti fiorentini Dino Compagni, Giovanni, Matteo e Filippo Villani celebrarono la grandezza della loro città.

La storiografia nell'Umanesimo e nel Rinascimento
L'intensificarsi degli studi sulle letterature greca e latina e il rinnovato studio della retorica, che caratterizzarono la vita intellettuale dell'Italia del XV secolo, influenzarono gli studi storici, promuovendo un approccio laico e realistico alla storia sia antica sia moderna. Leonardo Bruni, studioso delle opere di Tacito, riesaminò la storia della Roma repubblicana e imperiale e quella di Firenze, sua città d'origine, alla luce dell'esperienza romana. Nel XVI secolo le opere di Niccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini tornavano a collocare la storia politica in un mondo delimitato da leggi e aspirazioni umane. Questa scissione tra il materiale storico ecclesiastico e quello laico risulta evidente in tutti quei luoghi dell'Europa che furono influenzati dalla cultura rinascimentale.

Gli studi antiquari e la storiografia dell'Illuminismo
La scrittura della storia nella tradizione classica aveva enfatizzato le capacità letterarie e la reinterpretazione della storia a discapito della ricerca sulle fonti. Dal XVI secolo in avanti, molti studiosi in tutta Europa si dedicarono alla laboriosa e sistematica raccolta delle fonti della propria storia religiosa e nazionale. In Francia i benedettini, e in particolare Jean Mabillon e Bernard de Montfaucon, intrapresero l'esame e la pubblicazione delle fonti della storia ecclesiastica. Ludovico Muratori raccolse le fonti della storia italiana, Paolo Sarpi scrisse la storia del concilio di Trento, Gottfried Leibniz compilò gli annali della Germania medievale e l'austriaco Joseph Eckhel definì il campo della numismatica. In Inghilterra Sir William Dugdale, il vescovo Thomas Tanner e Thomas Hearne raccolsero documenti e iscrizioni e compilarono annali medievali. Questi sono solo alcuni esempi dei molti eruditi che, con il loro lavoro scrupoloso, preservarono le fonti della conoscenza storica e definirono i principali ambiti della ricerca critica, quali la diplomatica, la numismatica e l'archeologia.
L'attenzione al particolare e al metodo, che rappresentava la massima realizzazione dell'erudizione, era però la stessa che separava gli antichisti, quanto a metodo e ispirazione, dagli sviluppi della storiografia del XVIII secolo: la storia filosofica ispirata dagli ideali dell'Illuminismo. Voltaire diede nuovo vigore alle tradizioni letterarie della storiografia con l'entusiasmo del suo razionalismo dissacrante. Egli non tenne conto dell'interesse preponderante dei classici per la politica e incluse tutti gli aspetti della civiltà in una storiografia di portata intellettuale molto vasta, manifestando insofferenza nei confronti del dettaglio erudito. Gli storici dell'Illuminismo quali Montesquieu, David Hume, William Robertson e Condorcet portarono avanti questo ardito concetto filosofico della storia e, come Voltaire, prestarono scarsa attenzione alle prove. Lo storico britannico Edward Gibbon seppe conciliare un profondo rispetto per la ricerca erudita con lo slancio illuministico e un particolare talento letterario nella realizzazione di Declino e caduta dell'impero romano (1776-1788). Al modello storiografico illuminista si oppose la filosofia della storia di Giambattista Vico, basata su una concezione "ciclica" del divenire.

Il XIX secolo
Grazie all'opera e all'influsso di Leopold von Ranke, la storia acquisì la propria identità di disciplina accademica indipendente, con un proprio metodo critico di ricerca che richiedeva una preparazione rigorosa. Ranke insistette sull'obiettività spassionata come requisito essenziale dello storico e fece della consultazione delle fonti contemporanee una regola dell'interpretazione storica. Egli in sostanza promuoveva il vaglio critico delle fonti al di là delle scoperte degli antichisti, ritenendo che le circostanze storiche in cui operava lo scrittore costituissero la chiave per la valutazione dei documenti. Questa combinazione dell'approccio neutrale (almeno come ideale regolativo) con la tesi secondo la quale tutti gli osservatori sono il prodotto di un tempo e di un luogo specifici, e che per ciò stesso non possono che registrare i fatti in modo almeno parzialmente soggettivo e condizionato, preludeva alla rottura dell'antico apparentamento della storia con le arti letterarie, allineandola con la moderna ricerca scientifica. Molti storici moderni scorgono le basi intellettuali della loro disciplina in questo sviluppo delle università tedesche del XIX secolo, che influenzò la cultura storica in tutta l'Europa e in America.
L'interesse francese per la storia della civiltà fu mantenuto da François Guizot, mentre Fustel de Coulanges applicò alla storia medievale i nuovi metodi scientifici. Con l'aiuto dei colleghi e degli studenti dell'Università di Oxford, William Stubbs ricostruì la storia inglese sulla base di un esame minuzioso delle fonti. George Bancroft fu il primo importante compilatore della storia degli Stati Uniti e, al suo tempo, le università americane erano sempre più aperte all'influsso dei metodi tedeschi. Nel XX secolo la storia si è saldamente attestata nelle università europee e americane come disciplina che si basa su metodi esatti e si serve in modo produttivo dei documenti di archivio e delle nuove fonti di prova.

La storiografia musulmana
Molti popoli non occidentali hanno tradizioni di scrittura della storia che risalgono all'antichità. Come quello degli antichi ebrei, l'interesse musulmano per la storiografia traeva impulso dalla fede religiosa e ne era fortemente influenzato. Il profeta Maometto, considerato il successore dei profeti ebrei e cristiani, infuse nell'Islam un forte senso della storia. La compilazione e la ratifica dell'Hadith, l'insieme delle tradizioni che con il Corano costituivano la base della legge islamica, resero presto necessario lo sviluppo di competenze storiche. Nell'VIII e nel IX secolo i teologi come gli storici erano impegnati nella stesura di un'autorevole documentazione della vita e dell'insegnamento di Maometto. Lo storico persiano at-Tabari scrisse una Storia dei profeti e dei re (915 ca.) che divenne la fonte riconosciuta della storia islamica antica. Una peculiarità degli storici musulmani era la registrazione delle vite di uomini devoti e dotti, piuttosto che di capi politici e militari, dal momento che consideravano le vite delle persone devote come un metro più sicuro per valutare il progresso spirituale della società. I dizionari biografici ebbero quindi una lunga e importante tradizione a partire da quelli che registravano le vite dei discepoli di Maometto.
Nel XIV secolo lo storico arabo Ibn Khaldun scrisse una storia universale che rivela la straordinaria estensione del suo sapere e la sua singolare capacità di concepire teorie generali per spiegare secoli di sviluppo sociale e politico. Fu l'unico storico musulmano a individuare motivi sociali ed economici alla base del cambiamento storico, ma la sua opera, per quanto ampiamente letta e imitata, restò di fatto ininfluente fino al XIX secolo, quando venne scoperta dalla cultura occidentale.

La storiografia cinese
Tra le nazioni del mondo, la Cina è quella che possiede la più lunga e voluminosa registrazione del proprio passato. La storiografia costituì un interesse dei cinesi colti fin dai tempi più antichi, e le si affidava il compito di trasmettere lezioni che si potessero applicare alla vita dell'uomo. Le lezioni della storia erano parte integrante di tutta la cultura cinese, una pratica particolarmente enfatizzata da Confucio, che sottolineò l'importanza della storia esemplare e il rispetto delle testimonianze autentiche. Lo Shu-jing (Libro della storia) e il Chunqiu (Annali primavera-autunno), cronaca della storia dello stato di Lu, che diede i natali a Confucio, tra il 722 e il 481 a.C., erano due dei Cinque classici del confucianesimo. La particolare attenzione prestata alla registrazione e alla conservazione delle informazioni divenne l'obbligo principale dei dotti confuciani che fungevano da burocrati nello stato cinese unificato dopo il III secolo a.C. La maggior parte delle antiche storie della Cina è costituita da registrazioni ufficiali redatte da dotti burocrati, straordinariamente dettagliate e concrete, senza alcun tentativo di sintesi o di spiegazione. I detti e le azioni degli imperatori venivano registrati quotidianamente e successivamente utilizzati per compilare una descrizione del regno. Allo stesso modo, ogni dinastia avrebbe avuto la sua storia ufficiale completa (ne furono prodotte in tutto 25), scritta nel rispetto di un modello convenzionale nel quale non c'era spazio per informazioni sociali, artistiche o di altro tipo considerate non pertinenti, e all'autore non era consentita alcuna interpretazione personale, sebbene la scelta dei documenti si basasse sul dettato moralistico del confucianesimo.
Il primo a compilare una storia esaustiva della Cina a partire dalle origini fu Sima Qian (Ssu-ma Ch'ien): il suo capolavoro Shih-chi (Memorie storiche), scritto al tempo della dinastia Han, si rifaceva allo Chunqiu ma includeva anche tavole cronologiche, saggi specifici su argomenti di attualità e biografie di personaggi illustri. La sua portata e la sua forza letteraria ne fecero un'opera di grande autorevolezza. Il successore di Ssu-ma Ch'ien, Ban Gu, descrisse la propria epoca nello Hanshu (Storia della dinastia Han), aggiungendo ulteriori saggi e un elenco delle fonti.
L'esempio di questi due autori fu decisivo per la successiva grande epoca degli studi storici cinesi sotto Tai-zong (che regnò dal 626 al 649), primo imperatore della dinastia Tang. Nel 629 fu istituito per la prima volta un ministero della storia col compito di esaminare i documenti di Stato raccolti negli annali dinastici ufficiali, e a partire dal 636 furono compilate cinque storie ufficiali dei precedenti periodi interdinastici, che includevano anche bibliografie. Liu Zhiji è autore del primo trattato di metodologia storica che sia mai stato scritto. Ssu-ma Guang, funzionario della dinastia Sung, scrisse un'altra storia completa della Cina fino al 959; il suo titolo, Prospetto generale a beneficio del governo, mostra quale fosse lo scopo che la classe dirigente del confucianesimo attribuiva alla storia. Egli vagliò attentamente le fonti (332 opere) e illustrò il proprio metodo d'indagine, affrontando i punti controversi in numerose note. Nel XVII secolo venne codificato un sofisticato metodo critico relativo alle fonti, capace di scoprire eventuali falsificazioni analizzando il linguaggio di un testo. Cronache e gazzette locali registravano le vicende delle vaste province cinesi. Un catalogo parziale della biblioteca imperiale della dinastia Ching, compilato nel 1782, elencava 2316 opere storiche. L'ultima storia ufficiale, scritta su commissione della dinastia Yuan, uscì nel 1922. La cultura storica cinese successivamente subì l'influsso occidentale, in particolare quello del marxismo.

4. Orientamenti della moderna Storiografia
Nel Novecento la ricerca storica è stata segnata da una dilatazione tematica e metodologica che ha portato a identificare nuovi terreni di studio e nuovi strumenti di indagine. Tale svolta nasce dall'incontro tra la storia e le scienze sociali, quali la psicologia, la sociologia, l'antropologia, l'etnologia, la demografia, che ha arricchito il mestiere dello storico di stimolanti prospettive e gli ha indicato nuovi filoni di ricerca. La scuola storiografica francese, sorta intorno alla rivista "Annales", che Marc Bloch e Lucien Febvre fondarono a Strasburgo nel 1929, fu l'antesignana dell'incontro tra storia e scienze umane o sociali, dal quale derivarono studi incentrati sulla storia delle mentalità, della vita materiale, delle forme simboliche, dell'immaginario collettivo, delle tendenze demografiche, che mostrarono come fosse possibile mettere in luce aspetti di primaria importanza partendo da angolazioni nuove. La tradizionale storia politica fu a sua volta chiamata a riflettere su problemi e prospettive che travalicassero il puro e semplice piano degli accadimenti, al fine di individuare la vita delle istituzioni, il peso sociale delle entità politiche, quali gli stati, il valore delle creazioni simboliche, quali le nazioni, il rapporto tra i ceti e le forme del potere. Il marxismo, dal quale gli storici avevano ricavato o uno schema ideologico di spiegazione del passato o, più proficuamente, un invito alla concettualizzazione sistematica che correlasse economia, società e politica, ebbe un ruolo importante nell'orientare la ricerca storica, soprattutto nel secondo dopoguerra, anche presso quegli storici che non si definirono marxisti.
Un'esigenza avvertita dalla storiografia contemporanea è stata quella di comprendere, con gli strumenti più raffinati, la globalità di periodi storici o di vicende di lungo periodo ma geograficamente circoscritte. L'opera di Fernand Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II (1949), uno dei capolavori della storiografia novecentesca, ha rappresentato per molti anni un modello insuperato di storia globale. In esso si fondeva l'approccio geostorico con quello economico e con quello politico, e al tempo stesso si metteva in evidenza l'importanza decisiva che la categoria del tempo rivestiva nelle ricostruzioni del passato. I tre tempi di cui parlò Braudel, la lunga durata (che è il tempo pressoché immobile della geografia), la media durata (il tempo della vita delle istituzioni, delle mentalità e delle tecniche) e quello di breve periodo (il tempo per eccellenza della politica e della storia dell'uomo), prefigurarono approcci differenziati, con una netta predilezione nella storiografia delle "Annales", di cui Braudel era divenuto il direttore, per i problemi della media e della lunga durata.
Di notevole importanza fu negli anni Sessanta la scuola economico-sociale, nata in Inghilterra dall'incontro tra alcuni storici di formazione marxista, in primo luogo Christopher Hill, e storici dell'economia: la rivista "Past and Present" fu la sede di questo nuovo laboratorio di proposte, destinato a influenzare le tendenze storiografiche mondiali, trovando ascolto soprattutto nella cultura americana.
Uno dei cardini dell'attuale riflessione storiografica è costituito dalla storia dell'immaginario, che ha avuto celebri interpreti nei francesi Georges Duby e Jacques Le Goff: in esso si sovrappongono gli aspetti razionali e quelli irrazionali della storia, gli elementi della consapevolezza e le forze oscure, ma non per questo meno influenti, dell'inconscio collettivo.
In anni recenti si è assistito al ritorno della storia degli avvenimenti e persino della biografia, genere praticato non tanto per dimostrare l'eccezionalità dell'individuo quanto per indagare i nessi tra l'impronta della persona e i flussi generali della storia e per cogliere profili biografici che indichino esemplari figure sociali, tipiche di determinati periodi storici. Vi è stata al tempo stesso una rivalutazione del racconto della storia, contrapposto alle tendenze strutturalistiche e ideologiche che avevano dominato negli anni Settanta, e un ritorno alla storia valutativa, imperniata sull'analisi delle circostanze concrete, sull'esercizio dell'immaginazione storiografica e sul valore del metodo di indagine delle fonti.



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